VARIE 20/11/2013, 20 novembre 2013
IL CASO CANCELLIERI IN PARLAMENTO
REPUBBLICA.IT
LA CANCELLIERI ALLA CAMERA
ROMA - Nessun favoritismo. Nessun inconsueto zelo. Nessuna menzogna. E’ un Guardasigilli accanito nella difesa a oltranza del proprio operato quello che si è presentato stamani nell’aula di Montecitorio per replicare alla mozione di sfiducia del Movimento 5 Stelle. Una mozione che è poi stata respinta da 405 parlamentari e che ha incassato il placet degli altri 154 aventi diritto al voto (3 astenuti). A blindare Anna Maria Cancellieri ci hanno pensato Pd, Forza Italia (tranne Michaela Biancofiore più Maurizio Bianconi) e Nuovo centrodestra assieme. Di fatto, il ministro della Giustizia non verrà rimossa. Ma di sicuro c’è che non farà neanche alcun passo indietro. Non si dimetterà, cioè, sua sponte, come auspicato da molti (anche all’interno dello stesso Pd, dove il dibattito ha continuato a essere aspro sino alla fine). Anzi. Al termine dell’intervento alla Camera il ministro dice di confidare pure nella fiducia del parlamento e sottolinea la propria "amarezza" per come è stata descritta la vicenda delle telefonate con i Ligresti, secondo una rappresentazione che - sostiene - ha toccato il suo onore e investito anche i suoi rapporti familiari.
Un discorso, quello della Cancellieri, che non contempla alcun tipo di dubbio: "Ad Antonino Ligresti - dice - sono legata da un lungo rapporto di amicizia, non ho mai mentito su questo. Cinque giorni prima della mia telefonata ad Antonino, una relazione medica attestava la gravità della situazione della nipote Giulia Ligresti", che dalla detenzione in carcere è passata ai domiciliari. "Da parte mia - insiste il ministro - nessun inconsueto zelo né una anomala tempestività, ma una ordinaria attività di prevenzione come dimostra la scansione temporale degli avvenimenti. Respingo con assoluta fermezza il sospetto" che esista una giustizia di classe che distingue "fra cittadini di serie A e B, fra ricchi e poveri. Respingo visioni preconcette di colpevolismo ad ogni costo, non ho mai mentito né a magistrati né al parlamento. Ho affrontato questi giorni da persona libera e da persona forte, perché non ho contratto debiti di riconoscenza verso nessuno, e con la profonda convinzione di aver agito sempre con assoluta fedeltà e lealtà nei confronti delle istituzioni. Si è sostenuto, poi, che io abbia omesso di parlare di una terza telefonata con Antonino Ligresti, ma non c’è stata alcuna omissione o reticenza e lo dimostrano in modo inconfutabile i contenuti del verbale della mia audizione. Lo stesso magistrato ha ritenuto di non dovere chiedere ulteriori chiarimenti".
E ancora: "Mi addolora sinceramente - ha proseguito la Cancellieri - che anche i comportamenti più ordinari, rientranti nella fisiologia e nella normalità delle procedure, siano stati e vengano ancora letti alla luce di una visione preconcetta e colpevolista ad ogni costo. Non contano le modalità con cui le segnalazioni arrivano, né da chi provengano, né se la persona che viene segnalata appartenga a una famiglia in vista o abbia un nome importante. Sono certa di non essere stato il solo ministro della Giustizia ad essersi comportata secondo questo elementare principio di imparzialità, né ritengo che una siffatta condotta rappresenti uno speciale merito. Al contrario, è quanto normalmente ci si aspetta in un Paese civile da istituzioni democratiche".
’’Cancellieri a casa’’, sui banchi della Camera i cartelli M5S
"E’ senza esitazioni - ha detto ancora - che i miei doveri di ministro della Giustizia e la mia coscienza non mi avrebbero consentito di comportarmi in questo caso, diversamente da come ho fatto in tutti quelli che, attraverso le più varie strade, arrivano ogni giorno alla mia attenzione. Tornando alla vicenda della signora Giulia Ligresti, ho già avuto modo di riferire al parlamento che con la telefonata del 17 luglio alla signora Gabriella Fragni (compagna di Salvatore Ligresti, ndr), ho solo ed esclusivamente inteso manifestare ad una persona che conoscevo da molti anni, la mia umana vicinanza, mostrando comprensione per la profonda sofferenza che stava provando in quel momento, determinata dall’arresto di tutti i suoi familiari. In quell’istante la spinta a condividere umanamente lo stato di prostrazione di una persona, ha prevalso sul doveroso distacco che il ruolo di ministro impone. Come ho già riconosciuto il 5 novembre in Parlamento, ne provo dispiacere e sincero rammarico. Credetemi - ha ribadito il ministro - ne sono intimamente rammaricata".
