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 2013  novembre 22 Venerdì calendario

CENSURATI STORIA DELLA LETTERATURA CHE ATTENTÒ AL PUDORE


Storie di scandali. Di gente che si strappa le vesti perché ha dei sussulti di moralismo. Che denuncia con lettere anonime. Altri con il proprio nome, alla ricerca di un quarto d’ora di celebrità. In ciò che sta leggendo ha sorpreso l’insopportabile effrazione. E dà l’allarme per il pericolo che corre la società tutta trovandosi sotto gli occhi roba del genere. Per dare forza al suo virulento disappunto grida ai quattro venti quanto sia vergognoso «raccontare» a parole qual che normalmente tutti compiono: l’atto sessuale tout court, etero e omo, e lo spartito delle variabili fantasie dell’erotismo… le belle statuine, diurne e notturne, come concentrato della fantasiosità carnale dell’umano. Semplicemente la diffusa radiografia di sogni, di aspirazioni, di occulti desideri. Inconfessati, certo. Come se le fantasie cochon appartenessero ad altri. Eppure facendone la statistica risulterebbero tra i pensieri più pensati. Da tutti.
Anche dal signor Paolo Napoletano. Ma chi è costui? Un carneade alla ricerca di un quarto d’ora di notorietà o un integerrimo moralista? In realtà è l’autore di un esposto alla magistratura che, citazioni alla mano dichiara il proprio disgusto per un libro. Siamo nel gennaio 1988 e scrive: «Migliaia di libri ho letto fino ad oggi, ma mai mi era capitato di imbattermi in un libro indecente, immorale, di inaudita depravazione come Sodomie in corpo 11 di Aldo Busi. Via via che lo leggevo crescevano in me sdegno, collera, ripugnanza…».
E, sbuffando veemenza, prosegue: «Il libro è nettare per sconfinate schiere di depravati, pervertiti, pederasti d’ogni sorta… linguaggio da fogna di Aldo Busi…». La denuncia fa il suo corso e l’autore viene processato. La segnalazione del carneade è però contagiosa. Tanto basta a far inquietare anche l’ineffabile onorevole Ombretta Fumagalli Carulli. Senza aver neppure aperto il libro, come confessa, in un dibattito televisivo si esalta indignata scompigliandosi l’indimenticabile cresta di capelli cotonati. Quest’ è uno dei curiosi casi di sequestri e censure a scrittori e editori in Italia dal dopoguerra a oggi, evocati nell’appena uscito Maledizioni di Antonio Armano (Nino Aragno editore, pp. 518, euro 35). Un bel concentrato di denunce contro opere letterarie che minavano il comune senso del pudore. Del resto «il pudore» come dichiarava nel 1931 il giudice Battaglini «è quel bisogno di mantenere i rapporti sessuali entro un alone di ritegno e di riserbo, quasi di mistero». Infatti. Ognuno è venuto al mondo da una scopata. Casta? L’obiezione è facile. Ci mancherebbe. Ma dal fondo stimolano gli ardori, le sirene del piacere. Ma non è la natura nella sua sublime perversione ad aver «inventato» l’attrazione fatale verso le cochonerie affinché, in un modo o nell’altro, la genia si perpetuasse? Mettendo in moto quella sublime forma di irrefrenatezza che definiamo «amore», fruttuoso o sterile? Anche fine a se stesso? Da qui ovviamente lo scandalo per l’amore greco il cui fine unico è il piacere. E se uno scrittore osa evocare in un romanzo sesso esibito, visto che dell’argomento tutti sono all’oscuro, va censurato?
