Angela Camuso, l’Unità 19/11/2013, 19 novembre 2013
BOSS, FINANZIERI E CALCIO DIETRO AGLI AFFARI DEI CAMILLIANI
C’è un filo che collega i torbidi affari dei padri Camilliani, amministratori di ospedali sparsi in tutto il mondo, al fallimento di alcuni importanti cliniche italiane gestite da ordini religiosi quali il San Raffaele di Milano, il San Carlo di Nancy e l’Istituto Dermatologico dell’Immacolata (Idi). È quanto emerge dagli ultimi sviluppi delle due indagini, una figlia dell’altra, coordinate dal pm Giuseppe Cascini della Dda di Roma, che indagando all’origine su un grosso investimento di capitali da parte della ’ndrangheta in attività commerciali a Roma, ha scoperto una rete fitta di relazioni che vede coinvolti mafiosi, parlamentari, massoneria deviata, manager del calcio e della sanità, esponenti delle forze dell’ordine e funzionari corrotti, religiosi e bancari.
Uomo chiave di un sistema a cui fanno da sfondo appalti truccati e mazzette, trasferimenti di capitali all’estero e drenaggio di fondi pubblici destinati ai nosocomi convenzionati con il Servizio Sanitario Nazionale, è il faccendiere Paolo Oliverio, già protagonista ombra di vecchi grossi scandali nazionali (il caso Sme e la P3, da cui è uscito indenne) e in questi giorni tornato alla ribalta delle cronache per la vicenda che ha coinvolto l’ex numero uno dell’Ordine religioso dei Camilliani di cui Oliverio era diventato il braccio destro: padre Renato Salvatore, accusato di aver organizzato il giorno della sua rielezione, insieme a Oliviero e due finanzieri corrotti, il rapimento di due preti che egli sapeva avrebbero votato contro la sua riconferma.
Ieri si è tenuta a piazzale Clodio l’udienza del tribunale del Riesame che dovrà decidere sulla scarcerazione di padre Salvatore e dei due finanzieri infedeli e in quest’occasione è trapelata la notizia che nell’ambito della stessa indagine sono stati perquisiti l’ufficio ai Parioli e l’abitazione di Paolo Taddeo, uno dei più noti commercialisti della capitale che fino a un anno fa ha ricoperto il ruolo di presidente del collegio sindacale – organo di autocontrollo – di quattro aziende ospedaliere poi fallite tra cui appunto il San Raffaele, l’Idi e il San Carlo. A Taddeo, indagato per riciclaggio, le Fiamme Gialle hanno sequestrato pratiche per centinaia di ricorsi tributari. Il commercialista aveva, su incarico dei consigli di amministrazione delle rispettive aziende sanitarie, il compito di fare da revisore dei conti. L’indagato ha nominato suo difensore Gianantonio Minghelli, avvocato romano storicamente legato a Licio Gelli nonché inquisito negli anni 70, ma poi prosciolto, perché ritenuto un riciclatore di denaro del clan dei Marsigliesi in quel periodo autori di feroci sequestri di persona.
Sulla base di quali elementi gli inquirenti contestano al commercialista Taddeo il reato di riciclaggio non è ancora noto, essendo l’inchiesta coperta da segreto. Il suo coinvolgimento, tuttavia, è significativo anche alla luce degli inquietanti rapporti di malaffare che la Guardia di Finanza in questi ultimi mesi ha documentato intercettando e pedinando il faccendiere Oliviero, nominato da padre Salvatore, a ottobre del 2012, procuratore speciale dell’ente che amministra tutti gli ospedali dei Camilliani in Campania e in Sicilia. Agli atti del fascicolo del pm Cascini ci sono ad esempio i rapporti tra il faccendiere dei Camilliani ed Ernesto Diotallevi, il boss della banda della Magliana nonché storicamente legato a Cosa Nostra, che di recente ha venduto a Oliverio immobili per centinaia di migliaia di euro. Oggetto delle informative del Gico pure «i contatti tra Oliverio e uomini politici – si legge in una nota delle Fiamme Gialle dello scorso 18 luglio – e in particolare con l’onorevole Alessandro Pagano (ex deputato Pdl, n.d.r.), aventi ad oggetto per un verso la realizzazione di un progetto oncologico tra l’Ismett e l’ospedale di Casoria (struttura dei Camilliani ) e per altro verso l’assunzione presso l’ospedale di Casoria della figlia dell’on. Pagano, Federica Maria». Nelle carte pure il nome del Presidente della Lazio Claudio Lotito. Oliverio e Alessandro De Marco, uno dei finanzieri arrestati per il sequestro dei due sacerdoti, secondo gli inquirenti si stavano attivando per portare a termine l’acquisizione, «attraverso prestanome, da parte di Claudio Lotito, della San Benedettese, operazione vietata dalle norme federali in quanto Lotito è già proprietario di un’altra società sportiva».
Il tribunale della Libertà si è riservato di decidere sulla scarcerazione degli imputati per il rapimento dei due Camilliani. Padre Salvatore, difeso dall’avvocato Parla, ha preso le distanze dal faccendiere Oliverio, sostenendo di avere soltanto affidato a lui, che credeva un finanziere appartenente ai servizi segreti, il risanamento delle casse dell’Ordine, dopo che era stato scoperto un buco per diversi milioni di euro. La difesa di Mario Norgini e Alessandro De Marco, rappresentata dagli avvocati Davide e Mario De Caprio, hanno contestato il capo d’imputazione: secondo i legali non si è trattato di un sequestro di persona ma di un abuso di ufficio.