Francesco Erbani, la Repubblica 21/11/2013, 21 novembre 2013
SHENZHEN – [ECCO L’AEROPORTO A NIDO D’APE FIRMATO DA FUKSAS]
Shenzhen è una città della Cina che colleziona un’infinità di record. Basta citarne uno. Aveva 20 mila abitanti a metà degli anni Ottanta ora ne ha 14 milioni, stando a una stima prudente. Simbolo di questa vorticosa, quasi impudente crescita è l’aeroporto che verrà inaugurato il 28 novembre. Lo hanno progettato gli italiani Doriana e Massimiliano Fuksas, vincitori di un concorso internazionale bandito nel 2008 (fra i partecipanti anche Norman Foster). Il cantiere è stato avviato l’anno successivo e in tempi quasi fulminei è stato portato a conclusione.
«Avevo pensato di coinvolgere qualche autorità italiana per l’inaugurazione. In fondo esportiamo cultura e progetti che appartengono alla nostra tradizione. Ma non mi è venuto in mente nessuno», racconta MassimilianoFuksas.«Quandopartecipammo al concorso i cinesi chiesero una malleveria al nostro governo. C’era Romano Prodi a Palazzo Chigi. Non ebbi dubbi, gli scrissi e in pochi giorni mi arrivarono le lettere che servivano. Ora gli ho mandato un messaggio per dirgli: hai visto, ce l’abbiamo fatta».
L’aeroporto, spiega Fuksas squadernando un lucido con il disegno, ha la forma di una manta, il pesce che si muove sui fondali marini. Ma a prima vista sembra proprio un aereo. Ogni cosa a Shenzhen ha dimensioni enormi. Fu Deng Xiaoping nel 1978 ad avviare la corsa della città nel sud della Cina al gigantismo. E l’aeroporto non poteva sottrarsi a questo destino: il cantiere è uno dei più grandi al mondo, l’edificio è lungo quasi un chilometro e mezzo e in alcuni punti è alto 80 metri. È attrezzato con una sessantina di gates e ha una capienza di 45 milioni di passeggeri l’anno. Un parcheggio può ospitare fino a 3 mila auto, in prevalenza per i dipendenti. Ma il collegamento con la città è garantito da una linea ferroviaria che arriva proprio sotto l’edificio.
«Non avevamo mai progettato aeroporti », interviene Doriana Fuksas. «A Shenzhen ci hanno chiesto di disegnare tutto, dai banchi dei checkin alle maniglie. Tutto tranne le poltrone. Poi sull’intera costruzione le autorità cinesi hanno voluto che imponessimo un copyright». L’immagine che molti hanno della Cina è quella del paese in cui tutto è riproducibile. Ma nessuno potrà copiare neanche in parte il nuovo aeroporto. E in particolare la sua copertura: un doppio velo con movenze ondulate e con un motivo a nido d’ape. Fra un velo e l’altro corre un’intercapedine che consente una buona aerazione, perché attira il calore («ma all’aria condizionata non hanno voluto rinunciare », dice Fuksas), e assicura che la luce naturale filtri creando strani giochi. «Quella forma mi è venuta in mente scartando il regalo ricevuto da un cliente americano. Il nido d’ape era l’involucro, era flessuoso, si poteva manipolare, ma poi tornava nelle sue dimensioni».
In Cina i Fuksas lavorano da anni. Hanno realizzato gli empori Armani a Shangai e a Hong Kong. Hanno vinto il concorso per il Tianfu Cultural Centre di Chengdu, e, sempre a Shenzhen, stanno costruendo la torre Guosen. «I cinesi investono tantissimo per la cultura, il teatro e la musica», insiste Fuksas. Un paradosso, vista la rigida politica di controllo e di censura esercitata dalle autorità. Lei ricorda le critiche di Daniel Libeskind ai colleghi architetti che progettavano in paesi retti da dittature? «Certo che le ricordo. Ma le rigetto. Noi non facciamo nulla che serva a celebrare il regime cinese, più di quanto altri non facciano architetture che celebrano il potere del danaro, della finanza internazionale o della grande speculazione immobiliare. E poi il tema di come funziona una democrazia è troppo complesso per essere liquidato con queste battute».