Francesco Saverio Intorcia; Matteo Pinci, la Repubblica 22/11/2013, 22 novembre 2013
IN SERIE A TANTI PROGETTI E POCHI SOLDI LA SPECULAZIONE È LA SCORCIATOIA
L’ultima onda di soldi, pallone e cemento partì nel 1986, due anni dopo l’aggiudicazione all’Italia del Mondiale ’90. Lasciò giganti famelici, onerosi da gestire e impossibili da riempire. Dodici stadi, due nuovi di zecca (Torino e Bari), dieci ristrutturati, con una spesa finale di 1.248 miliardi di lire, tutta statale. È curioso che oggi i primi impianti del futuro, di proprietà dei club, sorgano proprio sulle ceneri di due di quei mostri. Juventus e Udinese non hanno aspettato la nuova legge: hanno fatto da sole, ottenendo un diritto di superficie per 99 anni sulle aree del Delle Alpi (abbattuto totalmente) e del Friuli (di cui resteranno tribuna e caratteristico arco sovrastante). La Juventus, “acquistata” l’area per 20 milioni, ha inaugurato nel 2011 il suo Stadium da 41mila posti: costo, 105 milioni. Adesso, ha avviato la riqualificazione dell’area della Continassa. Un investimento da oltre 40 milioni che porterà a realizzare un centro tecnico per la prima squadra, un albergo, la sede sociale, un’area residenziale. A Udine, invece, pagato 4,4 milioni il diritto di superficie, i lavori (stimati in 25 milioni, a carico del club) sono cominciati avvicinando il campo alla tribuna e proseguiranno con la demolizione e ricostruzione di curve e distinti.
La nuova legge può sbloccare molti progetti arenati. Ma il vero ostacolo è di natura economica: pochi club hanno risorse da investire. Gli interessi variano in base alle dimensioni delle società: a una “big” può bastare uno stadio efficiente con servizi e museo, che generi flussi d’incassi per tutta la settimana. Per i club medi e piccoli, invece, il progetto per essere redditizio deve legarsi alla realizzazione di aree residenziali e commerciali.
Inter e Milan, per ragioni di bilancio, non escludono di proseguire la coabitazione. Ristrutturando San Siro insieme e acquistando l’area del Trotto (oltre 150mila metri quadri) per riqualificarla con strutture commerciali. In fondo, è lo stadio che ospiterà la finale di Champions 2016. L’alternativa è a Rho: l’area dell’Expo 2015 andrà riqualificata, alle istituzioni piace l’idea di una cittadella dello sport.
Fuga obbligata, invece, dalla capitale. La Roma a gennaio ha sottoscritto con il costruttore Parnasi un accordo per il nuovo stadio a Tor di Valle, al posto dell’ippodromo del cult-movie “Febbre da cavallo”. Ha affidato all’architetto americano Dan Meis la realizzazione di un progetto completo con museo, store ufficiale e attività accessorie. Uno studio romano sta curando il masterplan dello sviluppo urbanistico. Nell’area circostante, Parnasi potrà costruire immobili residenziali (già approvato il piano), ma questo è indipendente dal progetto-Roma. La Lazio, invece, da anni ha nel cassetto il sogno dello Stadio delle Aquile. Esisteva un plastico realizzato dall’Ama Group che prevede anche una cittadella dello sport. L’area designata, sulla via Tiberina, è di proprietà di Marco e Cristina Mezzaroma (moglie del presidente della Lazio). Ma resta il vincolo del terreno, considerato ansa del Tevere e per questo zona alluvionale.
A Napoli, il club chiede a titolo gratuito il San Paolo, per ristrutturarlo. Altrimenti farà il nuovo stadio a Caserta, in un’area già individuata. L’architetto Gino Zavanella, che ha firmato lo Juventus Stadium, è stato contattato da molti altri club: dall’Atalanta per un progetto su area da definire (Grumello del Piano o Grassobbio, nell’ex cava dell’azienda Locatelli), dal Palermo per la nuova casa nel quartiere Zen, sulle ceneri del velodromo Borsellino (35mila posti). Il Verona ha due idee: nuovo stadio e nuovo centro tecnico. Intanto, apre il “suo” ristorante, ultima frontiera del marketing. Si chiamerà Hellas Kitchen, sorge nei pressi della sede del club. Aspettando una nuova casa, inaugura almeno la cucina.