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 2013  novembre 21 Giovedì calendario

IN CARCERE SONO DIVENTATO MIGLIORE


La puntata di «Verissimo», programma televisivo condotto da Silvia Toffanin, che andrà in onda sabato prossimo su Canale 5, avrà come «ospite» la lettera di Fabrizio Corona scritta dal carcere, che noi pubblichiamo integralmente. Il fotografo Corona in galera per la sentenza della Corte di Cassazione del 18 gennaio 2013 che lo ha condannato a 5 anni di reclusione per estorsione ai danni del calciatore David Trezeguet.
Ma prima di finire in carcere Fabrizio ha tentato la fuga, trovando ospitalità a Cascais da alcuni amici. Una latitanza durata sei giorni, poi la resa alle forze dell’ordine. Estradato in Italia e condotto nel carcere di Busto Arsizio, Corona lo scorso 25 gennaio ha cominciato a scontare una pena pari a sette anni, dieci mesi e diciassette giorni comprendente le sentenze definitive che lo hanno condannato a cinque anni per il filone di Torino, un anno e cinque mesi per quello di Milano (tentata estorsione nei confronti di Coco e Adriano) e un anno e sei mesi per un altro processo (patteggiamento nel 2009 per detenzione e spendita di banconote false e detenzione e ricettazione di una pistola). A metà marzo Fabrizio Corona è stato trasferito in gran segreto nel carcere di Opera, lo stesso che fino a poco tempo fa ospitava Lele Mora.
Con la lettera inviata a «Verissimo » Fabrizio probabilmente si pone l’obiettivo di riportare l’attenzione pubblica sulla sua vicenda. Secondo alcuni siti on line il giovane fotografo farebbe uso di psicofarmaci perché non sopporterebbe più la galera.




Milano, carcere di Opera cella n.1/ reparto 1/ quarto piano/sezione b

A chiunque incontro e mi chiede come sto, rispondo sempre la stessa cosa: «Sto bene, molto bene». Ma risponderei così anche dopo 30 coltellate, sanguinante, in fin di vita. Ho sempre risposto così, a tutti. Penso che dopo la scoperta di una grave malattia, il carcere sia la cosa più brutta che possa accadere ad un uomo. È la realtà dell’inferno in terra, dove colpevoli e innocenti sono costretti a vivere in condizioni vergognose e disumane nell’indifferenza istituzionale.
Io però, in questo momento, non provo più rabbia, né rancore per chi mi ha condannato e inflitto questa pena così eccessiva e così assurda, ma anzi lo ringrazio perché mi ha dato la possibilità di capire tante cose, mi ha aiutato a riconoscere i tanti sbagli, ad ammettere gli errori, a guardarmi dentro, nel profondo della mia anima e a capire finalmente, a quasi quarant’anni, chi sono e cosa voglio veramente. Il mio avvocato mi dice sempre: «Sii forte del fatto che ciò che è giusto alla fine vince», e io continuo a combattere come ho fatto dal primo giorno che sono entrato in questo nuovo mondo, con questa nuova vita, per dimostrare che nei momenti di difficoltà si deve niente affatto ripiegare le ali, abbassare il tiro, ma anzi, tentare di rilanciarsi lavorando sui propri margini di miglioramento e sulla riscoperta dei valori veri e dei sentimenti come l’orgoglio e il coraggio, perché alla fine, quello che conta veramente (nothing else matter) è il carattere e il cuore che metti nella tua vita.
Bisogna saper rispondere alla disperazione con un sorriso di sfida e il dito medio alzato. E questo, oggi, deve essere d’esempio e di aiuto ai molti che pensano di non farcela e decidono di lasciarsi andare... Io non l’ho fatto e mai lo farò!
Stare in prigione in questo paese è come morire lentamente, ma io continuo a vivere lo stesso, di notte, nei miei sogni, anche attraverso i ricordi di quella che è stata la mia incredibile vita: le tante emozioni provate, il grande amore dato e quello ricevuto, convinto, ancora oggi, che i sogni, se li desideri veramente e fai di tutto per raggiungerli, prima o poi diventano realtà.
Oggi, chiuso dentro la mia cella, la numero 1 del primo reparto del carcere di massima sicurezza di Opera, guardandovi seduto dal mio sgabello di legno mezzo rotto, attraverso un minuscolo televisore degli anni Settanta, voglio vedere mia madre sorridere: ha già pianto e sofferto troppo.
Un bacio e un ringraziamento speciale a te, Silvia.
Con affetto

Fabrizio Corona