Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  novembre 22 Venerdì calendario

UNO SCRITTORE DI SERIE A

Mariarosa Mancuso del Foglio chiede «che Maurizio Milani venga promosso nella serie A degli scrittori. Ha i due requisiti che servono: un mondo e una lingua». La Mancuso ha ragione ma ad avere torto è il contesto che purtroppo è molto più forte della Mancuso, di me e degli altri 25 lettori dell’autore di Codogno, pia­nura lodigiana, Lombardia, oggi in li­breria con Uomini che piangono per niente (Rizzoli). Per contesto intendo l’ambiente letterario italiano che è pic­colo ma feroce so­prattutto con gli auto­ri umoristici e soprattuttissimo ( licen­za poetica) con gli autori umoristici di destra o comunque non di sinistra.
Milani dichiara una pagina sì e l’al­tra pure la sua nostalgia per la Dc e chi non lo conosce personalmente pensa che sia un gioco, cabaret. Ma io lo cono­sco e posso garantire che non è un gio­co: lui è davvero un vecchio ragazzo di parrocchia, un frequentatore di san­tuari mariani, uno che davvero vote­rebbe Casini ( tormentone del libro è il voto a «Udc fisso») se soltanto Casini si dimostrasse all’altezza degli ideali che in campagna elettorale propugna.
Scrittore di serie A temo che Milani non lo diventerà mai, essendo gli arbi­tri del campionato della letteratura tut­ti cornuti. Io però ho un sogno ancora più estremo: vorrei che Milani diven­tasse un politico di serie A o almeno l’estensore del programma di un politi­co di serie A. È lui il vero ideologo di un indispensabile partito della realtà, di un movimento anti-ideologico che un tempo si sarebbe detto qualunquisti­co ma­che oggi sarebbe il massimo del­l’anticonformismo: le pagine più pre­zi­ose del libro sono quelle antianimali­ste e antiecologiste, scritte fingendo di scherzare ma non scherzando affatto. Su di un impegno diretto del nostro eroe della Bassa sono piuttosto per­plesso, conosco la sua accidia anche perché somi­glia alla mia autarchia: non usa il pc, non conosce l’inglese, il suo mondo è quello dei bar di Codogno. Somi­glia a Giovanni Lin­do Ferretti, altro autore arcicattolico autosepolto nella provincia profonda: entrambi ostili alla moderna tecnologia, af­fezionati al vecchio telefono fisso (che sarebbe ottimo se i due si tro­vassero sempre a casa, mentre in­vece Ferretti è sempre sui pascoli e Milani sempre al bar con i suoi amici non vip). Oppure, scusa­te l’ardire, a Giovannino Gua­reschi, altro scrittore padano fuori dai giri, altro protagoni­sta di un mondo piccolo ep­pure universale.