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 2013  novembre 22 Venerdì calendario

STORIA DI PIERA: LA PIÙ AMATA DAI REGISTI

ITALIANI –

Spiritualità e passione. Un ritratto inedito, pieno di tenerezze e qualche spigolo, quello di Piera Degli Esposti, attrice «abbastanza unica», come la definisce Nanni Moretti, che la diresse e la malmenò in Sogni d’oro facendole interpretare, con veri schiaffoni, il ruolo di sua madre. Si intitola Tutte le storie di Piera, diretto da Peter Marcias, ed è un vero film più che un semplice documentario. Sarà presentato in anteprima lunedì 25 novembre al Festival di Torino: il nuovo direttore Paolo Virzì dedicherà a Piera una serata speciale, con consegna del premio alla carriera. Poi il film verrà portato in tournée in alcuni grandi teatri italiani, con la protagonista pronta a interagire con il suo pubblico.
Da Joyce a Tutti pazzi per amore. È una carrellata sul percorso artistico, ma inevitabilmente anche sulla vita privata, di un’attrice grande e anticonvenzionale. Una nessuna centomila: Cleopatra, Medea, Molly Bloom, signorina Giulia, Madre Coraggio, ma anche la signora Enea, mitologica segretaria di Giulio Andreotti così come l’ha voluta Paolo Sorrentino nel Divo. E Sorrentino ne tesse, a pari merito, tanto le lodi umane quanto quelle professionali: «È una donna molto affettuosa. Dà priorità al sentimento piuttosto che ai calcoli » dice. Ma anche: «Appartiene a quella categoria di attori superiori, che ti portano dove vogliono. Piera Degli Esposti appartiene alla categoria degli inarrivabili».
Curioso: anche quando non è protagonista è come se lo fosse, è come se divorasse lo schermo o il palcoscenico: «Quando entra in scena, anche se il suo non è un personaggio principale della storia, senti immediatamente un’energia speciale» osserva Giuseppe Tornatore, che l’ha diretta in La sconosciuta. Gli fa eco Marco Bellocchio, che l’ha voluta in L’ora di religione: «A lei devi dare una scena importante. Va come contenuta in uno spazio nel quale darle un’ampia libertà». Sono però i fratelli Taviani, che l’hanno diretta in Sotto il segno dello scorpione, a coglierne la qualità più segreta: «Forse è l’attrice più umile che abbiamo mai incontrato. È una grande, e ha coscienza di esserlo, ma non ha bisogno di dimostrare niente, lei è».
La parte più notevole di questo docufilm, al di là delle testimonianze dei nostri registi o di grandi amiche come Dacia Maraini e Lina Wertmüller, sta nelle immagini e soprattutto nelle parole con cui la stessa Piera si racconta. La casa colonica nella campagna emiliana, il laboratorio di sartoria frequentato dopo la scuola, lo choc di non essere ammessa all’Accademia di recitazione, il sofferto rapporto con la madre psichicamente instabile e in particolar modo – rievocato con quanto pudore – l’incontro con l’uomo che le ha cambiato la vita: Marco Ferreri. Fu lui, il più anarchico dei nostri registi, a portare sugli schermi Storia di Piera, dall’omonimo libro-autobiografia che lei aveva scritto con la Maraini. Così nacque l’amore, un amore controverso e difficile. C’è la sofferenza in questo film di una vita, ma c’è anche il gioco: cioè il flirt mai consumato fra Piera e il mito della sua giovinezza, Robert Mitchum, documentato da una messe di immagini inedite, per esempio lei che lo bacia, seduta sulle sue ginocchia a casa Wertmüller.