Marco Travaglio, Il Fatto Quotidiano 20/11/2013, 20 novembre 2013
MONITO ERGO SUM
Solo nelle Repubbliche delle banane, e forse neppure più in quelle, il capo dello Stato plaude a una decisione dei magistrati sul conto di un ministro nominato da lui. Qualunque essa sia. Infatti Giorgio Napolitano ha applaudito alla decisione della Procura di Torino di non indagare la ministra della Giustizia Anna Maria Cancellieri per false dichiarazioni al pm e di inviare il fascicolo intonso alla Procura di Roma, competente per territorio in quanto le dichiarazioni al pm sono state rilasciate nell’ufficio del ministro, in via Arenula, nella Capitale. È una delle interpretazioni possibili delle norme procedurali: i pm torinesi avrebbero anche potuto iscrivere la ministra e poi inviare l’incartamento a Roma, ma così avrebbero orientato un’indagine comunque destinata altrove; dunque hanno ritenuto preferibile che fossero i pm che dovranno svilupparla e concluderla a valutare eventuali reati nelle parole della Cancellieri. Non è né un favoritismo, né uno scaricabarile: è una scelta squisitamente tecnica. Del resto, se i pm torinesi avessero voluto favorire la ministra, avrebbero potuto usare altri strumenti consentiti dalla procedura: per esempio quello di non interrogarla subito come teste sulle sue telefonate con la famiglia Ligresti; e soprattutto quello di stralciarle e magari distruggerle in quanto non penalmente rilevanti. Invece le hanno giudicate utili a descrivere lo strapotere di cui tuttoggi i Ligresti godono nel Palazzo, dunque le loro potenzialità di inquinamento probatorio. E le hanno allegate agli atti depositati alle parti, rendendole conoscibili. Senza quel-l’atto, nessuno saprebbe che la Cancellieri il 17 luglio chiamò la compagna di Ligresti per solidarizzare con la Dynasty appena arrestata contro i giudici e mettersi a completa disposizione; e poi, sollecitata da Antonino Ligresti, si attivò il 19 agosto presso i vicecapi del Dap per far scarcerare Giulia, comunicando il giorno 21 allo zio della donna di aver fatto la segnalazione; infine nascose, nell’interrogatorio del 22, la telefonata della sera prima, accennando solo a uno scambio di sms. Insomma, senza la severità della Procura di Torino, oggi la Guardasigilli non sarebbe sull’orlo delle dimissioni.
Infatti l’altro giorno La Stampa ha dato voce ad anonime ma autorevoli fonti del ministero (che infatti non le ha smentite), che accusano i pm torinesi di: 1) non aver “distrutto” le telefonate; 2) in alternativa non aver chiesto al Senato l’autorizzazione a utilizzarle; 3) non aver inviato il fascicolo al Tribunale dei ministri; 4) in subordine non aver sentito la Cancellieri come indagata, con l’avvocato accanto e la facoltà di non rispondere. Un pizzino intimidatorio e anche un po’ ricattatorio, visto che è partito dai fedelissimi del ministro titolare dell’azione disciplinare contro i magistrati e del potere ispettivo. In realtà: 1) le telefonate sono state conservate e depositate in quanto penalmente rilevanti per i Ligresti, mentre per la Cancellieri lo sono politicamente e moralmente; 2) non occorre alcun permesso del Parlamento per usare le intercettazioni indirette di un ministro non parlamentare; 3) la falsa testimonianza non è affare da Tribunale dei ministri, visto che mentire ai pm non rientra fra le funzioni ministeriali; 4) prima della testimonianza della ministra, era impossibile ipotizzare una falsa testimonianza, dunque era sacrosanto sentirla come teste e non come indagata. Eppure i pm subalpini passano, nell’immaginario collettivo, per delle marionette al servizio della Cancellieri e del suo alto protettore che siede sul Colle. È il bel risultato del comunicato di Napolitano che “apprezza” – chissà mai a che titolo – “la chiarezza e il rigore” della Procura di Torino. Qualcuno prima o poi dovrà spiegare al presidente che non è il Re Sole e non può dare ordini preventivi né plausi o moniti successivi ai magistrati. Che, per Costituzione, sono “autonomi e indipendenti da ogni altro potere”, compreso il suo. E “sono soggetti soltanto alla legge”, cioè non a lui.