Antonella Piperno, Panorama 20/11/2013, 20 novembre 2013
LE CASE CHIUSE RIAPRONO SU INTERNET
Mettiamola così, senza falsi pudori: se siete maschi e siete a vostro agio con sigle come Bj e Vu, fate probabilmente parte di quei 9 milioni di italiani, il 70 per cento dei quali sposati, che stando alle ricerche frequentano prostitute. La dimestichezza con il gergo (Bj sta per blow job, il rapporto orale, Vu per velocità urbana, cioè la tariffa, con gli euro espressi in chilometri) indica che prediligete le lucciole 2.0, quelle cioè che offrono prestazioni a casa loro (le girl) o in trasferta (le escort) pubblicizzandosi nei circa 100 siti dedicati, da Italiacalda.com a Piccoletrasgressioni.it. Un esercito virtual-reale che sta erodendo il mondo della prostituzione su strada, con apprezzamento degli uomini i quali, è stato calcolato, cliccano sui computer d’Italia 50 mila volte al giorno, alla ricerca di merce che li stuzzichi. Pronti anche a recensire i prodotti, come se fossero auto o telefonini, su forum specializzati come Itescort.it, o Gnocca forum, dove il cliente «Flauto magico» si è inventato «Google gnocca, primo test sulle ragazze pay dei siti». Ha trionfato una studentessa molto ambita: «Per prendere l’appuntamento ho penato manco fosse il primario di Villa...».
L’offerta è sicuramente vasta: nella ricerca «A.A.A. Tuttiacasa.it», Mirta Da Pra, responsabile del progetto prostituzione e tratta del gruppo Abele, segnala che oggi tra il 30 e il 70 per cento delle prostitute (la percentuale varia da comune a comune) si è trasferito dalle strade agli appartamenti. Le stime parlano di decine di migliaia, nessuno finora le ha sistematicamente contate, tranne Onelio Francioso che per il suo Meretrix prostituzione e case chiuse nell’era di internet (Aliberti editore, 173 pagine 14 euro) ne ha censite 80 mila. Un numero quasi certamente sottostimato dal momento che Panorama (vedere l’articolo a pagina 63) ne ha contate circa 10 mila nelle sole 20 piccole città oggetto dell’inchiesta. Tutte felici e contente per lo status online che, oltre a svincolarle dai protettori, arriva a garantire anche 20 mila euro al mese. Tutte? Non esattamente: «Nel web c’è un 20 per cento di straniere vittime della tratta che dallo sfruttamento in strada è passato a quello al chiuso» spiega Da Pra, con analoghe privazioni della libertà e sottomissione alle sorveglianti tenutarie di case, come le cosiddette «cafetinas» che vigilano sulle brasiliane.
Le minorenni straniere sfruttate, secondo Ecpat Italia (End child prostitution pornography and trafficking), sono tra 7 mila e 11 mila, le «bamboline» alle quali si stanno sventatamente accodando anche centinaia di italiane, in cerca di facili guadagni. Come le due minorenni romane della triste vicenda dei Parioli: finite in una rete di sfruttatori, dopo essersi messe disinvoltamente su Bakekaincontrii.com. «L’abbiamo deciso da sole, scialla» (che in gergo giovanilista sta per tranquillo) ha spiegato ai magistrati una delle due, come se avesse venduto libri usati al mercatino. Una ipersessualizzazione precoce davanti alla quale gli inglesi pensano semplicemente di adeguarsi: John Ashton, direttore del dipartimento di salute pubblica del ministero della Salute britannico (vedere anche l’articolo a pagina 66), ha appena invocato un dibattito nazionale per abbassare a 15 anni l’età del sesso legale. Paradossalmente in sintonia con Mirko Ieni, uno degli adulti accusati di sfruttare le baby escort dei Parioli, che con i magistrati si è difeso così: «L’Italia è un Paese bigotto e non accetta questi giochini».
Bigotti o no, gli esperti di temi adolescenziali sono preoccupati. Secondo la terapeuta Maria Rita Parsi, le teenager si vendono con leggerezza perché, latenze affettive a parte, internet le sta spingendo a considerare il corpo come virtuale, altra cosa rispetto a loro: «Usarlo per soldi non le coinvolge emotivamente». Scialla... Il fenomeno è diffuso se perfino su un sito asettico come Alfemminile.com in un forum Attanasia, 20 anni, chiede alle utenti come giudichino che per racimolare qualche soldo per le vacanze abbia risposto all’annuncio di «un manager distinto e serio». Operazione «poco sgradevole», tanto che oggi «per soddisfare qualche sfizio» la ripete saltuariamente. Plauso generale («Ragazze, abbiamo la patata, sfruttiamola») e coming out di una diciassettenne: «L’ho fatto anch’io, tre volte. Ho smesso perché l’ultimo era un vecchio grassone che mi ha fatto skifo».
