Luciano Capone, Libero 22/11/2013, 22 novembre 2013
PIPPO CIVATI, IL FINTO RIBELLE FEDELE ALL’APPARATO
«Le cose si cambiano, cambiandole » è lo slogan della campagna elettorale delle primarie di Pippo Civati. E verrebbe da dire che le sfiducie si votano, votandole. Civati invece, dopo aver tanto urlato per ottenere le dimissioni del ministro Cancellieri, ha votato contro la mozione di sfiducia nei confronti del ministro della Giustizia e se l’è presa con il povero Cuperlo, accusato di fare lo «stronzo». Non c’era nessun motivo di insultare una persona solitamente mite ed educata come Cuperlo, se non quella di fare casino, vera specialità di casa Civati, che meriterebbe l’appellativo dalemiano di Gianburrasca, molto più di Matteo Renzi.
Civati ha costruito la sua fortuna mediatica sul caos e le sfortune elettorali del Pd. Mentre gli altri cercano di rimettere i cocci in ordine, lui arriva e sfascia tutto con dichiarazioni, interviste ed apparizioni televisive. Questo suo spirito giovane, scapigliato e ribelle lo ha esposto nel suo ultimo libro Non mi adeguo, un manifesto contro il centralismo democratico, l’opportunismo e gli inciuci dell’apparato: «Fate come me, non adeguatevi». In realtà, la sua carriera l’ha costruita tutta nella struttura del partito, partendo dalla sinistra giovanile e seguendo tutta la trafila che l’ha portato a fare il consigliere comunale, il segretario cittadino dei Ds, il consigliere regionale, il membro della direzione nazionale, il deputato e il candidato alla segreteria del partito. La grande abilità di Pippo, per avere successo e visibilità, è seguire il corso del fiume facendo sembrare di nuotare controcorrente. Fonda insieme al suo coetaneo Matteo Renzi – anch’egli cresciuto a pane e politica – il movimento dei rottamatori, ma quando vede che il ruolo di leader è già occupato dal sindaco di Firenze, e che non c’è speranza di vincere le primarie contro l’apparato del partito, abbandona il camper e si arruola con i bersaniani. Nel frattempo va ovunque ci sia fermento, appoggia le battaglie grilline contro il porcellum, quelle sull’acqua bene comune, ha un’infatuazione per il professore americano- liberista Michele Boldrin, è favorevole alla Tav in linea di principio, ma non per come viene attuata.
Dopo la sconfitta elettorale viene inviato da Bersani a fare scouting tra i grillini, in cerca di una trentina di deputati necessari a far partire il «governo di cambiamento», ma la campagna acquisti è un fiasco. Civati abbandona i bersaniani e processa il gruppo dirigente che egli stesso aveva appoggiato. Fiuta che la delusione a sinistra è immensa, strizza l’occhio al M5S al grido di «Ro-do-tà, Ro-do-tà» e va in ogni trasmissione televisiva a denunciare il «tradimento dei 101» contro Prodi. Quando tutti si rendono conto che l’alleanza con il Pdl è inevitabile, Civati capisce che a sinistra resta scoperto il fronte contro la grande coalizione e «non si adegua», è l’unico deputato del Pd a non votare la fiducia a Letta né ad aprile né ad ottobre. Il “Pippo ribelle” va in tutti i salotti televisivi a dire che ha rischiato l’espulsione dal partito (ma il Pd nega) per la sua opposizione alle larghe intese, ma il 99% delle volte vota come il Pd e il 97% come il Pdl.
Il capolavoro lo fa sulla mozione Giachetti, documento di cui è firmatario e che chiede l’abolizione del Porcellum ed il ritorno al Mattarellum: Civati si adegua di nuovo al partito e vota contro sé stesso perché «altrimenti si esce dal Pd», stessa giustificazione che ha usato votando la fiducia alla Cancellieri.
Così Civati, che voleva le dimissioni del ministro della Giustizia senza far cadere il governo, si trova nella paradossale situazione di non aver mai votato la fiducia a Letta e di averla data solo alla Cancellieri. Ma l’ambiguità e l’equilibrismo che gli hanno garantito l’attenzione di giornali e televisioni non hanno fatto decollare le sue primarie, con i consensi nei circoli inchiodati al 9%, pochi punti in più dello sconosciuto Pittella.Ma la corsa verso le primarie dell’8 dicembre non è ancora finita e Pippo conta di recuperare qualche voto con un nuovo slogan: «Non mi adeguo, adeguandomi».