Franco Giubilei, La Stampa 19/11/2013, 19 novembre 2013
HO UCCISO LA MIA COMPAGNA VOGLIO RIMANERE IN CARCERE
Condannato in primo grado a vent’anni per aver ammazzato la sua compagna, Ivan Forte ha preferito restare in prigione, bloccando la richiesta di scarcerazione: «Egregio avvocato, le chiedo di non impugnare la custodia cautelare e, nel caso lo abbia già fatto, di rinunciare - si legge nel telegramma scritto dal detenuto al suo legale, Fabio Lombardi -. Per non turbare la quiete della famiglia Carlini (la madre e il fratello della vittima, ndr) e perché ritengo giusto continuare a scontare la mia pena. Grazie».
La decisione ha preso in contropiede l’avvocato, che stava per chiedere la liberazione del suo assistito, recluso da una decina di giorni nel carcere di Cosenza. Ivan Forte, 29 anni, nell’aprile del 2012 aveva ucciso Tiziana Olivieri, 40 anni, dopo una lite. Era la donna con cui conviveva da un paio d’anni a Rubiera, nel Reggiano, e dalla quale aveva avuto un bambino. Dopo aver dato fuoco alla camera da letto e al cadavere aveva finto di chiedere aiuto ai vicini presentandosi da loro col bimbo di 11 mesi in braccio, per poi confessare tutto ai carabinieri pochi giorni dopo.
Lo scorso maggio il colpo di scena, col giovane rimesso in libertà per un pasticcio burocratico legato al mancato rispetto dei termini per la richiesta di giudizio immediato. A Ivan Forte venne applicato l’obbligo di dimora nell’abitazione dei genitori, a Castrovillari. Il disguido provocò le polemiche, fino al processo con rito abbreviato: il pm ha chiesto l’ergastolo per omicidio aggravato da motivi futili e abbietti oltre che per incendio pluriaggravato, e il giudice ha condannato Forte a 20 anni. L’avvocato Lombardi: «Forte ritiene giusto scontare la pena in carcere, perché fuori non si sentiva in pace. Ha agito in preda a un raptus, una volta rientrato in sé si è reso conto di quello che ha fatto ed è stato preso dal rimorso».
La tesi del raptus sarebbe avvalorata da una perizia di parte compiuta da un genetista, per cui Forte sarebbe affetto da un difetto genetico che lo predispone a un minor controllo degli impulsi aggressivi. Saranno le motivazioni della sentenza a chiarire come si sia stabilita una pena di vent’anni, definita dalla madre di Tiziana Olivieri «una presa in giro». Intanto il legale si dice soddisfatto: «Mi ha fatto molto piacere il telegramma, perché dimostra che la parte civile si è inventata un profilo di Forte che non esisteva. La madre ha testimoniato si aver sentito una telefonata di Forte alla figlia in cui lui la minacciava di morte, ma di quella chiamata nei tabulati non c’è traccia».