Alessandro Barbera, La Stampa 19/11/2013, 19 novembre 2013
RISPARMI SU TUTTO DAI GRANDI APPALTI ALLE CURE TERMALI
C’è un gruppo di lavoro sulle cure termali dei militari, che evidentemente costano più dei benefici che arrecano ai nostri generali. Quello su Aci e Motorizzazione Civile, due enti che da sempre fanno la stessa cosa ma che nessun governo ha mai osato fondere. Alzi la mano chi conosce la differenza che corre fra capitanerie di porto, guardia costiera e autorità portuali: un gruppo si occuperà anche di loro. E ancora: revisione delle centrali appaltanti dei provveditorati alle opere pubbliche (ricordate lo scandalo Balducci?), coordinamento fra militari e forze di polizia, archivi di Stato, scuole di formazione, «razionalizzazione della gestione del servizio intercettazioni telefoniche», «della rete delle prefetture», dell’«attività dei corpi forestali» e del coordinamento di questi ultimi con «Carabinieri, Polizia e Guardia di Finanza». Per capire cosa sia davvero la spesa pubblica italiana, quella che secondo alcuni sarebbe tutto sommato «in linea con la media europea» basta scorrere l’allegato che Carlo Cottarelli ha inserito alle dieci pagine del suo piano di lavoro. Per tentare di venire a capo dei mille rivoli di sprechi l’ex direttore del Fondo monetario ha dovuto costituire otto gruppi trasversali ai centri di spesa «orizzontali» più altri sessantotto (68) «verticali» più specifici e divisi fra Palazzo Chigi, ministeri, Regioni, Province, Comuni.
«Più mobilità»
Uno dei gruppi «orizzontali» si occuperà del terreno vergine della mobilità dei dipendenti pubblici, nella storia imposta solo a militari e prefetti. Il burocratese è incerto, le finalità chiare: si va dall’«esplorazione dei canali di uscita e rivalutazione delle misure sul turnover» all’«armonizzazione del sistema retributivo e contrattualistico».
Le imprese si fan per tre
Alle Infrastrutture qualcuno si occuperà di cercare gli sprechi che si annidano nelle oscure «gestioni governative». La voce «contributi alle imprese» vale trenta miliardi di trasferimenti annui: metà se li prende lo Stato, il resto le Regioni. Nessun contribuente conosce la destinazione di questi denari. Ebbene, per venirne a capo Cottarelli ha deciso di dividere il lavoro in tre gruppi, uno per ciascuno dei ministeri che li governa e li distribuisce: Tesoro, Sviluppo economico, Infrastrutture. L’intoccabile voce «Ferrovie dello Stato» vale ogni anno cinque miliardi di trasferimenti all’azienda: nessuno, al di fuori dei suoi vertici, sa come vengano spesi questi fondi, da soli sufficienti a finanziare una riforma danese degli ammortizzatori sociali. Non c’è ministero che non abbia «enti vigilati» di cui valutare qualità ed efficienza. E poi «enti fiera», «enti di ricerca», «enti lirici». Alla terza pagina della lista ci si arriva sfiancati a immaginare quante tasse se ne vadano in spese che nessuno ha mai davvero monitorato. Basti dire che quando l’allora ministro Passera convinse Monti a iniziare a pagare i cento miliardi di arretrati dello Stato e degli enti locali ai privati, a Grilli servirono settimane solo per censire quanti fossero i centri di spesa autorizzati: 23mila.
Auto blu, niente gruppo
Restano fuori dai gruppi di lavoro di Cottarelli gli organi di rilevanza costituzionale (Camera e Senato, Corte Costituzionale, Banca d’Italia), perché la Carta garantisce a questi enti il potere di far da soli. Restano escluse anche auto blu e consulenze. Curiosa la motivazione addotta nel documento: «Alcuni temi trasversali verranno sviluppati direttamente dal gruppo di base (i dieci collaboratori diretti di Cottarelli) perché non abbastanza complessi da giustificare la creazione di gruppi di lavoro». Il sospetto è che il tema sia troppo sensibile per essere trattato direttamente in enti e ministeri.
«Più tagli se possibile»
È almeno la terza volta che un governo tenta di venire a capo della giungla degli ottocento e più miliardi di spesa italiana, somma di piccoli privilegi, burocrazie inefficienti, governi troppo deboli per imporre cambiamenti veri. Cottarelli ci mette l’entusiasmo di chi questo lavoro l’ha fatto in giro per il mondo e ora è chiamato a ottenere risultati nel suo Paese. A differenza di Saccomanni, che a voce promette due punti di Pil nel prossimo triennio, il documento di Cottarelli si limita a ripetere più o meno le grandezze già indicate dalla legge di Stabilità, quei risparmi che - se non ci saranno - si tramuteranno in un taglio delle agevolazioni fiscali per gli italiani: 3,6 miliardi nel 2015, 8,3 nel 2016, 11,3 nel 2017. Nel documento non c’è traccia nemmeno della volontà di Saccomanni di anticipare all’anno prossimo un po’ di questi risparmi. Dalle sue parole si capisce però che il governo lo ha messo sotto pressione nella speranza di arrivare dove la politica non è mai arrivata: «Contiamo di avere qualche risultato già per la fine di febbraio». Ci riuscirà?
I poteri che la legge istitutiva gli ha garantito sono effettivamente importanti, molto più estesi di quelli che il governo Monti garantì a Enrico Bondi. Ha firmato un contratto triennale al riparo dallo spoil system, potrà disporre ispezioni della Guardia di Finanza, studiare un sistema di incentivi finanziari per premiare gli enti virtuosi, organizzare corsi di formazione per migliorare l’efficienza degli uffici, arrivare fin nell’ultima società comunale, purché non quotata in Borsa. Come un ministro, più di un ministro.
Twitter @alexbarbera