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 2013  novembre 20 Mercoledì calendario

MAIGRET PRIMA DI MAIGRET


C’è un Maigret prima di Maigret. Anzi più d’uno. «Non meno di diciotto», assicura Francis Lacassin, studioso di letteratura popolare, amico di Georges Simenon e ricercatore implacabile. In un libro, La vera nascita di Maigret (Medusa, pagg. 133, euro 14,50) Lacassin ricostruisce la genesi del più celebre commissario della letteratura, rovistando minuziosamente nella sterminata produzione del “Simenon prima di Simenon”, centinaia di romanzi e racconti popolari firmati dallo scrittore con decine di pseudonimi diversi.
E, come in un’inchiesta poliziesca, scopre che la leggenda divulgata dallo stesso Simenon non corrisponde affatto alla realtà.
Jules Maigret nasce ufficialmente a Delfzjil, in Olanda, nell’estate del 1929. Simenon lo ha raccontato più volte. In quel piccolo porto olandese la sua barca, l’Ostrogoth, era in riparazione. Obbligato a scrivere per rispettare i contratti con gli editori, cerca rifugio in una chiatta abbandonata col fondo pieno d’acqua rossastra. «Dopo un’ora cominciavo a veder disegnarsi la massa possente e impassibile di un signore che, mi pareva, sarebbe stato un commissario accettabile. Durante la giornata aggiunsi al personaggio qualche accessorio: una pipa, una bombetta, un soprabito pesante col colletto di velluto. E, visto che nella mia chiatta c’era un freddo umido, gli concessi nel suo ufficio una vecchia stufa di ghisa». Qui nasce il romanzo Pietr il lettone, primo della serie “ufficiale” di Maigret. Ecco la leggenda, celebrata anche da una statua al commissario che dal 1966 continua a portare turisti a Delfzjil.
Lacassin invece racconta una storia tutta diversa. Quella di uno scrittore ventiseienne che ha deciso di emanciparsi dalla letteratura popolare con cui peraltro guadagna abbastanza bene, visto il ritmo incredibile della sua produzione, decine e decine di pagine al giorno. Ma ora basta con romanzetti sentimentali, avventure esotiche, cappa e spada. Vuole fare il salto verso la “letteratura”, ma con un passaggio intermedio. E ha intuito che il poliziesco, con le sue atmosfere, può permettergli di coniugare arte e mercato. Ecco che tra il 1928 e il 1929 ha inizio una produzione, frenetica anche questa, di storie gialle e di investigatori. Saranno questi i progenitori di Maigret. Spesso scartati alla prima prova, hanno le caratteristiche più diverse. Tra loro c’è un russo, Serge Polozvef, e un americano, l’ispettore Jackson della polizia di New York. C’è un Anselme Torres “antipatico e perdente”, un Georges Aubier, «che voleva risolvere il caso come un’equazione algebrica», un Gèrard Monquet agente della Sureté, un Joseph Leborgne “privato”, un giudice Froget e un ispettore, Tabaret, “mela marcia” fra i poliziotti. Troviamo anche una donna Anne-Marie Givonne «detective, bandito o angelo custode?». Alcuni di loro verranno “riciclati” nelle avventure del futuro Commissario, come il giudice Coméliau (che avrà con Maigret rapporti piuttosto complicati) o l’ispettore Torrence e l’agente Lucas, che qui agiscono in coppia. Poi compare qualcuno che comincia ad anticipare qualche tratto del più celebre discendente. Jean Tavernier, che i colleghi sfottono perché sembra risolvere i casi “annusando l’aria”, o Joseph Boucheron, che si affida esclusivamente all’intuizione, e un ispettore “numero 49”, «alto, enorme, ostinato, fuma la pipa ». Come in una serie di tentativi per “prova ed errore” il loro autore, che si firma con gli pseudonimi Christian Brulls o Georges Sim, finisce per abbandonarli tutti. Fa eccezione Yves Jarry, protagonista di cinque romanzi. È giovane, raffinato, elegante, parla molte lingue, gira il mondo con un valletto, ama le belle donne: è insomma l’esatto contrario di Maigret e somiglia piuttosto ad Arsène Lupin.
