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 2013  novembre 18 Lunedì calendario

MEGLIO UNA FOTO DI UN TWEET


È la vittoria dell’immagine sulla parola. Perché anche così cambiano i social network. Questione di moda, estetica, comunicazione. Oltre che di popolarità. Come dimostra il boom di Instagram, il social network basato sulla condivisione di foto scattate con il cellulare. Ha messo la freccia: questione di giorni, al massimo settimane, e in Italia supererà Twitter. Una progressione fulminante che da noi lo ha fatto crescere — nell’ultimo anno — di circa il 200 per cento sugli smartphone, con una base di utenti che invece sui pc a settembre è stata superiore ai 3,3 milioni di persone. Contro i 3,6 di Twitter.
Ma anche nel resto del mondo la musica è la stessa: Instagram a febbraio contava 100 milioni di utenti, ora diventati 150, contro i 232 del social network creato da Jack Dorsey. Dall’ottobre del 2010, quando è nato, sono state pubblicate 16 miliardi di immagini: un flusso continuo che attualmente tocca le 55 milioni di foto al giorno. E c’è di tutto: dagli autoscatti di Rihanna alle foto dell’artista cinese Ai Weiwei, da quelli di Alessia Marcuzzi alle immagini provocatorie di Takashi Murakami, passando per Yoko Ono, Paul McCartney, Ozzy Osbourne, Fabri Fibra.

Tutti pazzi per questi francobolli simili alle vecchie Polaroid, virati con effetti vintage che ormai ogni smartphone imita e offre. Quegli scatti piacciano a tal punto da aver imposto il loro strano formato perfino alle stampanti di ultima generazione. Nella condivisione online invece la formula è stessa di Twitter, compresi hashtage follower, con la differenza che si basa su un linguaggio molto più universale della parola scritta.
«Non è solo la progressione che colpisce, ma anche e soprattutto il potenziale espresso», nota Andrea Rangone del Politecnico di Milano, che ha scattato la prima “fotografia” della crescita di Instagram in Italia. «E non mi sorprenderebbe se fra qualche tempo cominciasse ad assumere le dimensioni di Facebook». Lo ha capito, il 9 aprile dello scorso anno, lo stesso Mark Zuckerberg: Mister Facebook acquisì quella che all’epoca era un’azienda con 13 dipendenti pagando un miliardo di dollari ai due fondatori: Kevin Systrom, ingegnere informatico di trent’anni e il suo collega brasiliano di 27 anni, Mike Krieger.
Perché non c’è nulla di più facile da capire (e da pubblicare) di una fotografia, in special modo se scattata da un iPhone o da uno dei suoi cugini. Stando alla International Telecommunication Union, due miliardi di persone accedono al Web via telefonino. E questo dà un’idea del bacino potenziale di Instagram. Bacino che si allarga a vista d’occhio, fatto soprattutto di persone giovani, fra i 20 e i 30 anni. Sembra per certi versi la replica di YouTube, frequentato da un pubblico che sfugge ai media tradizionali e i palinsesti se li fa da solo, consumando eroi da seguire in tempo reale a forza di “like”. Quando Instagram contava 100 milioni di persone, parliamo di otto mesi fa, la società di ricerca Pew aveva calcolato che la maggioranza relativa era rappresentata dalla fascia fra i 18 e i 24 anni, seguita a ruota da quella che si spinge fino ai 34 anni. Assieme fanno il 67 per cento degli utenti che salgono all’87 per cento se aggiungiamo chi ha fra i 12 e i 17 anni. Quelli che in Italia, secondo il Censis, nel 60 per cento dei casi possiedono uno smartphone. Ma il bello è che più della metà, il 55 per cento, sono donne. Come dimostra la classifica dei profili più seguiti, quasi tutti al femminile, e gli stessi dati raccolti dal Politecnico di Milano. Instagram, anche qui, è un social network con una quota rosa di maggioranza.
«In Italia Instagram sta diventando di moda ora», conferma Fabio Ciotoli, 27 anni, fondatore di Natrobit, start-up di Ceccano (Frosinone) che ha lanciato nel 2011 l’appTwigram, una delle prime in assoluto che permette di trasformare messaggi di testo in immagini creando di fatto un ponte con Twitter. Idea che è piaciuta, visto che è stata scaricata da tre milioni e mezzo di persone. Subito dopo si è aggiunta InstaTalks, una chat per parlare con chi ti segue o con chi segui e per trovare persone nuove. «Del boom ce ne siamo accorti con i download delle nostre app», continua Ciotoli. «Siamo partiti con gli Stati Uniti e Inghilterra. Poi è arrivata l’Italia, proprio nell’ultimo anno. E ormai Twitter è stato di fatto superato, nel senso che le applicazioni legate a Instagram hanno più utenti».
Ma farsi notare sta diventando sempre più difficile nel mare magnum di immagini che vengono vomitate ogni 24 ore. Il sito Mashable ha compilato una lista dei cliché più in voga e chiunque frequenti Instagram sa quanto immagini del genere siano frequenti. I piedi nudi sulla spiaggia, per esempio, seguiti dalle nuvole, il cibo, i grattacieli visti dal basso, le foto scattate dal finestrino di un aereo, gli auto-ritratti allo specchio, i tramonti. Tanto che adesso cominciano ad andare di moda i monotematici, persone che ritraggono sempre lo stesso soggetto ossessivamente. C’è chi pubblica soltanto oggetti rosa, chi autoritratti con la medesima espressione dipinta in volto, altri che prediligono i nodi delle cravatte, altri ancora che utilizzano un unico filtro, dal bianco e nero e ai tanti retro. Anche se quello più frequente è il “normal”, che non aggiunge nulla all’immagine, perché vengono in genere manipolate prima con applicazioni dedicate. Poi ci sono i tanti trend setter, personaggi legati alla modo al design che lanciano nuove tendenze via Instagram. Volti e nomi poco noti ai più, ma seguiti da decine di migliaia di persone come Hedi Slimane o Cristopher Bastin della Gant o ancora Andy Spade.
La differenza fondamentale con Facebook sta nel fatto che quel che si pubblica sul social network inventato da Zuckerberg lo vedono le persone con le quali si interagisce di più. Instagram invece è più rozzo, ma diretto: l’immagine arriva a tutti. E così le foto, o i video, si diffondono in un batter d’occhio divenendo virali. Già, perché da giugno si possono anche pubblicare brevi video, come su Twitter con l’appVine, mentre si sta sperimentando la formula dei post sponsorizzati per aprire le porte alla pubblicità.
«Su Twitter, almeno da noi, a volte vanno in scena vecchie dinamiche», spiega Stefano Epifani, che insegna Tecnologie della Comunicazione alla Sapienza di Roma. «Nel dibattito politico, tanto per citare il caso più eclatante, i destinatari dei messaggi non sono gli utenti ma i politici stessi. Così come accade sulla carta stampata. Segnali mandati ai propri avversari o alleati che non hanno nulla a che spartire con la volontà di instaurare un dialogo con il cosiddetto popolo del web.
Instagram invece è diverso e certe logiche auto-referenziali non le permette. Ed è forse per questo che piace alle generazioni più giovani». Anche se è meno puntuale di tutti gli altri social network. Le 337 milioni di foto che rientrano nell’hashtag “love” per esempio hanno temi piuttosto vari. Perché il sottotitolo “amore” può andar bene per un panorama come per il ritratto di una persona o di un animale domestico. Ma sono cose che capitano quando dal regno della parola si passa a quello delle immagini e delle infinite possibili interpretazioni.