Aldo Grasso, Corriere della Sera 21/11/2013, 21 novembre 2013
LA DOLENTE ROSSELLA UN VOLTO DEL PASSATO
Rai Fiction ha scelto il feuilleton come canone espressivo per raccontare l’emancipazione femminile e ha riproposto il capitolo secondo de «Il coraggio di una donna, Rossella», una storia ambientata «a cavallo tra Ottocento e Novecento» (e qui, Achille Campanile già si sarebbe chiesto come una storia possa andare a cavallo). La vicenda è quella di Rossella Andrei (Gabriella Pession), laureata in medicina, pronta a una carriera folgorante se il destino (un destino molto melodrammatico) non le riservasse ogni tipo di punizione: amori infelici, figli sottratti, carriera spezzata, persino uno stupro. Ma lei va avanti, con il suo cuore intrepido e coraggioso (Rai1, martedì, ore 21.10, 5 puntate).
Conosciamo qualche meccanismo della narrativa di massa e sappiamo bene che nell’800 il feuilleton ha svolto un ruolo fondamentale nel mescolare consolazione ed emancipazione, nel far emergere una ribollente sensibilità sociale, nell’investire la materia di un potente afflato mitologico. Così come il fotoromanzo, nell’Italia degli anni 40 e 50, ha saputo toccare, nell’ambito della cultura popolare, le corde meno manifeste della sensibilità individuale, specialmente femminile.
Ma siamo nel 2013 e forse dal Servizio pubblico ci si aspetterebbe qualcosa di più di un’espressione eternamente dolente (Rossella), di un cattivissimo direttore di giornale, Giuliano Sallustio (nome scelto a caso per l’interpretazione di Paolo Mazzarelli?), di una cattiveria che più cattiva non si può, di torme di ragazzini poveri, maltrattati e (non per colpa loro) malrecitanti. E l’emancipazione consiste nel mostrare scene di sesso sopra lo standard Rai?
Al racconto di Rossella manca quella forza capace di trasformare i personaggi in archetipi che appartengono alle zone più recondite del nostro animo: il riscatto e la passione diventano solo giustificazioni narrative continue e rinnovabili.