Le ragazzine si vendono per «gli sfizi». Ma mettere i corpi online sta diventando per le adulte anche un mezzo per fronteggiare la crisi: accanto a sudamericane, ragazze dell’Est e asiatiche, segnala Pia Covre, rappresentante del comitato per i diritti civili delle prostitute, che si batte perché il «sex work» venga riconosciuto come lavoro con partita Iva, stanno aumentando le italiane: ieri il 10 per cento, oggi il 30. «Chi ha perso il lavoro in fabbrica, chi deve pagare le cartelle dell’Equitalia, neolaureate disoccupate. Molte pensano di tirare su qualche euro e poi smettere, senza valutare le insidie di internet, la cui memoria non cancella nulla».
La grande offerta intanto ha fatto scendere le tariffe: il minimo di 100 euro a rapporto (il massimo è 500 con punte di 1.000 e più per le top) ora si è ridotto, segnala Covre, a 70. Sempre meglio del sesso da strada, dove la crisi ha fatto precipitare a 10 euro una prestazione orale. I nuovi ingressi di italiane part time sono confermati anche da Roberto Pellati, titolare di Pablitoescort.com, che accoglie i nuovi clienti con il glossario gergale Troiapedia, un Wikipedia in versione sex worker. Racconta che, se ieri su 50 annunci uno era di una neofita, ora la proporzione è di 5 su 50, anche ultraquarantenni. Nonostante la crisi i titolari dei siti (forti di una sentenza della Cassazione che legittima l’attività diretta a pubblicizzare inserzioni di persone) se la passano molto bene, visto che spesso i domini sono registrati in paesi esteri a bassa tassazione. Un annuncio semplice costa 100 euro al mese, ma Francioso, che per il suo Meretrix ne ha censiti un’ottantina, sostiene che quelli al top come Arcaton.com ne chiedono anche 400. Che lievitano se si sceglie pure il banner con l’immagine in movimento. Arcaton è considerato la vetrina migliore dalle escort top, quelle in vendita con lingerie di lusso e annunci discreti, che mai si sognerebbero di indossare guêpière da mercatino o di compilare inserzioni crude come le colleghe dei siti gratuiti, pieni di «menù» dettagliati, a cominciare dal «massaggio prostatico». Lo scrittore ha intervistato 500 prostitute e sostiene che «la maggioranza lo fa non per necessità, ma per migliorare il proprio stile di vita» e racconta di un’italiana che ha intrapreso la carriera sulle orme di un’amica che in un mese si era comprata l’auto.
Autoimprenditrici del sesso via web difficilmente recuperabili, soprattutto per la difficoltà di intercettarle. Caritas, gruppo Abele, Cnca e Associazione on the road nel 2012 sono riusciti infatti a contattare 23.878 persone sfruttate in strada, però solo 2.936 di quelle che si vendevano indoor. I risultati del progetto Fuoriluogo sono ancora più inquietanti: su 3.078 prostitute del web a cui sono stati offerti servizi sanitari e protezione sociale, solo quattro alla fine sono tornate sulla retta via.
Fin qui le prostitute. E le peculiarità dei clienti del web? Di tutte le età e propensi, come quelli on the road, a non usare il profilattico (sette su 10 sono disposti a pagare di più) segnala il gruppo Abele, che a gennaio organizzerà il convegno «Il cliente questo conosciuto». Tendenti «a considerare i servizi sessuali come merce da ecommerce» analizza Francesco Carchedi, sociologo della Sapienza impegnato in una ricerca sui forum che analizzerà la trasformazione del rapporto tra cliente e prostituta del web. Mentre Giorgia Serughetti, ricercatrice sociale dell’Università Bicocca, che per il suo Uomini che pagano le donne. Dalla strada al web, i clienti nel mercato del sesso contemporaneo (Ediesse edizioni) ha studiato 14 mila recensioni di escort, spiega: «In strada è tutto più diretto. Il web, con i nomi finti, i personaggi della geisha o della dominatrice, ha trasformato il rapporto tra prostituta e cliente in un’apprezzata performance teatrale. Con codici che rafforzano la finzione del piacere reciproco». Tutto finto, ma i clienti ci credono. Tanto che sui forum si vantano un po’ tutti: «Si vedeva che godeva».