Di sicuro, quello andato in scena oggi a Montecitorio è stato il giorno della verità. Tanto per il Pd quanto per il governo Letta. Secondo l’opposizione è sulla testa del ministro della Giustizia che si è giocato il vero congresso del Pd. Vero è che il voto dell’aula sulla sfiducia individuale alla Cancellieri per il caso Fonsai-Ligresti ha decretato un’ennesima spaccatura dentro al Pd. Lo scrutinio arriva all’indomani di un’assemblea di partito che, di fatto, obbedisce - col rammarico dei renziani, ma non solo - al diktat del premier. Un diktat che Pippo Civati, deputato e candidato alla guida del Pd, non ha esitato a definire "ricatto" dopo aver attaccato peraltro Gianni Cuperlo. Sulla Cancellieri il presidente del Consiglio ha fatto quadrato e ribadito che "la sfiducia al ministro sarebbe una sfiducia al governo". Da qui, la richiesta ai parlamentari dem di dimostrare responsabilità perché "l’unità del Pd è l’unico punto di tenuta del sistema politico italiano" e perché la richiesta di sfiducia è "un’aggressione politica".
Nonostante ciò, dal Pd sono continuate ad arrivare spinte per le dimissioni del ministro. E Paolo Gentiloni fa sapere di aver chiesto - assieme a Cuperlo, Civati e a Michela Marzano - direttamente a Letta di adoperarsi nei prossimi giorni affinché la Cancellieri si dimetta da sé. Prima dell’avvio dei lavori in aula, comunque, il Guardasigilli ha avuto un colloquio con il premier Letta e con il ministro dei Rapporti con il parlamento, Dario Franceschini.
Stando alle dichiarazioni di voto, a dare l’ok alla mozione di sfiducia sono stati - oltre al M5S - anche Sel, Fratelli d’Italia e la Lega (Matteo Salvini, peraltro, scrive su Facebook: "Andate a farvi fottere, si litiga su Cancellieri invece di preoccuparsi di aiutare la Sardegna"). A bocciarla, Forza Italia, Nuovo centrodestra (il Pdl dunque su questo fronte si ricompatta) e Psi. A nome del Pd è intervenuto il deputato e segretario di partito Guglielmo Epifani: "Non voteremo - dice - la sfiducia al ministro". Ma da Epifani arriva pure una sollecitazione al ministro: trovare, cioè, il modo per consentire a chiunque di farle una telefonata. A tal proposito, la Cancellieri fa sapere che si sta ragionando sull’istituzione di un numero verde dedicato alla raccolta delle segnalazioni in arrivo dai detenuti. Quanto al no alla sfiducia, anche Civati, nonostante il disagio che ha detto di continuare a provare, si è adeguato alla linea del Pd. Una linea che scatena il mal di pancia della base, che anche stavolta torna a sfogare la propria rabbia sui social network.
LE RIVELAZIONI DI LIGRESTI
MILANO - "Mi feci latore", presso Silvio Berlusconi "del desiderio dell’allora Prefetto Cancellieri che era in scadenza a Parma e preferiva rimanere in quella sede anziché cambiare destinazione". E’ un passaggio del verbale di Salvatore Ligresti interrogato nell’inchiesta milanese su Fonsai. Ligresti ha spiegato che la segnalazione "ebbe successo". Oggi Annamaria Cancellieri, ministro di Grazia e Giustizia, ha ottenuto la fiducia alla Camera, dopo lo scandalo delle telefonate con i Ligresti e di quelle relative a un suo interessamento per la custodia cautelare di Giulia, figlia del patron di Fondiaria Sai. L’altra figlia, Jonella, ha ottenuto sempre oggi gli arresti domicilairi. "Qui c’è un accanimento che non ha limite, c’è un disegno che non comprendo", è la risposta del ministro, che smentisce come "falsa e destituita da ogni fondamento" la ricostruzione che emerge dai verbali. Negli interrogatori, Ligresti si sofferma sulla "Particolare consuetudine" che ha sempre avuto con Berlusconi: "Siamo amici di vecchia data, veniamo dalla gavetta e gli incontri sono tanto frequenti quanto informali. Con il presidente Berlusconi si parla di tutto. In ogni caso ricordo chiaramente di avergli presentato in più di un’occasione questo tema".
