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 2013  novembre 20 Mercoledì calendario

PIOGGIE TORRENZIALI E DISSESTO


• LE DOMANDE: IL GEOLOGO

Perché in Sardegna?
Perché la Sardegna si trova al centro del Mediterraneo ed è il mare il vero motore anche dei cicloni extra tropicali. La temperatura più elevata delle acque (dovuta al cambiamento climatico) scatena perturbazioni a carattere violento anche alle nostre latitudini, né più né meno di quanto fa il Golfo del Messico o l’Oceano Indiano per gli uragani.
Era prevedibile?
Sì. Le quantità d’acqua sono state eccezionali, ma non è corretto parlare di evento millenario o plurisecolare, perché il raffronto deve essere fatto con gli ultimi decenni, non con il Medioevo (quando peraltro c’erano pochissime persone e poche abitazioni). Inoltre la mortalità per alluvione in Sardegna è più alta rispetto alla media nazionale: se ne doveva tenere conto. Ma soprattutto ci doveva essere la consapevolezza di un territorio che non è adeguato a ricevere quantità di pioggia anche minori di quelle cadute.
Di chi sono le responsabilità?
Oltre alle quantità rilevanti di pioggia, che però ormai non possiamo considerare più eccezionali e alla costituzione geomorfologica (in questo caso però meno influente, visto che la Sardegna è il territorio più stabile d’Italia), il resto è decisamente colpa nostra. Costruzioni sparse sulle vecchie aree palustri e nelle aree golenali, infrastrutturazione selvaggia e spesso mal progettata e mal realizzata sono le vere cause dei danni e, spesso, anche dei morti.
Cosa si può fare?
La previsione in questi casi funziona sempre: oggi possiamo prevedere il percorso e l’entità (entro certi limiti) delle perturbazioni cicloniche, ma la catena dell’emergenza deve funzionare bene, soprattutto nell’anello debole, quello fra autorità e cittadini. Utilizziamo pure allarmi via tv, radio, sms o social network, ma è non è detto che salvino l’anziano che muore nello scantinato: forse si possono ancora usare le campane o bussare alle porte come un tempo. E comunque gli amministratori debbono prendere sul serio gli allerta e non protestare se, per fortuna, non tutti si risolvono poi in un’alluvione. Si può incitare a non scendere in strada, a salire ai piani alti e predisporre località per ubicare le autovetture in zone sicure: molti hanno perso la vita per colpa degli automezzi, altro che alberi nel greto. Nel lungo periodo però una pianificazione ordinata e consapevole dei territori a rischio deve prendere il posto dell’inurbazione selvaggia. Divieto di costruire nelle zone a rischio (o anche di ampliare le volumetrie secondo i famigerati piani-casa regionali), istituzione di parchi naturali nelle zone umide, esclusione assoluta dei condoni, limitate opere di ingegneria naturalistica e rinaturalizzazione dei corsi d’acqua, che debbono essere lasciati liberi di esondare in sicurezza. Lo spazio appartenente ai fiumi deve essere utilizzato solo per usi sostenibili.

Mario Tozzi

• LE DOMANDE: IL METEOROLOGO

Da cosa sono stati provocati i nubifragi sulla Sardegna?
La situazione che ha prodotto piogge così intense, per quanto estrema, è relativamente comune in autunno nel Mediterraneo. La depressione «Ruven» sulle Baleari (Cleopatra è una denominazione non ufficiale) ha convogliato verso la Sardegna aria caldo-umida africana che insieme all’aria più fredda in alta quota, e all’apporto di abbondante energia e vapore acqueo dal mare ancora tiepido dopo l’estate, ha alimentato per diverse ore imponenti celle temporalesche rigeneranti.
Erano stati previsti? L’allarme era stato dato con sufficiente anticipo?
Tra sabato e domenica tutti i modelli numerici di previsione prospettavano per inizio settimana copiose precipitazioni in Sardegna, con rischio di nubifragi specialmente sul settore orientale. Tuttavia la localizzazione precisa di scrosci di pioggia così intensi e concentrati è molto difficile, soprattutto in un territorio montuoso e geograficamente complesso come quello sardo. Comunque sia, sotto il profilo delle informazioni meteorologiche, tutti gli elementi per predisporre un generale stato di attenzione sull’isola erano presenti.
Si tratta di un fenomeno eccezionale?
Per quanto grave e violento, con piogge prossime a 400 mm in una giornata, pari alla metà della pioggia media annua, non si è trattato di un fenomeno di entità prima sconosciuta sulla zona. A metà ottobre 1951 caddero in 4 giorni fino a 1400 mm d’acqua sull’Ogliastra, si ebbero 5 vittime, distruzioni diffuse, due paesi (Gairo e Osini) furono definitivamente abbandonati. Sempre l’Ogliastra fu il centro dell’alluvione del 6 dicembre 2004: 517 mm in 24 ore a Villanova Strisaili, strade cancellate e ponti crollati, 2 vittime. Ancora, il 22 ottobre 2008 fu colpito il Campidano di Cagliari, 372 mm in poche ore a Capoterra. Ciò che colpisce dell’evento attuale è la grande estensione delle zone sinistrate, che vanno da Oristano al Nuorese, fino all’estremo nord dell’isola, e il conseguente grave bilancio delle vittime.
E’ colpa del riscaldamento globale?
Non si può dare una risposta univoca. Gli effetti del riscaldamento globale si sovrappongono agli eventi estremi naturali accrescendone eventualmente frequenza e intensità. Ma non è possibile distinguere quanta parte è dovuta alla normale variabilità naturale e quanta alle nuove condizioni indotte dall’attività antropica, tra cui l’aumento della temperatura del mare che è uno degli ingredienti che alimentano i nubifragi. L’unica certezza è che gli estremi meteorologici non potranno che intensificarsi in futuro via via che cresce la temperatura globale e quindi per un paese già così fragile come l’Italia è fondamentale investire su manutenzione del territorio e protezione civile.

Luca Mercalli