Paolo Siepi, ItaliaOggi 19/11/2013, 19 novembre 2013
PERISCOPIO
Forza Italia sembra diventato un partito di falchi, falchetti e baby-falchi: tra un po’ diventa uno zoo. Maurizio Lupi, Pdl, ministro dei Trasporti. la Repubblica.
«Vendiamo le spiagge!». «Io dispongo ancora di mia madre, se serve». Altan. la Repubblica.
Sull’Ilva, il Fatto quotidiano pubblica una telefonata «choc» di Vendola. Per una volta si è capito benissimo di cosa stesse parlando. Spinoza. Il Fatto.
La magistratura è al lavoro in Liguria (si è dimesso il presidente del Consiglio regionale, Rosario Monteleone, accusato di aver presentato richieste di rimborsi senza i relativi giustificativi), in Lombardia (facevano regali di nozze con i soldi pubblici), in Sardegna, in Friuli, in Emilia-Romagna, in Calabria, in Campania... già si parla di «Regioni a delinquere»: più della metà dei 20 parlamentini italiani sono sotto inchiesta per spese gonfiate o truccate a danno dei cittadini. Stando solo agli ultimi tre anni, l’accusa di peculato riguarda 280 politici su 1.356 tra presidenti, assessori e consiglieri regionali. È record mondiale. Aldo Grasso. Corsera.
Lo strappo è molto doloroso perché noi siamo e ci sentiamo frutto dell’albero berlusconiano. Ma se io, proprio io, ho dovuto lasciare la casa del padre, vuol dire che non c’era più alcuna possibilità di correggere la linea del partito. Angelino Alfano. Ansa.
Al posto della Cancellieri mi sarei dimessa. Non parlo di profili di illegittimità nella sua condotta, ma ha dato l’idea profondamente sbagliata di un sistema in cui solo se conosci qualcuno riesci a vedere tutelati i tuoi diritti. Un ministro però dovrebbe stare lì per garantire anche chi conosce nessuno. Maria Elena Boschi, Pd, deputata renziana. la Repubblica.
A tutti coloro che sbraitano con qualunquistica facilità sui partiti senz’anima, vorrei semplicemente far notare che quattro dirigenti del Pd come Renzi, Civati, Cuperlo e Pittella, vale a dire quattro che si giocheranno la guida del Partito democratico, hanno riflettuto, ciascuno in maniera indipendente, sulla vicenda relativa alle telefonate fra il ministro Annamaria Cancellieri e i Ligresti. L’hanno fatto con coscienza e con audacia. Poi, ma soltanto alla fine, sfiga ha voluto che l’opinione di tutti e quattro sia coincisa con quella di Repubblica. Andrea Marcenaro. Il Foglio.
Per quanto tenuti lontano, gli operatori del sistema mediatico segnalano che al Consiglio nazionale che ha fatto rinascere Forza Italia c’è stata la totale sparizione di qualsiasi forma di «gnocca», entità alla quale, in tempi più lieti, Berlusconi propose di intitolare la sua resuscitata formazione. Filippo Ceccarelli. la Repubblica.
Finisce con un salto di qualità (ma in basso) delle parole, il Movimento Scelta civica, creato da Monti, premier che parlava un perfetto inglese e con un ministro, Fornero, che diceva choosy per chiamare i giovani «schizzinosi». Nella riunione della rottura c’è stato invece un «vaffa», che non è stato possibile attribuire. Andrea Garibaldi. Corsera.
Angelino Alfano con due pistole in mano, dubbioso: «Cupio dissolvi con Letta?». «O cupio dissolvi con Berlusconi?». Vignetta di Vincino. Il Foglio.
Nichi Vendola aveva cominciato bene. Poi forse gli è accaduto qualcosa, forse la coda di paglia dell’ex giovane comunista ha avuto il sopravvento, o forse quel delirio di onnipotenza che talvolta obnubila le menti degli onesti, l’ha portato a pensare che ogni compromesso al ribasso gli fosse lecito, perché lui era Nichi Vendola. S’è messo al fianco, come assessore alla sanità (il più importante di ogni giunta regionale), un personaggio in palese e quasi dichiarato conflitto di interessi, come Alberto Tedesco. S’è lasciato imporre come vicepresidente una dalemiano come Alberto Frisullo, poi finito nella Bicamerale del sesso di Giampi Tarantini, a mezzadria con Berlusconi. Ha appaltato al gruppo Marcegaglia l’intero ciclo dei rifiuti, gratificato da imbarazzanti elogi del Sole-24 Ore quando la signora Emma ne era l’editore. Ha attaccato, con una lettera di chiaro stampo berlusconiano, il pm Desirèe Di Geronimo che indagava su di lui. E si è genuflesso dinanzi al potere sconfinato della famiglia Riva, chiudendo un occhio e forse tutti e due sulle stragi dell’Ilva. Il fatto che, come ripete con troppa enfasi, non abbia mai preso un soldo dai Riva (diversamente da Berlusconi e da Bersani) non è un’attenuante, anzi, è un’aggravante. Non c’è una sola ragione plausibile che giustifichi il rapporto di complicità «pappa e ciccia» che emerge dalla telefonata pubblicata sul sito de Il Fatto fra lui e lo spicciafaccende-tuttofare dei Riva. Quell’Archinà che tutti sapevano essere un grande corruttore di politici e funzionari. Marco Travaglio, Il Fatto.
E le badanti dei vecchi concetti? Slave e slavate (per paura). Alessandro Bergonzoni. il venerdì.
Viviamo in un mondo che è l’opposto del vecchio impero asburgico, dove spesso un genio veniva preso per un cretino ma mai il contrario. Claudio Magris. Il Fatto.
Verso mezzanotte, venne la sagra. D’un tratto pallottole traccianti mandavano a pezzi il cielo, pallottole di mitragliatrice passavano sopra il nostro caposaldo miagolando e davanti alle nostre trincee scoppiavano i 152: subito dopo il 75/13 e i mortai da 81 bi Baroni laceravano l’aria e i pesci del fiume. Tremava la terra, e sabbia e neve colavano giù dai camminamenti. Nemmeno nel Bresciano nel giorno della sagra di San Faustino s’udiva un baccano simile. Cassiopea non si vedeva più e i gatti chissà dov’erano andati. Le pallottole battevano sui reticolati mandando scintille. Improvvisamente tutto ritornò calmo, proprio come dopo la sagra tutto diventa silenzioso e nelle strade deserte rimangono i pezzi di carta che avvolgevano la caramelle e i fiocchi delle trombette. Solo ogni tanto si sentiva qualche fucilata solitaria e qualche breve raffica come le ultime risate di un ubriaco vagabondo in cerca di osteria. Tornarono a brillare le stelle sopra le nostre teste e i gatti a mettere il muso fuori dalle macerie della case. Gli alpini rientravano nelle tane. Sul Don, nei buchi delle esplosioni, l’acqua riprendeva a gelare. Mario Rigoni Stern, Il sergente nella neve. Einaudi.
Per me il libro ideale sarebbe una storia di Dumas scritta da Tolstoi. Pierre Lemaitre, Ai revoir là-haut. Albin Michel.
Guardiamoci dai politici che vorrebbero cambiare il mondo: lo renderebbero peggiore. Roberto Gervaso. Il Messaggero.