Salvatore Ligresti ha più volte provato a favorire anche la causa di Giancarlo Giannini, perorandola sempre presso l’ex premier. Lo riferisce Jonella Ligresti, figlia dell’ingegnere
di Paternò, in un interrogatorio reso davanti ai pm di Milano il 17 dicembre 2012. "Certamente mio padre e Berlusconi parlarono del tema Giannini. I due sono molto amici e non parlarono esclusivamente di questo argomento. Né credo che questa sia stata la sola occasione nella quale mio padre ha sollecitato l’ex presidente del consiglio a trovare una collocazione lavorativa a Giannini. Quella volta che io ero presente ho visto che Berlusconi ha risposto dicendo vediamo. Non ricordo se mio padre abbia spiegato a Berlusconi la ragione per la quale si interessava alla carriera di Giannini e cioè il timore di ispezione Isvap su Fondiaria", ha sostenuto Jonella Ligresti.
Lo stesso Salvatore Ligresti in un verbale del 19 dicembre 2012 mette nero su bianco i suoi rapporti con l’ex presidente dell’Isvap e spiega come si fece avanti per dargli una mano con Berlusconi. "Ho pensato - spiega al magistrato l’ex patron di Fonsai - di intervenire presso il presidente Berlusconi in favore di Giannini. Ho avuto un incontro con l’ex presidente del Consiglio per cercare di trovare una soluzione per Giannini una volta che avesse lasciata la presidenza dell’Isvap". A Giannini, secondo quanto ricostruito dai magistrati, sarebbe stata promessa la poltrona dell’Antitrust. "Il motivo di questa mia sollecitazione a Berlusconi era che, avendomi Erbetta manifestato preoccupazione per l’ispezione Isvap in Fondiaria, pensavo che interessandomi per Giannini questi avrebbe avuto un occhio di riguardo per noi. L’esito di questo mio intervento, come si sa, non si è realizzato". "L’iniziativa di andare da Berlusconi, spiega Salvatore, venne assunta dopo averne parlato con lo stesso Giannini "negli incontri a casa di Consolo".
Il tema degli appoggi politici, torna nei verbali di Emanuele Erbetta, ex amministratore delegato di Fonsai. "Sul fronte delle raccomandazioni politiche, invece, ho già avuto modo di dire quanto Salvatore Ligresti anche negli anni prima del 2011 abbia fatto pesare le sue relazioni politiche con Berlusconi, Letta (Gianni, ndr), e Ignazio La Russa", sostiene Erbetta. "A questo tipo di relazioni credo si debba la longevità di Giannini al vertice dell’Isvap", continua Erbetta, spiegando che "non mi pare casuale il fatto che Giannini abbia mollato Ligresti proprio quando questi non disponeva più di quella forza imprenditoriale e politica che ha espresso prima del 2010".
Sempre Jonella Ligresti, invece, ha rivelato che Marco Cardia, il figlio dell’ex presidente della Consob, Lamberto Cardia (oggi presidente delle Ferrovie), fu preso come consulente di Fondiaria, nonostante non fosse "un luminare del Diritto". Nell’interrogatorio del 17 dicembre 2012, Jonella afferma: "A un certo punto mio padre decise che fossero dati degli incarichi a Marco Cardia, un avvocato figlio del presidente della Consob. Marco Cardia l’ho conosciuto e non mi è parso un luminare del Diritto. Non c’è bisogno di diffondersi sulle ragioni di questa decisione. L’arrivo di Marco Cardia tra i consulenti di Fondiaria è stato sostenuto da Massimo Pini. Il conferimento degli incarichi è stato materialmente seguito dall’avvocato Rapisarda".
