Marco Palombi, Il Fatto Quotidiano 19/11/2013, 19 novembre 2013
LA GUERRA DA 30 MILIARDI DI COTTARELLI
Che governo ci sarà in Italia nel 2014? Quello di Carlo Cottarelli, commissario alla “Revisione della spesa pubblica” venuto dal Fondo monetario internazionale. Il programma di lavoro che ha inviato via fax ai ministri la scorsa settimana riguarda, infatti, tutte le possibili attività di un esecutivo escluse, forse, le materie bioetiche: e ieri il Comitato interministeriale, che è il suo interlocutore politico, gli ha dato il via libera.
IL GOVERNO COTTARELLI,
d’altronde, è invocato come la panacea di tutti i mali anche dal presidente del Consiglio e ministri. Fabrizio Saccomanni, ministro del Tesoro, ha spiegato domenica al Corriere della Sera che - al contrario di quanto scritto da lui stesso nel Documento di economia e finanza e nel bilancio dello Stato - le sforbiciate cominceranno dall’anno prossimo e non dal 2015. E saranno sostanziose: senza tagli, la Commissione europea non ci concede nemmeno la finestra per i tre miliardi di investimenti che il ministro dell’Economia ha già inserito nella legge di Stabilità. Anche per Enrico Letta, d’altronde, è meglio che ci pensi Cottarelli: “È la persona giusta: cambierà il verso degli interventi sulla spesa, dando il senso di avere una spesa pubblica sotto controllo facendo tagli dove serve e facendo investimenti dove necessario”.
Il fine – spiega lo stesso commissario nel suo primo documento – è portare la tassazione sul lavoro al livello europeo o più in basso: per farlo e per rispettare gli impegni già scritti a bilancio (11,3 miliardi l’anno di minor spesa dal 2017) bisogna diminuire le uscite della Pubblica amministrazione per circa due punti di Pil, vale a dire più di 30 miliardi.
Ma non di soli obiettivi triennali vive il nuovo governo Cottarelli. Bisogna darsi da fare anche sul 2014 per non finire dentro i larghi poteri interdittivi (e punitivi) che il cosiddetto “Two Pack” – regolamenti europei – assegna alla tecnostruttura di Bruxelles: servono 8 miliardi per l’anno prossimo, ha fatto sapere l’esecutivo europeo. Il commissario ha già fatto il suo crono programma ad hoc: promette per febbraio di chiudere la “prima fase di ricognizione tecnica per definire le misure” e per “la quantificazione dei relativi risparmi”; tra marzo e aprile quei dati andranno inseriti nel Documento di economia e finanza (Def); tra maggio e luglio, infine, arriverà la vera e propria manovra correttiva per il 2014, ma non prima di “un’analisi del-l’impatto macroeconomico delle misure”. Analisi non secondaria, visto che questo genere di interventi sui saldi ha spesso se non sempre una natura recessiva: abbassa cioè le prospettive di crescita del paese (una spesa, anche ingiustificata, è comunque reddito per qualcuno), idea non proprio sensata durante una crisi economica. “La spesa pubblica primaria non va più tagliata”, ha scritto il viceministro all’Economia Stefano Fassina, ma al massimo riqualificata. Non andrà così. “Ancora non so da dove cominceremo”, ha spiegato ieri Cottarelli a palazzo Chigi, “stiamo ancora costruendo i vari gruppi di lavoro”. La platea dei suoi possibili interventi è sterminata: dalle spese dei ministeri agli incentivi alle imprese, dal Trasporto pubblico locale alla Rai, dal Piano carceri al taglio degli uffici giudiziari, dai fondi alla ricerca alle forze dell’ordine, dal Coni alle Soprintendenze, dagli enti locali ai contributi a partiti e giornali.
SARÀ INDOLORE, una cosetta tutta buone pratiche e soluzioni tecniche innovative? Non pare aria: tra le previsioni su cui si insiste più spesso, ad esempio, c’è la questione della pianta organica dei vari gangli dello Stato. Più precisamente si parla della “mobilità del pubblico impiego”, ma non solo: c’è anche “l’esplorazione di canali d’uscita e rivalutazione delle misure del turn-over”. A prescindere dalla bontà della misura, questa è comunque una sorta di dichiarazione di guerra ai sindacati e poco importa che Cottarelli batta spesso sul necessario “confronto con le parti sociali”.