Carola Uber, Chi 20/11/2013, 20 novembre 2013
LUCA WARD SONO UN CATTIVO DA CUORE TENERO
MILANO - NOVEMBRE
A teatro (My Fair Lady) Luca Ward è il professor Higgins, il glottologo che nel Pygmalion di George Bernard Shaw riesce a trasformare la povera fioraia Eliza Doolittle in una dama raffinata dell’alta società. In tv Le tre rose di Eva 2) è Ruggero Camerana, losco imprenditore a capo di una setta segreta, personaggio vendicativo e senza scrupoli: in una parola, il cattivo. Poi c’è la vita, e qui Luca Ward è attore in tutte le sue declinazioni (doppiatore, teatrale, televisivo, radiofonico...), marito di Giada Desideri (anche lei attrice) e papà di Guendalina (nata dal precedente matrimonio) e dei piccoli Lupo e Luna.
Domanda. Quali di questi tre ruoli le si addice di più?
Risposta. «Chiaramente il terzo, anche se in realtà come papà sono un gran casino. Però ho una certa affinità anche con il professor Higgins o, meglio, con il messaggio che fa di My Fair Lady una storia molto attuale».
D. Quale messaggio?
R. «Che chiunque abbia sete di conoscenza, anche se ha origini umili, studiando può cambiare il suo stato sociale. È un insegnamento importante, in un’epoca in cui non serve saper fare niente di particolare per diventare idoli delle masse: oggi bastano un paio di cosce e una farfalla tatuata sul fianco. Il risultato è che in tutti i campi mancano figure autorevoli. Una volta c’erano i grandi politici, i grandi sportivi, i grandi gruppi rock. Oggi ‘ndo stanno? Anche i grandi attori sono pochi, un tempo erano un vero esercito. E non ce n’era uno che non facesse anche il doppiatore...».
D. Vuole dire che avere quella formazione, la sua, aiuta su un set tv o a teatro?
R.«Eccome! Il doppiaggio ti insegna i ritmi, ti abitua ai cambiamenti giganteschi di registro, è una palestra in cui fai di continuo esercizio vedendo e sentendo recitare grandi attori stranieri, da Russell Crowe a Keanu Reeves (entrambi doppiati da Ward, ndr). Ai colleghi consiglio sempre questo mestiere, è anche un modo per non stare troppo fermi tra un set e l’altro».
D. Anche il teatro è fondamentale per fare di un attore un buon attore?
R. «Il teatro è importantissimo, è un reset necessario e va fatto almeno una volta ogni due anni. È come formattare un computer: lo ripulisci, lo aggiusti e poi lo riavvii».
D. A questo punto deve dirci un vantaggio anche del fare tv.
R. Beh, gli sceneggiati ti danno molta popolarità, ma indubbiamente lì si lavora in maniera diversa».
D. Fa poco cinema. Perché?
R. «Perché in Italia si produce poco e i pochi film li fanno sempre i soliti cinque attori e cinque attrici. Le pellicole sono tutte uguali e allora la gente, annoiata, si butta sul divertimento garantito di Checco Zalone. Ora sembra che il destino del cinema italiano sia tutto sulle sue spalle, povero ragazzo, ma oltretutto fa un genere poco esportabile. I grandi produttori una volta si ipotecavano le case per fare film in cui si parlasse un linguaggio universale. Oggi questa voglia di rischiare non c’è più».
D. È vero che Tinto Brass voleva farle fare la parte di D’Annunzio in un film con Patrizia Pellegrino?
R. «Sì, ma è un progetto che morì quasi subito. Purtroppo, perché avrei accettato di corsa».
D. Suo padre era doppiatore, i suoi fratelli e sua figlia anche. Spera che Lupo e Luna portino avanti questa tradizione?
R. «Sinceramente no, anzi, proprio per niente. Il doppiaggio è destinato a morire, ormai tutti i ragazzi masticano un po’ d’inglese e i più piccoli spesso lo studiano già dall’asilo: tra vent’anni non ci sarà più bisogno di doppiare un film».
D. Anche i suoi figli parlano già l’inglese?
R. «Sì, frequentano una scuola straniera, in cui studiano anche il tedesco (la loro mamma lo conosce come fosse madre-lingua). Invece non sanno il romanesco. “A scuola fate come vi pare”, ho detto loro, “ma a casa solo italiano”. Una regola che ho subito anch’io da parte di mio padre».
D. È uno di quei papà severi, che danno tante regole?
R. «Per niente. Sono un disastro da quel punto di vista, gli concedo tutto, troppo, e mia moglie, che è un’educatrice di stampo tedesco, ogni volta deve ricominciare daccapo. Ora, per esempio, è stata in Germania un po’ di tempo per girare un film, è tornata e ha trovato la casa completamente sconvolta e i due che andavano a letto alle tre di mattina e poi non volevano più andare a scuola. E io: “Non vuoi andare? Va bene, stiamo qua”. Lo so, dovrei essere un po’ più rigido, ma proprio non riesco».
D. La tv gliela fa guardare?
R. «No, ma non la guardo nemmeno io».
D. La fa, ma non la guarda...
R. «Non ho tempo, quel poco che sto in casa preferisco passarlo a giocare con i miei figli. E poi i media sono troppo presenti nella nostra vita, spesso danno messaggi sballati rispetto alla vita reale. Sento di dover proteggere i miei figli».
D. Cos’altro la preoccupa come papà? R. «Il fatto che siano bambini troppo buoni e generosi. La bontà non sempre paga. Fuori casa non sono tutti così».
D. Ne sa qualcosa il Ruggero Camerana di Le tre rose di Eva.
R. «Sì. Ma io fondamentalmente sono un buono. E da bambino ero come loro, tant’è che prendevo sempre botte. Pur essendo fisicamente dotato (facevo pallanuoto), non reagivo per paura di fare male. Finché a 14 anni mi sono svegliato e ne ho mandato due all’ospedale. Finì che il maresciallo venne a parlare con mia mamma. Ma credo che lei, sotto sotto, un po’ fosse contenta».
Luca Ward ha 53 anni ed è spostato con Giada Desideri, 40. Dopo 7 anni di relazione si sono sposati l’anno scorso. Hanno 2 figli: Lupo quasi 6 anni e Luna di 4 anni.