L’operazione Unipol Fonsai. Piergiorgio "Peluso (figlio del ministro Cancellieri, ndr) mi ha detto che si è dimesso e ha trovato una nuova collocazione lavorativa perchè non intendeva trovarsi nella posizione di direttore generale di fondiaria nel momento in cui i concambi smettessero di essere delle mere opinioni e determinassero la partecipazione di Fondiaria e Unipol alla nuova costituenda società frutto della fusione". Lo riferisce l’attuario di Fonsai, Fulvio Gismondi, sentito come persona informata sui fatti il 22 ottobre 2012. "Peluso mi ha spiegato che il suo timore di essere coinvolto in un illecito nasce dalla irregolarità che lui ravvisa nel procedimento di definizione dei concambi", continua Gismondi, spiegando che sempre "Peluso mi ha riferito in particolare che Goldman Sachs, consulente finanziario officiato da Fondiaria, pare starebbe disattendendo le valutazioni che io stesso e altri consulenti di Fondiaria avevamo fatto in Unipol".
L’ad di Unipol, Carlo Cimbri, "mi ha detto il 21 marzo scorso (2012, ndr), in un incontro tenutosi a Roma nella sede di Unipol alle 16,30, che Giannini gli aveva assicurato che avrebbe assicurato l’operazione" tra Fonsai e Unipol, afferma ancora Gismondi. Il manager si era recato con il presidente di Unipol, Pierluigi Stefanini nella sede dell’Isvap. "Con quell’incontro Cimbri voleva farmi capire che l’operazione era gradita ai più alti livelli istituzionali e che il mio atteggiamento (Gismondi era consulente di Fonsai nell’operazione, ndr) poteva essere influente". "Nella circostanza" Cimbri "aggiunse anche che avrebbe avuto altresì il via libera della Consob". Chi della Consob rassicurò Cimbri, chiede il pm: "lui non me lo ha spiegato - dice Gismondi - probabilmente avrà parlato al più alto livello".
Per Gismondi, anche Alberto Nagel, ad di Mediobanca, sarebbe intervenuto sull’Isvap perché nel 2012 sollecitasse i Ligresti ad accelerare gli accordi con Unipol per la fusione con Fondiaria-Sai. "Intanto devo dire che Giannini mostra di essere favorevole all’operazione, come Cimbri (carlo, ad di unipol, ndr) mi ha riferito. Ma non va sottovalutata la posizione della dottoressa Mazzarella (Flavia, dirigente Isvap e ora all’Ivass, ndr) la quale, se possibile, mostra un atteggiamento ancora più esplicitamente favorevole. La dottoressa Mazzarella ha una familiarità esibita con Nagel". Gismondi continua parlando anche di uno "speciale rapporto che Nagel ha instaurato con i vertici dell’isvap", speciale rapporto che deduce dal fatto che di fronte alla "inaffidabilità" dei Ligresti nell’operazione Unipol-Fonsai, "venerdì 16 marzo" Nagel "si è recato all’Isvap e quello stesso giorno è partita una lettera indirizzata a Premafin da parte di Isvap". Come riferisce ancora Gismondi "il senso di questa missiva è che Premafin e i Ligresti definiscano quanto prima gli accordi con Unipol".
La risposta di Unipol. "Il contenuto di tali dichiarazioni non è rispondente al vero ed è destituito di ogni fondamento", ha dichiarato uno dei portavoce del gruppo Unipol a proposito del fatto che Carlo Cimbri (nelle vesti di amministratore delegato di Unipol) avesse avuto assicurazioni in merito al via libera di Consob e Isvap all’operazione di fusione ancor prima dell’approvazione ufficiale.
Un regalo all’amante. "Liguria (Assicurazioni, ndr) è stata acquistata da Marchionni (Fausto, ndr all’epoca ad di Fonsai, ndr) per trovare un posto di lavoro alla sua amante. I Ligresti non sapevano che la vera ragione dell’acquisizione di Liguria fosse questa, lo hanno scoperto dopo". Lo sostiene Erbetta, successore di Marchionni nel ruolo di ad di Fonsai, secondo quanto messo a verbale il 16 novembre 2012, quando è stato sentito come persona informata sui fatti. Liguria assicurazioni è stata acquisita nel gennaio 2006 e il pm orsi definisce l’operazione "costosa" e "difficilmente spiegabile", accostandola all’acquisto di ddor, che per erbetta fu "un gesto forzato di marchionni, una ambiziosa espansione all’estero".