Aldo Grasso, Corriere della Sera 19/11/2013, 19 novembre 2013
IL RISCATTO SOCIALE CON GLI SCRITTORI IN TV
Andrea Vianello, direttore di Rai3, in vita sua deve aver sentito troppa Radio3, altrimenti un simile programma sull’editoria non gli sarebbe mai venuto in mente. Come se non ci fossero già troppi aspiranti scrittori. Come se gli scrittori non superassero di gran lunga i lettori. Ma la cultura popolare, con la sua estetica democratica, rompe anche le regole della pubblicazione. E allora via con il manoscritto nel cassetto.
Di fronte a una giuria composta da Massimo De Cataldo, Taiye Selasi e Andrea De Carlo (puro esame di maturità), è andato in scena il riscatto sociale. C’erano l’ex carcerato, l’ex anoressica, l’operaia, il commerciante, la fisioterapista, 5.000 portatori insani di un caso umano, il proprio. Tutti intenti a far sentire, dalle loro pagine, l’odore dei broccoletti, la pietra filosofale della scrittura di Fabio Volo (facilmente intuibile la smorfia di disgusto di De Carlo, che si vanta di non avere il televisore e crede di scrivere meglio di Volo).
Il fatto è che «Masterpiece» è la cosa meno televisiva che si possa mettere in scena: i manoscritti non hanno volto, la lettura dei medesimi è imbarazzante e i tre giudici si prendono troppo sul serio (Rai3, domenica, ore 22.58). Non si pretende cultura, ma un po’ di gestione del linguaggio tv, tipo Maria De Filippi, non guasterebbe. Nondimeno, ci sono stati momenti involontariamente sublimi: quando il vincitore, Lilith Di Rosa, teorizza il «sapore di piscio» (e il cemento?); quando i concorrenti vengono spediti a fare esperienza sul campo in un centro sociale della Falchera e in un vecchio dancing, accompagnati dal coach Massimo Coppola, plumbeo e moraleggiante; quando i finalisti incontrano in ascensore Elisabetta Sgarbi per il pitch (?!?) e restano impauriti; quando scorrono i titoli di coda e si sentono i «veri» scrittori. Peggio degli aspiranti!