Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  novembre 19 Martedì calendario

LO STRANO CASO DI WALL STREET CHE BRUCIA RECORD MALGRADO LA CRISI


SARÀ una coincidenza: Wall Street batte nuovi record storici nel corso di seduta, nello stesso giorno in cui al Congresso di Washington si dibatte sulla “moneta virtuale” Bitcoin. Per chi teme una nuova bolla speculativa sembra un sinistro presagio. Il boom dei mercati azionari è “di carta”, cioè si regge esclusivamente sull’azione delle banche centrali che pompano liquidità? O c’è dietro una ripresa più solida, che cammina sulle gambe dell’economia reale? Le Borse del mondo intero volano trainate da quella americana, cui si aggiungono i listini di Hong Kong e Shanghai: qualche indizio punta verso un revival della doppia locomotiva Usa-Cina. Durante la seduta di ieri a Wall Street, anche se non in chiusura, il Dow Jones ha sfondato quota 16.000 e lo Standard & Poor’s la soglia dei 1.800 punti. Due record assoluti, senza precedenti nella storia. Solo il Nasdaq ancora non ha battuto il record del marzo 2000, quando si consumarono gli ultimi bagliori della folle euforìa legata alla New Economy, la prima febbre speculativa da Internet.

SIAMO ormai in una fase Toro, cioè un rialzo di lungo periodo, visto che dall’inizio dell’anno l’indice più rappresentativo della Borsa americana (S&P 500) ha guadagnato più del 25%. Se proseguisse la sua corsa fino al 31 dicembre potrebbe battere il record del 1997 quando salì del 31%.
Al primo posto tra i fattori che spiegano l’euforìa, c’è il ruolo della Fed. Una settimana fa la nuova banchiera centrale degli Stati Uniti, Janet Yellen, parlando al Senato è stata chiara: quando prenderà il posto di Bernanke (a gennaio) la sua priorità resterà la lotta alla disoccupazione. Considerata perfino più “colomba” dell’attuale presidente (o più a sinistra, usando una classificazione politica) la Yellen vorrà vedere una crescita irrobustita al punto da far scendere il tasso di disoccupazione dall’attuale 7,3% fino al 6% o anche al 5,5%. Perciò continueranno per un bel po’ – secondo le previsioni – i massicci acquisti di bond sul mercato aperto, con cui la Fed pompa liquidità. Questo è un carburante decisivo per i rialzi delle Borse: tutta quella liquidità va pur investita da qualche parte, e i bond rendono pochissimo. I tassi Usa resteranno inchiodati a quota zero almeno fino al 2015: c’è di che sostenere la corsa del Toro ancora per qualche tempo. Tanto più che la nuova preoccupazione delle banche centrali è la deflazione. Con un rincaro dei prezzi quasi impercettibile (0,9% in Usa e 0,7% in Europa) i banchieri centrali sentono la necessità di “fabbricare” inflazione con ulteriori iniezioni di liquidità e tassi d’interesse ai minimi. Di fronte ai sospetti di una bolla, gli ottimisti reagiscono osservando che fin qui le valutazioni delle società Usa sono nella media storica, 16 volte gli utili. Dietro la Borsa ruggente c’è un capitalismo che vede crescere i profitti. Tra i fattori strutturali che aiutano, c’è lo storico sorpasso della produzione energetica: gli Stati Uniti producono più gas e petrolio domestico di quanto ne importino, e questo fa scendere i costi delle aziende. Buone notizie anche dalla Cina, nell’ottica dei mercati. Il rallentamento della crescita cinese sembra scongiurato, e dall’ultimo Plenum del partito comunista è venuta l’indicazione di nuove liberalizzazioni, un messaggio che piace agli investitori esteri.
Altri aspetti inducono invece allo scetticismo. La ripresa americana è “a due velocità”. Lo confermano i risultati recenti di due colossi della grande distribuzione: deludenti quelli di Wal-Mart, gli ipermercati discount dove fa la spesa l’America del ceto medio; mentre va assai maglio Macy’s, la catena dei grandi magazzini di gamma più elevata. E’ lo specchio di un’economia dove “l’un per cento” è tornato a spiccare il volo, ma la maggioranza della popolazione non ha superato le ristrettezze della crisi. Poi ci sono gli aspetti speculativi: dai superattici di Manhattan che sfondano la soglia storica dei 100 milioni (per appartamento), al proliferare di nuove società della Silicon Valley che attraggono quotazioni stratosferiche senza aver mai realizzato un centesimo di utile. Per non parlare di Bitcoin, la moneta digitale che ieri ha tenuto occupati i senatori, dopo essere stata una curiosità per appassionati. Mentre la Borsa ha preso una pausa di riflessione alla chiusura degli scambi, Bitcoin continuava a salire.