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 2013  novembre 19 Martedì calendario

EX VOTI


Alle primarie nei circoli del Pd hanno votato meno di 300 mila iscritti, il 35% in meno del 2009: in quattro anni se ne sono persi per strada 160mila. Alle regionali in Basilicata, la maggioranza degli elettori è rimasta a casa: è andato a votare solo il 47,57%, 11 punti in meno del 2010. Fosse stato un referendum, non avrebbe raggiunto il quorum. La partecipazione popolare alla politica, che fino a qualche anno fa era un vanto per l’Italia nel mondo, precipita di elezione in elezione a rotta di collo. E i partiti, regolarmente, fanno finta di niente: si spartiscono un piattino sempre più striminzito, badando solo alle percentuali relative, senza mai alzare lo sguardo sui dati assoluti. Cioè sull’esodo biblico dei cittadini lontano da loro. Mai che si domandino il perché, se non per inventarsi giustificazioni autoconsolatorie e autoassolutorie, (l’antipolitica, la disaffezione, lo scarso “radicamento sul territorio”, la pesante eredità del passato e dei governi precedenti, la crisi mondiale, l’Europa cattiva, la Merkel culona, le cavallette, il fato, la sfiga).
Del resto, perché mai una persona normale dovrebbe andare a votare? Per dare una bella sferzata di entusiasmo alle primarie del Pd, D’Alema ha già fatto sapere che Renzi magari piace alla gente, ma nel politburo lo odiano tutti e, appena eletto, se le cucinano loro. Renzi, per elettrizzare chi sperava in qualcosa di nuovo, dopo Fassino, Franceschini, Veltroni, Latorre, Cozzolino e Morri, ha imbarcato pure Francantonio Genovese, ras di Messina, nei guai fino al collo con la giustizia; e persino Vincenzo De Luca, sindaco di Salerno e viceministro incompatibile ma inamovibile, oltrechè plurimputato (infatti, a Delucaland, Renzi ha raccolto 2566 voti e Cuperlo 50). In Basilicata s’è votato perché la giunta De Filippo, era finita indagata in blocco per le ruberie sui rimborsi regionali. Dunque il centrosinistra chi candidava? Marcello Pittella, ex assessore dei De Filippo, dunque indagato. E naturalmente è in vantaggio, in una regione che vive di clientele dai tempi delle 80 mila preferenze di Emilio Colombo. Ma c’è anche chi non ci sta: e allora non vota o sceglie M5S (ancora debolissimo nelle elezioni locali).
Soltanto il 25-26 febbraio gl’italiani un segnale di cambiamento l’avevano lanciato eccome, premiando col 25% una forza anti-sistema come M5S e bastonando tutti i partiti che avevano governato sino a quel momento: il Pdl perse 6,5 milioni di voti, il Pd ne smarrì 3,5 e Scelta Civica non superò il 10%. Nessun elettore di destra, centro e sinistra voleva mai più vedere l’inciucio. Risultato: l’inciucio sotto l’alto patrocinio di un presidente di 88 anni, di cui 60 trascorsi in Parlamento, il più anziano del mondo dopo Shimon Peres (90) e alla pari con Mobutu. E fanno le stesse cose di prima: cioè nulla, a parte cambiar nome alle tasse fingendo di abolirle, regalare soldi alle banche e agli amici degli amici, e annunciare la ripresa “l’anno prossimo”. Così la gente impara e si rassegna: noi elettori siamo un optional, ci danno la libera uscita ogni cinque anni, poi quattro babbioni si riuniscono al Quirinale e decidono il contrario del nostro voto. Se gli elettori Pd, Pdl e Sc potessero decidere la sorte della Cancellieri, l’avrebbero già murata in un grattacielo di Ligresti. Invece Nonno Giorgio e Letta Nipote la difendono e nutrono fiducia perché conta balle, ma “non è indagata”. Come se questo cambiasse qualcosa: i viceministri De Luca e Bubbico sono imputati e restano al governo. Casomai qualche elettore del Pd avesse ancora qualche tentazione di andare a votare, il giovane vecchio di Palazzo Chigi ha fatto sapere che il divorzio-farsa di Alfano&Schifani dal Cainano è un balsamo per il governo: vuoi mettere la figata di avere alleati Angelino&Renato? Intanto gli elettori Pdl s’abbandonano a carnevali di Rio per la riesumazione del cadavere di Forza Italia. Se al prossimo giro andranno a votare in tre, lorsignori si feliciteranno per la sostanziale tenuta delle larghe intese.