Marianna Aprile, Oggi 20/11/2013, 20 novembre 2013
IL MIO ADORATO GIANNI NON È MAI VOLATO VIA
Milano, novembre
Della vita del teatrante non le è mai piaciuto il momento in cui si torna in camerino, quando tutto si spegne, si toglie il trucco e ci si sente come un triste Pierrot. Per questo i camerini dei teatri che ha calcato, Loretta Goggi li ha sempre ingentiliti con tovaglie di pizzo e vezzosi soprammobili. Come sta facendo, a fatica, con il camerino della sua vita da sola, in cui è tornata alla fine del suo spettacolo più bello, la vita con Gianni Brezza, morto due anni e mezzo fa. Dopo mesi in cui ha lasciato che il dolore la schiantasse, Loretta ha ricominciato a vivere. In tv, con il suo grande amico Carlo Conti, a Tale e quale show. E tra le pagine di lo nascerò (Piemme), appena dato alle stampe, di cui ci parla, tra scoppi della sua inconfondibile risata e l’incrinarsi della voce, quando i ricordi del suo Gianni la sorprendono.
Perché ha deciso di scrivere un libro?
«Non l’ho deciso. Non ho mai pensato che la mia vita potesse essere interessante, è stara una vita serena, ho avuto una famiglia in cui ci si voleva bene, un lavoro meraviglioso, 35 anni con Gianni. A chi interessa una vita normale?».
A leggere Io nascerò, però, la sua non sembra affatto una vita normale.
Non è un libro sul mio lavoro né sulla mia splendida storia d’amore con Gianni. Sono pensieri, rinascite, momenti brutti ed esaltanti dai quali ho tratto esperienze che vorrei trasmettere ad altri, senza velleità letterarie. Volevo condividere l’idea che ogni età ha una bellezza, ogni dolore una rinascita. Quello che succede non è casuale, sono tutti insegnamenti piccoli che la vita ci da e che trascuriamo, travolti da altro. Ecco io non mi sono mai persa di vista, e quello che ho imparato l’ho scritto qui».
La scrittura è stata anche un percorso terapeutico dopo la morte di suo marito?
“Certamente. Non a caso i libri che fanno la storia della letteratura non sono mai allegrissimi e sono molto introspettivi. Quando sei felice, purtroppo, non ti poni domande e non cerchi risposte».
Di sé ha detto: «Sono l’eterna seconda e mi pare un ottimo piazzamento».
«Lo penso e ne vado orgogliosa. Scendere dalla vetta fa più male. Essere secondi è un pungolo, uno stimolo a migliorare e cambiare, a tenere viva la curiosità».
Lei ha fatto un Fantastico con Beppe Grillo, fu la prima a lasciare la Rai per lavorare con Silvio Berlusconi. Ora se li ritrova leader di due dei tre poli politici del Paese. Che effetto le fa?
«Non è vero che per fare il politico non sia necessario essere un politico. Oggi sono molto indignata, rischiamo il default e c’è chi pensa ai propri interessi, invece di accordarsi con gli altri per il bene del Paese. Ci sarebbe voluta la purezza ideologica di Grillo col rigore di Letta. Perché vede. Grillo ha alle spalle anni in cui ha girato teatri parlando, per primo, di Cirio, di Parmalat, ha un background coerente. Con tutti i suoi difetti è un puro. L’errore è stato non fare l’alleanza M5S-Pd».
Ha mai pensato di far politica?
«I Radicali mi offrirono di candidarmi, ma ho rifiutato. Non sono abbastanza ambiziosa, e poi la politica ha bisogno di compromessi, con cui io vado poco d’accordo. Io non amo il potere, sono una normale. Sono sempre stata orgogliosa di essere italiana, non ho mai pensato di prendere la residenza in un Paese in cui avrei pagato meno tasse».
Nel libro rivendica di aver contribuito, con la sua carriera, a emancipare il ruolo delle donne in tv.
«Allora c’era l’idea della supremazia del conduttore uomo, noi sembravamo decorative nonostante fossimo artisticamente più preparate. Oggi ci sono in tv ragazze come Paola Cortellesi, Virginia Raffaele, che cantano, imitano, conducono. Le stimo molto, ma penso anche che io tutto questo lo facevo a 22 anni. Mi sono goduta tutto di questo lavoro con entusiasmo e incoscienza. Ho smesso di fare l’attrice perché mi facevano sempre orfana, morta, malata. Io volevo essere di più, volevo essere cattiva, intrigante, tutto. Quando nel 1995, con Bobby sa tutto (tournée teatrale con Johnny Dorelli, ndr) ho detto una parolaccia in scena mi è parsa una conquista. Volevo muovermi a tutto tondo e per farlo ho detto tanti no: al secondo Sanremo, al secondo Ieri Goggi e domani... io non ripetevo, cambiavo».
Nel lavoro, indipendente ed emancipata. Nel privato, ha scelto come compagno un uomo che descrive come possessivo e tranchant rispetto alle sue ambizioni libertarie. Non è una contraddizione?
«La mia vita è piena di contraddizioni. Quando ho incontrato Gianni ho capito che la mia personalità doveva fondersi con la sua. Ho iniziato a lavorare a dieci anni, ero di famiglia piccolo borghese e i miei genitori, fidandosi, hanno sempre lasciato scegliere a me di dire sì o no. Quando a 29 anni ho conosciuto Gianni, gestivo la mia vita con grande responsabilità, ero indipendente. Ma in lui, nonostante la sua bellezza, ho trovato la saggezza, una sensibilità, quasi femminile. E mi sono detta: “Com’è bello appoggiare la testa sulla sua spalla e dire: stavolta decidi tu”. È stato cosi per anni, in fondo è ancora così, per me lui è qui con me. Aprivo la finestra al mattino, guardavo il tempo e chiedevo: “Gianni, che dici, come mi vesto?”. Mi piaceva essere una cosa sua. E mi piace ancora, ho un fitto dialogo con le sue foto, facciamo ancora i nostri siparietti».
A proposito di contraddizioni. Fino a 27 anni i suoi genitori l’accompagnavano sul lavoro, il suo soprannome era “Vergine di ferro”, aveva fama di donna algida. A 29 si innamora di un uomo sposato, con figli.
«Ho sempre usato la ragione per il mio lavoro, divertendomi con serietà. La parte del cuore, la mia emotività, è rimasta invece molto bambina, è stara poco esercitata, ero rimasta un po’ indietro. Non ho mai imparato nulla dai miei errori sentimentali. E non mi sono mai privata di una sensazione e di un’emozione. Quando è arrivato Brezza, cosi lontano dal cliché dell’uomo di spettacolo, serio e divertente, composto, mi ha colpito. Era cosi bello, così “figo”. Ci siamo raccontati le nostre vite. E nato tutto molto piano e lui non c’era abituato, visto che era uno che, diciamo così. metteva tacche. Con me però non quagliava. Poi una sera siamo usciti, mi ha fatto scendere dalla macchina, dicendo che mi voleva tutta per lui, non il corpo ma l’anima. Al di là del fatto che quello sposato era lui, mi sembrò bello che qualcuno volesse la mia anima. Prima di rendere pubblico quello che stava nascendo, abbiamo aspettato di capire se tra noi fosse una cosa seria, con grande rispetto per la sua situazione preesistente. Lui è stata la mia più grande ricchezza».