Guido Salerno Aletta, MilanoFinanza 19/11/2013, 19 novembre 2013
ANCHE BERLINO HA POCO DA RIDERE
La Germania vede la sua economia frenare e non sa più con chi prendersela: dal + 0,9% del 2012, il pil quest’anno arriverà al massimo al +0,5%. L’export in Europa è caduto di due terzi dal picco del 2007 e l’euro si rivaluta in continuazione sul dollaro, mentre lo yen precipita. Così i mercati esteri sono sempre più difficili da conquistare. Dopo aver imposto la politica di rigore fiscale che ha portato alla recessione, adesso Berlino cerca il capro espiatorio, sostenendo che la decisione della Bce di ridurre allo 0,25% il tasso di riferimento sulle operazioni di rifinanziamento principale sarebbe la riprova della pervicace volontà di continuare a depredare i risparmiatori dell’Europa core, i soliti tedeschi, che riceverebbero così tassi di interesse inferiori all’inflazione con perdite sul capitale accumulato, a tutto vantaggio dei debitori dell’Europa meridionale, che pagherebbero un’inezia. Come se i tassi della Bce si applicassero ai depositanti e alle imprese, e non alle banche, e come se le banche europee cercassero liquidità a tutti i costi, mentre invece non sanno che farsene. Se possono, la tengono in deposito presso la Bce, quando addirittura non la restituiscono.
L’ultimo Bollettino mensile della Bce mette in luce una serie di dati, purtroppo concordanti in senso negativo: il primo segno di debolezza dell’economia è la brusca caduta del tasso di inflazione, che è sceso su base annua dall’1,1% di agosto allo 0,7% di settembre. Sul versante valutario, si rileva la persistente tendenza dell’euro ad apprezzarsi nei confronti di tutte le altre valute, registrando un +5,4% rispetto al 6 novembre dell’anno scorso, valore che compendia il +5,6% verso il dollaro, il +2,7% con lo yuan e il +30% netto riferito allo yen. Intanto prosegue incessante la contrazione del credito alle imprese, che a settembre è stata del -3,5% (aggiustato al -2,7% tenendo conto delle vendite e delle securizzazioni), con un calo del 5,7% di quelli compresi tra 1 e 5 anni. Mentre la caduta del credito al consumo continua dal quarto trimestre 2012. Per quanto riguarda le emissioni di obbligazioni bancarie, l’ultimo dato disponibile, ad agosto, indica un -9,2%: trend in continuo peggioramento dal terzo trimestre del 2012. La liquidità in circolazione è addirittura eccessiva: è già stato restituito il 71% dei 523 miliardi di euro netti concessi con le due Ltro a tre anni. Si è ridotta anche quella in eccesso rispetto alla riserva obbligatoria, passata da 248,3 a 223,4 miliardi. I tassi di interesse sui depositi a lungo termine delle famiglie sono passati al 2,1%, mentre quelli delle imprese sono saliti all’1,9%. I tassi sui crediti a lungo termine alle famiglie sono aumentati di 8 punti base, arrivando al 3,1%, mentre quelli erogati alle imprese sono cresciuti di 7 punti base, salendo al 3%. Se l’inflazione è calata, i tassi invece non sono scesi: in termini reali sono anzi aumentati.
La tendenza del pil europeo a contrarsi deriva dal venir meno di qualsiasi input positivo. Gli Stati non hanno più sovranità sul bilancio: la regola costituzionalizzata del pareggio strutturale, con il 3% di deficit massimo ammissibile per il ciclo, rende impossibile uno stimolo della domanda. L’euro si rivaluta rispetto alle altre monete. Il sistema bancario vede ridursi la raccolta a medio termine e di conseguenza diminuisce il credito. Niente investimenti o consumi aggiuntivi, neppure pagati a rate. Di liquidità a breve, per le scadenze tra i 15 giorni e i tre mesi, anche se pagata alla Bce appena lo 0,25%, le banche non ne hanno bisogno. La Bce ha chiarito che le politiche monetarie tradizionali hanno pressoché esaurito i loro margini di manovra: si è messa al riparo da ogni accusa di indolenza e di scarsa lucidità. Nella prossima campagna elettorale per il rinnovo del Parlamento europeo, ormai è chiaro, non si faranno prigionieri. Né da una parte né dall’altra.