Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  novembre 20 Mercoledì calendario

IL PAPA L’HA SCELTO PERCHÉ È COME LUI


Schiavon (Vicenza), novembre
In Vaticano, lo aspettavano tutti il 15 ottobre. Ma monsignor Pietro Parolin, il nuovo segretario di Stato, era in ospedale, a Padova, ricoverato nel reparto di chirurgia epatobiliare. Con un sorriso, Papa Francesco, salutando il segretario uscente, Tarcisio Bertone, ha spiegato che monsignor Parolin assumeva il nuovo incarico “in absentia”. Solo il 18 novembre, dopo un intervento chirurgico e una lunga convalescenza in Veneto, monsignor Parolin s’è insediato nel suo ufficio. Volto sereno e aspetto per nulla sofferente, subito ha incontrato il primo ministro delle Bahamas e il 25 dovrebbe essere accanto al Papa, durante la visita del presidente russo Putin in Vaticano.
Dunque, nessun giallo? Nessuna malattia segreta? In molti l’hanno temuto dopo che qualche giornale e qualche vaticanista (pochissimi per la verità) hanno incominciato a farsi domande sulla natura «ispettiva» dell’intervento al fegato subito «in fretta e furia», di «anormalità emerse durante le analisi», del perché si fosse abbandonata «la linea della trasparenza» sulla salute adottata da Wojtyla e proseguita con Ratzinger.
«Spero di essere pronto all’incarico. D’altra parte, ho una certa esperienza. Ho già lavorato nella segreteria di Stato», ha detto monsignor Parolin. Ma chi è davvero l’uomo nuovo del Vaticano? A Oggi, in esclusiva, lo raccontano i suoi familiari.
La mamma, Ada, 85 anni, la sorella Maria Rosa, insegnante elementare (come mamma Ada), e il fratello Giovanni, magistrato (il papà ha lasciato il negozio di ferramenta e la famiglia nel 1965, a causa di un incidente d’auto), quasi non ci credevano, quando, il 28 agosto, hanno ricevuto la telefonata di don Piero, come è chiamato in famiglia.
«Siamo persone semplici e questa per noi era una notizia troppo grande», ricorda, ripensando a quei giorni, la sorella Maria Rosa, sposata e mamma di tre figli.
Eppure, il nome Parolin era stato indicato anche per il ruolo di patriarca di Venezia. «La gioia è stata infinita, poi con essa è arrivata anche la consapevolezza della responsabilità del suo nuovo ruolo, specialmente in questo momento difficile per il Paese e per la Chiesa», dice Maria Rosa.
In effetti, Parolin, che ha passato gli ultimi quattro anni in Venezuela, come nunzio apostolico, diventa segretario di Stato dopo la stagione dei corvi, di Vatileaks, dei veleni della Curia e delle grane dello Ior, in una Chiesa che il Papa vede come «un ospedale da campo dopo la battaglia», alla ricerca della capacità di curare le ferite e riscaldare il cuore. «Mio fratello ha accettato il nuovo impegno con spirito di servizio. In sintonia con Papa Francesco. Ci ha chiesto di pregare per lui», continua Maria Rosa. Proprio come ha fatto Bergoglio il giorno dell’elezione al Soglio Pontificio. «Don Piero ha molte affinità con Francesco. Sui problemi della Chiesa, ha la stessa sensibilità del Papa».
E la stessa apertura alle sfide. Anche rivoluzionarie. Monsignor Parolin, in un’intervista al quotidiano venezuelano El Universal, agli inizi di settembre, ha affrontato il tema del celibato sacerdotale: «Non è un dogma della Chiesa e se ne può discutere perché è una tradizione ecclesiastica», ha osservato. Allo stesso tempo ne ha difeso il valore («Non si può dire, semplicemente, che appartiene al passato»), restando saldo nella storia della Chiesa.

