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 2013  novembre 20 Mercoledì calendario

IL CREDITO CHIUDE ANCORA I RUBINETTI PRESTITI GIÙ DEL 3,8%


L’Ocse, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, dice che la prevista (timida) ripresa dell’Italia «potrebbe essere compromessa se lo stato di salute del sistema bancario porterà a una restrizione del credito e interromperà il normale ciclo degli investimenti». Le banche, dunque, sono il perno per uscire dalla crisi. Ma da un lato - scorrendo l’ultimo rapporto stilato dall’Abi, l’associazione dei banchieri - registrano un nuovo picco delle sofferenze, dall’altro riportano un’accelerazione nella contrazione del credito.
A ottobre gli impieghi al settore privato sono calati di un nuovo 3,8% rispetto allo stesso periodo 2012 - 15° calo consecutivo - dopo che già a settembre erano scesi del 3,9%. Questo nonostante - sottolinea l’Abi - «l’ammontare dei prestiti alla clientela» di ottobre, pari a 1.857 miliardi sia «nettamente superiore all’ammontare complessivo della raccolta da clientela» pari a 1.727,5 miliardi di euro. In particolare il rubinetto va chiudendosi sempre più per le imprese non finanziarie (-4,2% a settembre), mentre la dinamica dei prestiti alle famiglie è sostanzialmente a zero. Cosa porta a questo nuovo calo? L’Abi segnala il proseguimento della contrazione degli investimenti fissi lordi delle imprese (per cui cala la relativa richiesta di credito), unita ad altri pessimi segnali quali l’aumento dei fallimenti (nei primi nove mesi, secondo Cerved Group sono stati 9.902, in crescita del 12% su base annua), con un aumento delle procedure concorsuali e di liquidazione volontaria. «Nulla» viene invece definita la richiesta di credito per fusioni, incorporazioni e ristrutturazione degli assetti societari. Crescono invece le domande di finanziamento delle imprese «per scorte e capitale circolante» oltre a quelle per la ristrutturazione del debito (+37,5%). L’Ocse segnala però che «i tassi di interesse praticati sono significativamente più alti che in altri Paesi dell’Area euro». A ottobre, il tasso medio sul totale prestiti è salito di 2 centesimi sul mese precedente, al 3,83%.
Se le banche prestano poco, il credito che c’è riserva sempre più grattacapi: il «perdurare della crisi e dei suoi effetti» ha esasperato la rischiosità dei prestiti. Al lordo delle svalutazioni, a settembre le sofferenze ammontano a 144,5 miliardi di euro, +23% in un anno. Quelle nette sono pari a 75,2 miliardi, il 28% in più. Il rapporto tra sofferenze lorde e impieghi è del 7,5% (contro il 5,9% di un anno prima): bisogna risalire al 1999 per vedere livelli simili. Tale rapporto sale al 13,2% (contro l’11,1% del settembre 2012) per i piccoli operatori economici, al 12% (rispetto al 9%) per le imprese. È al 6,2% (che si raffronta con un 5,3%) per le famiglie. Tutto il quadro è in peggioramento, insomma.
A ottobre la raccolta per le banche è salita di quasi nove miliardi rispetto al mese precedente, -0,1% su base annua. I depositi crescono del 4,6% mentre cedono terreno le obbligazioni bancarie, la cui raccolta cala del 9,7%, che segue al -10,1% visto a settembre. Anche sul fronte dei rendimenti le banche rosicchiano qualcosina passando dall’1,02% medio di settembre all’1% per i depositi e dallo 0,44 allo 0,42% per i conti correnti.