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 2013  novembre 22 Venerdì calendario

I GESTI BIANCHI DI MULLOY CENT’ANNI DI TENNIS E RACCONTI


«C’mon Gionni» mi telefona Mark Stenning, il Presidente della Hall of Fame. «C’mon. Fagli una telefonatina a Gardnar». «Ma saranno cent’anni che non lo vedo». «Infatti oggi compie giusto cent’anni». Mi faccio dare il numero, e provo a chiamare Miami, dove Mulloy è nato, ed è cittadino onorario. «Auguri» gli dico, «ma giocherai a tennis?». «Qualche pallina simbolica, in giardino. E tu, hai imparato il diritto?».
Come la Lenglen, o anche Boris Becker, Mulloy non ha potuto evitare di diventare un campione trovandosi di fronte, quando ancora giocava con l’orsacchiotto Teddy, il campo di casa in giardino. Suo papà Robin aveva fatto fortuna nel legname, ai tempi della prima esplosione immobiliare in Florida, e aveva deciso che il suo bambino sarebbe stato campione di tennis. Ce lo raccontò una sera, Gardnar, ospiti com’eravamo a Cap Ferrat, il posto chic della Costa Azzurra, nella sala della “Mia Cabretta”, la villa di Gloria Butler, la figlia del Commodoro americano che costruì il Tennis Club Montecarlo. Gloria, che poi sarebbe stata detronizzata da Grace Kelly era, insieme a Florence Gould, la gran dama della Riviera e, durante il “suo” torneo amava circondarsi dei migliori tennisti. Tra questi tionfavano Budge Patty, detto l’americano di Parigi e, appunto, Gardnar Mulloy.
Gardnar, negli Anni ‘50, già non era giovanissimo, si avvicinava ai 40, ma ai nostri occhi brillavano i 4 titoli americani di doppio vinti con Talbert e le 7 partecipazioni ai team di Davis. Amava raccontare storie, anche di guerra, durante la quale aveva comandato una nave da sbarco a Salerno, ed era poi giunto a far quattro palle con un tedesco prigioniero, e aveva rinchiuso in ufficio un generale inglese che parlava male degli americani. Aveva vinto tanto, Gardnar, e ancor di più in doppio, gioco ora defunto che allora contava come il singolo, ma gli rodeva di non avercela fatta a Wimbledon. Sarebbe accaduto, insieme all’amico Patty, nel 1957, ma il suo racconto della vittoria era stato preceduto da quello di una celebre gaffe, «Tipica di noi poveri yankees».
Tutti sanno che la Regina Elisabetta ha sempre preferito i cavalli ai tennisti, ma Mulloy era rimasto ingenuamente sorpreso dalle assenze della sovrana agli Championships, tanto che durante l’abituale party di Lady Crossfield si era spinto ad offrire alla Regina la sua collaborazione per ottenere i preziosissimi inviti. Di questo la straordinaria Regina si sarebbe ricordata più tardi, in occasione del successo del 1957 e, all’imbarazzatissimo Mulloy, avrebbe alluso al loro incontro presso Lady Crossfield, senza menzionare la faccenda dei biglietti, se non con un sorriso.
Di molti altri aneddoti era ricco Gardnar, ad esempio della volta in cui riuscì a collaborare con Gussie Moran, la prima professionista del dopoguerra, quella che portava mutandine in pelle di leopardo, nel battere Doris Hart. Doris avrebbe vinto qualcosa come sei Slam, ed era certo superiore a quella che fu detta Golden Gussie, o anche Baby Hysteric, per il nervosismo spesso eccessivo. Gardnar suggerì quindi alla Moran di tranquillizzarsi con certe specialissime pastiglie, gliele offrì con cautela, ne ricavò 100 dollari che incassò a vittoria avvenuta della sua amica, prima di mostrarle la scatola di comune vitamina B. Ma ci vorrebbero i due libri che il mio amico ha scritto per ricordarle tutte. Intanto auguri, dear Gardnar.