Ma, sorpresa, in quattro dei romanzi firmati Georges Sim compare addirittura un poliziotto che si chiama proprio Maigret. Guadagna progressivamente spazio e, infine, nella quarta avventura, La casa dell’inquietudine, è il vero protagonista. Ha l’ufficio in Quai des Orfèvres, con la sua brava stufa di ghisa, per gli interrogatori fa salire birre e sandwich, ha il cappotto con il collo di velluto, fuma la pipa, e a casa, sul Boulevard Richard-Lenoir, l’aspetta la moglie. Insomma è già Maigret, ma Simenon non lo vorrà mai accettare nella serie ufficiale: «è incompiuto, non è lo stesso, anche se non è del tutto un altro». Come un figlio non riconosciuto, il Maigret di Georges Sim è condannato all’esclusione dalla “famiglia” ufficiale.
Quella nasce con Pietr il lettone che esce a puntate sul settimanale Ric et Rac nell’estate del 1930 e poi in volume. Ora Simenon pensa di aver trovato finalmente la sua creatura. E per il lancio del libro escogita un “evento singolare” a cui tiene così tanto da offrire all’editore Fayard di sostenere personalmente metà delle spese. Il 20 febbraio del 1931 in un locale di Montparnasse ha luogo “il ballo antropometrico”. Gli invitati vengono schedati, perquisiti, vengono loro prese le impronte digitali. Arrivano deputati, scrittori, giornalisti, pittori, cantanti, ballerine, felici di farsi trattare come delinquenti. «È – scrive Lacassin – l’evento parigino più mediatico dell’anteguerra. Nessuno conosceva il nome, fino a quel momento, del festeggiato, anche se aveva al suo attivo circa duecento romanzi e un migliaio di racconti». Anche se Simenon darà ancora vita a un altro paio di detective, Sancette e “47”, il successo di Maigret è enorme e immediato, un plebiscito dei lettori. La serie “ufficiale” durerà 75 romanzi e 28 racconti.
Ma Simenon è un uomo inquieto. I suoi romanzi senza Maigret lo hanno consacrato scrittore “autentico”. André Gide ha persuaso il prestigioso editore Gallimard ad accoglierlo nella sua scuderia. Si sente prigioniero del personaggio che gli ha dato la fama mondiale e vuole sbarazzarsene (capita spesso agli scrittori, anche Conan Doyle tentò di far morire Sherlock Holmes). E nel 1934, nel romanzo Maigret, manda il commissario in pensione. Solo nel 1939, cedendo alle pressioni di Gallimard, lo farà tornare in attività, ma controvoglia.
Simenon si riconcilierà pienamente con il suo personaggio solo dopo il 1945. Ha cambiato editore: abbandonati Fayard e Gallimard, pubblicherà tutti i suoi libri successivi per La presse de la Cité di Sven Nielsen. Fino al 1972 (quando smetterà di scrivere romanzi per dedicarsi solo a memorie e autobiografie) saranno 117 libri: dei quali cinquantatré Maigret, e tutti con il nome del Commissario nel titolo. Ormai certo del proprio “valore” letterario, lo scrittore riprende volentieri la sua “vena” poliziesca.
Prende forma così il Maigret “maturo”, quello che i “puristi simenoniani” amano di più. Come il suo autore, anche il personaggio è più sicuro di sé. Il metodo Maigret, “l’immersione” negli ambienti dove si svolge l’indagine, si dispiega pienamente. E il più celebre Commissario della polizia giudiziaria diventa sempre più spesso indulgente verso i criminali che pure arresta e fa processare, fedele al motto del suo autore, «comprendere e non giudicare». Perché al mondo «non esistono colpevoli, ma solo vittime».