V. Ca., Roma, Corriere della Sera 19/11/2013, 19 novembre 2013
MUTI: ERNANI, MA NON SOLO
«Dunque, abbiamo un vecchione, un vecchio e un giovane che aspirano a questa povera fanciulla, Elvira, sbattuta a destra e a sinistra». Con la sua consueta verve e simpatia, Riccardo Muti ha raccontato a una platea di studenti (in platea anche il ministro dei Beni Culturali Massimo Bray) l’Ernani con cui il 27 novembre si inaugura la stagione del Teatro dell’Opera. Quinto titolo verdiano, Muti lo interpretò nel 1983 per l’apertura della Scala con un cast straordinario, Freni, Domingo, Bruson e Ghiaurov. «Ma anche stavolta abbiamo cantanti eccellenti, Ernani si fa poco perché vocalmente è difficile. Verdi ebbe un rapporto importante con la grande letteratura. Qui la fonte è Victor Hugo, che provocò una burrasca per il suo prorompente romanticismo». E ricorda che, con Ernani, Verdi si allontana dal mondo drammatico-oratoriale di Rossini così come dagli orizzonti preromantici di Donizetti e Bellini, «dove l’interesse dell’autore è per uno o due personaggi e l’elemento dominante è l’amore. Qui comincia l’analisi dei vari personaggi, il primo atto anzi è concepito come una passerella dei personaggi, come una serie di quadri, e tutti insieme costituiscono un’azione drammatica più intensa e dinamica del passato».
Muti esplora l’opera che apre la strada al Verdi maggiore, legge lettere del compositore che l’ha accompagnato per tutta la sua vita di musicista, accanto a Mozart («e tra i due c’è una correlazione, la classicità di Verdi nasce da quella di Mozart, della cui musica si cibò insieme con quella di Haydn, Schubert e Beethoven. Verdi, un musicista classico che per decenni si è confuso con un vago mondo verista, il sangue», parla del bicentenario, dell’Inno «che non va toccato, quando sento Fratelli d’Italia il sangue percorre il mio corpo. Immaginatevi Va’ pensiero : quelli che vogliono imporlo dicono rifletta il popolo italiano, quando invece si fa riferimento al popolo che sta al di là dell’Eufrate. Verdi scrive: lento, grave e sottovoce. Ora, pensate a una partita della Nazionale di calcio, con l’arbitro che sentendo il Va’ pensiero dice: Quando finisce ‘sta storia?».
La giornata sulla crisi dell’Opera che si avvia al commissariamento registra tre interventi politici. Gianluca Peciola (Sel): «Il bilancio della gestione è radicalmente negativo»; Luca Giansanti (Lista civica): «Ci vuole un netto segnale di cambiamento nella governance»; Federico Mollicone (Fratelli d’Italia): «La crisi è creata a tavolino per giustificare il commissario, mettere Carlo Fuortes col doppio emolumento come accaduto con Bari arrivando a sommare mezzo milione di indennità è grave». Fuortes precisa che al Petruzzelli percepisce «47 mila euro lordi». Mollicone è il politico che (come presidente della commissione Cultura al tempo di Alemanno sindaco) si mise di traverso sulla cittadinanza onoraria a Muti, che alla fine rinunciò commentando: «Io conosco Morricone, il compositore, non Mollicone».
V. Ca.