Massimo Gaggi, Corriere della Sera 19/11/2013, 19 novembre 2013
WALL STREET DA RECORD A QUOTA 16 MILA PUNTI È LA SOGLIA DELLA BOLLA?
Bolla o non bolla? Con le quotazioni che continuano a salire ormai da anni — e in modo pressoché ininterrotto nelle ultime sei settimane — a Wall Street cominciano a chiederselo con insistenza. Ma per adesso continua a regnare un certo ottimismo e ieri l’indice Dow Jones ha varcato per la prima volta nella storia la soglia dei 16 mila punti, ripiegando poi leggermente in chiusura a 15.976 (comunque un altro record). A un primo sguardo, appare stridente il contrasto tra un mercato borsistico così florido e un’economia reale che, benché più dinamica di quella europea, continua a stentare. Il sistema Usa resta sotto una campana di vetro, tanto che la Federal Reserve ha deciso di continuare a sostenerlo anche al di là di quello che aveva programmato con la sua politica di «denaro facile», il cosiddetto «quantitative easing». Molti politici, soprattutto conservatori, accusano: proprio questa politica ha contribuito a sostenere artificialmente, oltre che l’economia reale e le banche, anche la Borsa e il mercato obbligazionario. La bolla, insomma, sarebbe lì: sgradito sottoprodotto di una strategia concepita a fin di bene, per aiutare la ripresa. Janet Yellen, appena scelta da Barack Obama per succedere a Ben Bernanke alla guida della Banca centrale, però, la pensa diversamente e non si è tirata indietro, la settimana scorsa, davanti ai senatori che la incalzavano durante l’audizione per la conferma parlamentare della sua nomina: «Preoccupazioni giuste, bisogna essere cauti, ma io al momento non vedo segni di una bolla. I prezzi delle azioni sono cresciuti in modo robusto, ma se guardate i fondamentali, i criteri tradizionali di valutazione, vedrete che non siamo in territorio» da allarme rosso. Più che con queste parole, la Yellen ha rassicurato gli operatori quando ha promesso che anche sotto la sua gestione la Fed continuerà ad offrire generosi sostegni monetari all’economia. La «stretta», che prima o poi dovrà comunque arrivare, per adesso slitta all’anno prossimo. Quando arriverà, molti si aspettano una correzione (eufemismo per non dire calo) almeno del 10 per cento. Altri pensano che il mercato assorbirà la botta senza scosse rilevanti. I punti di vista sono diversi anche quando si analizzano i conti delle imprese. I prezzi dell’indice S&P 500 oggi sono pari a 15 volte gli utili attesi da queste aziende nei prossimi 12 mesi. È il multiplo più elevato dal settembre 2009 ad oggi, sottolineano gli esperti di FactSet. Altri analisti replicano che le imprese sono sane e continuano a fare profitti elevati. Tanto allarme, per loro, si spiega solo col fatto che negli ultimi anni l’economia ha subito le conseguenze negative di due bolle: quella tecnologica della fine degli anni 90 e quella immobiliare esplosa nel 2007-2008. Prima di queste due crisi, i multipli delle azioni dello Stock Exchange erano molto più elevati di quelli attuali. A caccia di giudizi autorevoli, ci si rivolge a Robert Shiller, l’economista che denunciò l’«esuberanza irrazionale» dei mercati prima dell’ultima crisi. Ebbene Shiller, fresco di premio Nobel, giudica i prezzi attuali delle azioni abbastanza elevati, ma aggiunge che oggi non si sente di parlare di «irrational exuberance» .