Ugo Bertone, Libero 21/11/2013, 21 novembre 2013
WALL STREET CI TIENE IN PIEDI 33 MILIARDI ALLE BANCHE UE
La finanza Usa, secondo la rilevazione di Fitch, nel corso dell’ultimo anno ha prestato alle banche europee 200 miliardi di dollari, con una crescita dell’89 per cento rispetto all’anno precedente, quando gli istituti furono salvati solo dal pronto intervento dei prestiti Ltro lanciati dalla Bce. Negli ultimi mesi, aggiunge un’analisi di Thomson Reuter, la pressione dei giganti di Wall Street è diventata più forte e coraggiosa: i vari fondi «opportunisti » come si dice in gergo, hanno comprato titoli azionari per la bellezza di 33 miliardi nelle prime dieci banche europee. Un’operazione troppo importante per essere frutto del caso e non si scelte strategiche. Anche perché coincide con l’avvio dello stress test che coinvolgerà le principali banche del Vecchio Continente. I giganti del risparmio gestito, insomma, si stanno posizionando per svolgere un ruolo importante nel caso si rendano necessari immissioni di capitali. Soprattutto nelle banche del sud Europa. Monte Paschi, insomma, ma non solo.
Spiega Jason White di T. Rowe Price, uno degli operatori più attivi sul mercato: «I prezzi sono molto buoni, visto che la recessione sembra agli sgoccioli. Anche se non ci fosse la ripresa, a questi livelli, si rischia davvero poco». Ma, dietro questa considerazione «opportunista», cioè fatta da un gestore che per mestiere va a caccia di titoli sottovalutati cercando di entrare ed uscire di scena prima del resto del mercato, c’è una considerazione più generale: i flussi di capitale da oltre Atlantico sono una conseguenza diretta dell’enorme massa di capitali che la Federal Reserve ha messo in circolo in questi anni. E che non intende ritirare, come dimostrano le dichiarazioni congiunte di Ben Bernanke, il presidente della Fed uscente, e di Janet Yellen, destinata a succedergli da fine gennaio.
Sia Bernanke che la Yellen sono stati molto chiari: gli acquisti di titoli sul mercato da parte della banca centrale Usa nei prossimi mesi, salvo ricadute nella crisi, cesseranno seppur in forma graduale. Ma la Federal Reserve si impegna a tenere basso il costo del denaro. Ovvero a fornire ai colossi del mercato, tipo BlackRock (la società più importante al mondo per capitali amministrati), T. Rowe oWeddle & Reed le munizioni necessarie per avanzare sullo scacchiere europeo.
Le considerazioni fatte a Washington, del resto, non sono un mistero: la ripresa americana non prenderà velocità finché l’Europa, cioè la più grande area di business del pianeta, non riprenderà a marciare, se non a correre. Ma questo non sarà possibile finché il sistema bancario, piegato dalle difficoltà dei clienti e dall’assenza, in pratica, di un circuito di liquidità «normale» (Italia e Spagna dipendono in pratica dallo sportello di Francoforte della Bce), non potrà svolgere di nuovo il suo mestiere di elargitore del credito. Di qui l’offensiva Usa verso la Germania, i cui surplus mettono sotto pressione gli equilibri commerciali mondiali ma non vengono reimpiegati nei circuiti finanziari europei. Di qui, al di là delle polemiche diplomatiche, la volontà di intervenire sul fronte delle banche, ora che la congiuntura lo rende possibile.
Gli analisti d’oltre Oceano sono convinti che, dopo i rialzi di Wall Street, sia meno rischioso puntare sugli assets della vecchia Europa: prima la «carta» obbligazionaria, cioè Btp e Bonos che si sono rivelati un buon affare, poi i titoli più depressi. Non a caso tra i grandi soci di Telecom Italia è spuntato il nome di Black Rock, che ha fatto il pieno anche del prestito convertendo. Ma la vera partita si gioca sul fronte bancario: qui, spiega al Financial Times Ruth Nagel, responsabile del portafoglio opportunities di Black Rock, la vera spinta è arrivata dall’avvio degli stress test bancari. «Dopo l’esame - spiega - avremo finalmente una mappa omogenea del settore in Europa, con la possibilità di scegliere tra le banche dei vari Paesi. È molto importante che ci sia una sola autorità di controllo ».
La novità dell’Unione bancaria, dunque, potrebbe permettere al piano Marshall della finanza Usa, messo a punto dalla Fedral Reserve e da altre istituzioni, di intervenire in Europa con maggior efficacia. Può darsi che sia fantafinanza, ma sta di fatto che negli ultimi mesi la finanza Usa ha ripreso a guardare all’Europa con grande interesse, mentre è calato l’appeal dei Paesi Emergenti. La sensazione è che, a questi prezzi, l’offensiva già riuscito sul fronte dei titoli di Stato possa ripetersi anche nel settore bancario. In Italia o ancor di più in Spagna che, dopo l’esperienza della bad bank, offre ancor più garanzie. Così come capita sul mercato immobiliare: gli operatori «opportunisti» in questi mesi hanno effettuato forti acquisti di immobili ceduti dalle banche dopo l’operazione pulizia.
In Italia il processo è più lento, ma qualcosa già si vede, come dimostrano le recenti acquisizioni di colossi del calibro di Blackstone. Anche qui la materia prima, cioè il denaro, deriva dalla Fed. E miss Yellen, al pari di Bernanke, manda a dire: non preoccupatevi, fino al 2016 avrete munizioni a volontà. Alla faccia dei fantasmi dell’inflazione che non fanno dormire le teste d’uovo della Bundesbank. Proprio mentre la Banca centrale europea sta valutando un nuovo taglio dei tassi che li farebbe scendere sotto zero, a interessi negativi.