Sergio Romano, Corriere della Sera 20/11/2013, 20 novembre 2013
RICORSO ALLE CARCERI PRIVATE FRA CONSENSI E CONTROVERSIE
La necessità di provvedimenti di clemenza (esclusa la grazia) viene prospettata unicamente per la circostanza che il sovraffollamento delle carceri è talmente eccessivo da rasentare la tortura e da violare la Costituzione il cui art. 27 stabilisce che «le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato»! Ma è nota la profonda avversione della maggioranza degli italiani ai provvedimenti di clemenza per la negativa esperienza delle amnistie e degli indulti. Che fare quindi? La soluzione potrebbe essere la privatizzazione delle carceri. Affidare ai privati la costruzione di un carcere modello (su progetto standard finalizzato alla rieducazione) e la gestione dello stesso, viene ostacolata da chi forse teme eventuali speculazioni e connesso sfruttamento del lavoratore /carcerato. Eppure sappiamo quanto ci costa una «giornata» di un detenuto: questa somma potremmo girarla al privato il quale in tal modo si può gestire l’organizzazione del carcere (e cioè del detenuto) con le proprie guardie, il lavoro dei detenuti, il vitto, ecc.! Ma tutto sotto il controllo dello Stato attraverso ispettori, medici, psicologi, ispettori Inps ecc. ecc.! E ovviamente sotto il controllo dei parlamentari così come fece il sottoscritto e i suoi Colleghi sotto la Presidenza della Commissione Giustizia affidata al sen. avv. Antonino Caruso. E per agevolare il privato costruttore / gestore lo Stato potrebbe «girargli» il ricavato della vendita o della permuta di vecchie carceri (alcune dell’800, una addirittura del 1500) ormai nel pieno centro delle città!! Basti pensare al carcere del Buon Cammino a Cagliari situato in pieno centro, a picco sul mare, ambìto da chi sarebbe lieto di farne un albergo a 6 stelle! O al carcere di Bari di grande estensione a 1,5 km dal centro città. E così via.....per tante altre.
Ettore Bucciero
buccierosegreteria@virgilio.it
Caro Bucciero,
N ella storia dei sistemi carcerari il capitolo delle prigioni private è il più controverso. Una delle prime sperimentazioni europee in epoca recente è quella della Gran Bretagna, dove un carcere venne appaltato nel 1992. Nel sistema inglese il capitolato d’appalto è molto particolareggiato, impone parecchi obblighi al gestore privato e riserva allo Stato molti diritti. La situazione non è altrettanto chiara negli Stati Uniti dove i contratti possono variare considerevolmente da uno Stato all’altro della federazione e molte società private hanno gestito le carceri con grande spregiudicatezza suscitando accuse per incuria, cattiva alimentazione, mediocre assistenza sanitaria, punizioni eccessive, soprusi, stupri, tentati suicidi. La formula ha registrato consensi nei Paesi di lingua inglese, più tradizionalmente inclini alle privatizzazioni. Israele ha adottato il sistema per un paio d’anni, ma una sentenza della Corte suprema lo ha dichiarato incostituzionale. Aggiungo, caro Bucciero, che la sicurezza, nelle carceri private, verrebbe necessariamente affidata a un personale di custodia armato e addestrato. Non mi piacevano le ronde quando la Lega sosteneva che avrebbero garantito la sicurezza dei cittadini nel territorio della «Padania». E non mi piacerebbe che l’Italia, oltre alle sue numerose polizie, avesse anche un corpo privato di miliziani carcerari, destinati ad avere, prima o dopo, un album professionale.
Lei ha ragione quando osserva che un nuovo provvedimento di clemenza non sarebbe gradito a una parte considerevole della pubblica opinione. Potrebbe essere accettabile, tuttavia, se accompagnato da un piano per la depenalizzazione di parecchi reati, provvedimenti più liberali in materia di custodia cautelare e una giustizia più efficiente. Gli aspetti più inquietanti del sistema giudiziario italiano sono i detenuti in attesa di processo e il numero di coloro che vengono riconosciuti innocenti alla fine di un percorso lungo e tortuoso.