Perché le denunce dei difensori della morale sono piovute generalmente e curiosamente su opere letterarie? La letteratura d’autore ha il «difetto» di liberare la fantasia. Descrive fin al dettaglio, ma lascia al lettore l’invenzione delle visioni. Mai sono stati denunziati libercolacci di ampia diffusione e sotterraneo consu mo il cui fine è tout court la pornografia strictu senso. Generalmente si tratta di roba affine a manuali di ginnastica, a prontuari ginecologici, a fantasticherie urologiche. Oltre tutto, già alla seconda pagina, di una noia mortale. Da tempo le kamasutrate più diffuse non sorprendono più nessuno. Anche se è nelle cose vivere di sensazioni forti, di occultatissimi orgasmi mentali. E tali devono essere stati quelli dei denunciatori di «libri osceni» i cui processi sono raccontati nel catalogo di scandali ordinato da Armano. Qualche caso? Fratelli d’Italia di Arbasino, insubordinatissimo e malizioso pettegolo di segreti d’alcova. In più faceva apologia di libri, hélas!, vietati in Italia. Reato gravissimo. All’angelicata nostra patria le frontiere erano interdette a gente tipo Sade, Genet, Restif de la Bretonne… Come dire: se volete peccare e affondare nella lussuria andate fuor de’ sacri confini. Leggete a rischio vostro in gergo straniero, il francese nel caso, per non sporcare con depravanti traduzioni la purezza dell’italico idioma. Che col tempo, per altro, tutti hanno imparato progressivamente a corrompere, frantumandolo. Ma queste sono le «inevitabili» contraddizioni delle civiltà.
A seguito di circospette denunce di professoresse, cui premeva la morale dei pargoli loro affidati, per le procure italiane transitarono opere che appartenevano ormai alla storia della letteratura. L’autore processato in contumacia. Era morto. E gli inquisiti? Il muro di Sartre, L’amante di Lady Chatterley di D.H. Lawrence, Ulisse di Joyce. I libri però furono assolti. In base all’articolo 529, secondo comma, «Non si considera oscena l’opera d’arte o di scienza ». D’altra parte era impossibile negare una valenza artistica ad opere tradotte e apprezzate in mezzo mondo. Tant’è vi fu chi denunciò un catalogo di disegni di Grosz. La mostra si era tenuta a Roma nel 1963 nella galleria di Gasparo Del Corso e Irene Brin. I disegni di Grosz vennero «condannati» per oscenità. Erano i medesimi che trent’anni prima i nazisti avevano bollato come «arte degenerata». Il tribunale dichiarando colpevole Del Corso ordinò «la distruzione del catalogo sequestrato ». E se ne potrebbero fare esempi d’analoga burocratica stupidera compiuti col fuoco sacro di salvaguardare la morale, il decoro, la rispettabile esteriorità. I vessilliferi del bene comune, negli anni, si sono mobilitati impegnando i tribunali contro I segreti di Milano, di Testori; La ciociara e La noia di Moravia; I sotterranei di Kerouac; Cioccolata a colazione di Pamela Moore; La ragazza di nome Giulio, di Milena Milani; Altri libertini, di Tondelli…
Catalogo di nefandezze. E gli scrittori pornografi a piede libero. Oggi sono tutti morti e non rappresentano più un pericolo. Eventualmente…l’articolo 528 del codice penale punisce ancora con la reclusione da tre mesi a tre anni chi con un romanzo, o comunque un libro, offenda la morale comune. Un libro osceno? Con quello che viene pubblicato nei tempi nostri da disinvolti scriventi non v’è altro che l’imbarazzo della scelta. Nessuno fortunatamente si sognerebbe più, ma non è detto, di sporgere denuncia contro qualcosa di ritenuto pornografico. Sarebbe d’altra parte assai complicato discernere visto che l’osceno non sta più nel raccontare senza veli cosacce e impudicamente usare le parole del gatto. L’immorale sta ormai nello stampare libri che per la loro insulsa volgarità offendono l’intelligenza: per come sono scritti in una non lingua, per le storie banali che pretendono raccontare, per gli ingannevoli esempi che intendono recare come vita vissuta o ver imitabile. Sono soltanto fiction per mantrugiatori drogati da una sinistra trappola: la classifica dei più venduti. Finzione. L’oscenità dell’oggi altro non è che l’inganno rappresentato dalla rutilante produzione libresca. D’altra parte il «lettore» (soidisant), il guardone di pagine, l’intronato voyeur che subisce il nulla sotto forma di scrittura, si presenta negli empori di carta stampa e chiede «Vorrei un libro facile, scritto semplicemente, che non faccia pensare». Facilità, semplicità, abulia mentale. Niente è più pornografico.