Tommaso Labranca, Libero 22/11/2013, 22 novembre 2013
DUE ANNI PER REALIZZARE IL SOGNO DI ABITARE IN UN’OPERA D’ARTE
[Dante Benini]
Il segreto è l’entusiasmo. Non importa quanto sia lunga una carriera o prestigioso un cursus honorum. È l’entusiasmo che dà ogni volta nuovi stimoli. Dante Benini, classe 1947, un’esperienza a fianco di maestri come Niemeyer e Gehry, decine di progetti, premi, monografie, ha affrontano con entusiasmo un concorso indetto dal consorzio KROST nel 2011 per la realizzazione di quattro grattacieli di 45 piani e uno di 33 a Povscino, nella Grande Mosca.
L’entusiasmo non manca nemmeno al committente. «Dobbiamo affrontare e vincere questa crisi», è scritto a grandi lettere sul sito del consorzio KROST, attivo nei settori edilizio e industriale in Russia da decenni e che per i suoi progetti si avvale spesso della collaborazione di famosi architetti e artisti.
Sono stati molti gli studi architettonici che hanno risposto alla richiesta di KROST. Nomi importanti come l’olandese Mecanoo o il britannico John Hopkins sbaragliati dallo studio di Dante Benini e dal suo progetto «ART Public Arts Towers».
Architetto Benini, il concorso è stato lanciato nel 2011. Il suo studio lo ha vinto con un progetto originale che unisce arte e architettura. Quando vedremo concretizzato qualcosa che non siano semplici rendering?
«In verità siamo già arrivati al tetto. Quattro grattacieli sono stati completati. Tanto che abbiamo già consumato il rito tipico di ogni cantiere quando si raggiunge il solaio: bandiera e cena. Tenga presente che a essere stati terminati sono i quattro grattacieli più alti, quelli da 160 metri. Adesso manca da completare il più piccolo, quello da 100 metri».
Perdoni la meraviglia di chi è abituato ai tempi nostrani, ma lei intende dire che nel giro di tre anni avete costruito quasi tutto?
«In meno di tre anni. Il concorso è stato lanciato nel 2011. Questo significa che abbiamo usato il 2012 per il progetto esecutivo. I lavori sono iniziati dopo. Lo so che per i ritmi cui siamo abituati in Italia sembra un miracolo. Un esempio. Nel 1999 divenni partner con il celebre architetto statunitense Richard Meier per il progetto del “Ponte Cittadella” ad Alessandria. Ebbene, abbiamo appena iniziato a fare i buchi. Quattordici anni dalla presentazione del progetto all’apertura del cantiere».
Bella figura anche con gli americani. Quindi rispetto a noi la Russia è un paradiso per quanto riguarda tempi, costi e spazi?
«I russi sono abituati a far partire i progetti appena vengono definiti. I costi sono invece proibitivi, soprattutto in una città come Mosca, ormai troppo compatta, e dove i terreni hanno valori spaventosi, anche in una zona periferica come quella in cui sorge ART. Grazie a interventi di edilizia sociale avanzata si ottengono degli aiuti dal governo, per cui un appartamento costa 2.800 dollari al metro quadro. Con una somma simile per il social housing in Italia non si comincia neanche a fare lo scavo. I tempi sono importanti. Due dei grattacieli completati sono già stati tutti venduti, perché sono visibili. Chi doveva vendere a Milano le case di Santa Giulia mostrava un deserto da western di Sergio Leone e pretendeva di vendere a 8.000 euro al metro quadrato. Oppure gli appartamenti invenduti di City Life, sempre a Milano. Chi compra a 10.000 euro al metro quadro?».
Gli appartamenti di ART sono però più piccoli dei nostri. Lei ne ha progettati 600 da 50 metri quadrati circa. In Russia si crede ancora che ogni essere umano abbia diritto a 4 metri quadri, come scriveva Bulgakov in Cuore di cane?
«Oggi i russi sono più ricchi, la stanza-tipo è di 12 metri quadri. Nella loro mentalità la casa è simile a camere d’albergo: cucina, bagno, camera con letti a scomparsa».
Sentendo parlare di simili complessi, vengono in mente luoghi spersonalizzati, come i vecchi block sovietici.
«Invece in ART abbiamo inserito un importante elemento artistico che personalizza sia il progetto nella sua interezza, sia ogni singolo appartamento. L’intervento di un artista come Mario Arlati è stato fondamentale. Arlati lavora su calce e gesso, fa trasudare il colore che sgorga dalle fratture della materia. Sugli edifici di ART ha creato interventi usando i colori primari, quelli di Mondrian. Il risultato è stato doppio. Da una parte ha creato la più grande opera d’arte al mondo, vasta 45.000 metri quadrati, che entrerà nel Guinness dei Primati. Dall’altra, intervenendo singolarmente in ognuno dei 600 appartamenti, ha fatto sì che ogni finestra sia diversa dall’altra. Ogni casa assume quindi una dignità maggiore. E chi compra uno di questi appartamenti fa sua anche una vera e irripetibile opera d’arte».