«NON HA AVUTO FIDANZATINE»
«Quando parlo con lui, ho una grande serenità: ascolta, dà suggerimenti, sa calarsi nella vita quotidiana», racconta Maria Rosa, stemperando la sua riservatezza. Don Piero incarna la sapienza di certi fratelli maggiori. «Da piccolo è stato un bravo compagno di gioco, andavamo in bici, giocavamo a carte. Non gli piaceva il pallone. Amava giocare alla messa. Si metteva qualcosa di scuro addosso e si comportava come se fosse un sacerdote sull’altare. In questi giorni io e la mamma abbiamo tirato fuori da una scatola alcuni suoi vecchi giocattoli: gli piaceva fare lavoretti con il legno traforato e abbiamo ritrovato altari, chiese, pareti di basiliche affrescate. Sì, fare il sacerdote era il suo sogno. No, non ha avuto fidanzatine. E non ballava il tango», aggiunge col sorriso pensando alla biografia di Bergoglio ragazzo.
A 14 anni, Pietro Parolin entra in seminario. «La mamma, io e mio fratello andavamo a trovarlo a Vicenza ogni quindici giorni. Ricordo ancora il parlatorio e gli atrii imponenti», racconta Maria Rosa. E sembra di vedere sguardi bambini di fronte a immensità e mistero. «La nostra è una famiglia molto cattolica. Don Piero ha respirato in casa il senso della fede. E la fede l’ha aiutato a superare il dolore per l’assenza di papà. Quando è scomparso, si è aperta una voragine nella nostra casa».
Pietro Parolin, il più giovane segretario di Stato del Vaticano dal Dopoguerra, ha fatto anche il viceparroco a Schio, ha svolto servizio diplomatico in Nigeria e in Messico, ha lavorato nella segreteria di Stato del Vaticano come sottosegretario della sezione Rapporti con gli Stati.
«Monsignor Parolin è rimasto prete nel cuore, anche da nunzio, anche da vescovo. E, pur avendo ricoperto ruoli diplomatici delicati, ha mantenuto un atteggiamento di umiltà», dice monsignor Valentino Di Cerbo, che oggi è vescovo di Alife-Caiazzo e che lo ha conosciuto alla segreteria di Stato. «Io ero nella sezione Affari generali e ricordo che monsignor Parolin aveva tempo per tutti, sapeva ascoltare tutti, aveva sempre la porta dell’ufficio aperta. Era molto benvoluto. È difficile farsi nemico Parolin. È un uomo di pace, non alimenta le tensioni. Allo stesso tempo è coerente e non è un buonista. Sa bene quello che vuole».
Come Francesco, viene da pensare ancora. «Non sarà difficile per lui essere in sintonia col Papa», dice monsignor Di Cerbo.
Prima della nomina del nuovo segretario di Stato, in Vaticano, ogni volta che si parlava del successore di Bertone e si faceva il nome di Parolin, il commento era sempre: “Magari”. Papa Francesco, che ama la collegialità, avrà considerato pure questo nella scelta del successore di Bertone (ma c’è chi sostiene che tra l’ex segretario di Stato e il nuovo non c’è mai stata grande amicizia).
A Schiavon, dove finora monsignor Parolin è tornato ogni estate, molti lo ricordano nella parrocchia di don Luigi, dedicata a Santa Margherita, pronto a visitare gli ammalati, a consolare persone in difficoltà. Ed è tornato a casa, a Schiavon, anche prima di assumere il nuovo incarico. «È un impegno difficile, ne sono consapevole», ha commentato, lì, nella sua famiglia. Ha celebrato la messa, ha incontrato amici, ha pranzato con i suoi compaesani. Mamma Ada gli ha augurato di lavorare per il bene di tutti e di andare d’accordo col Papa. «Ma, soprattutto, è importante che resti prete, prete vero», gli ha raccomandato. Non sarà difficile. Fare il prete è sempre stato il suo sogno.
Maria Giuseppina Buonanno