Ettore Livini, la Repubblica 18/11/2013, 18 novembre 2013
TUTTI GLI AEREI DEGLI SCEICCHI SONO LORO I PADRONI DEI CIELI
I TRE assi pigliatutto dei cieli mondiali colpiscono ancora. Mentre Alitalia rischia il crac, Air France, Lufthansa & C. lottano per tamponare le perdite e le compagnie Usa si fondono per non sparire, il tris d’astri nascenti del settore (Emirates, Etihad e Qatar Airways) ribadisce a suon di miliardi che tutte le strade, quando si parla di aerei, portano al Golfo Persico.
L’ULTIMO schiaffo alle cariatidi del volo è fresco di ieri. Quando le Big Three mediorientali hanno staccato nel giro di poche ore un assegno da 140 miliardi di dollari per ordinare a Boeing e Airbus 322 nuovi aerei con cui contano di spostare definitivamente l’ombelico del mondo aeronautico da Europa e Usa alla penisola arabica.
La carica dei petrodollari volanti è iniziata nello scetticismo generale 15 anni fa. Allora Emirates era una piccola compagnia regionale che iniziava a muovere i suoi primi passi. A Doha, capitale del Qatar, stazionavano solo quattro jet, costosi giocattoli riservati agli emiri locali. Ad Abu Dhabi non esisteva una compagnia di bandiera e l’unica cosa che volava erano i rapaci dei falconieri. Oggi è cambiato tutto. Le famiglie regnanti locali hanno intuito che il trasporto aereo poteva essere il Cavallo di Troia per conquistare il mondo e ridurre la propria dipendenza dagli idrocarburi. E visto che tutti e tre i paesi (chi più chi meno) galleggiano su un tesoro d’oro nero, non hanno badato a spese per realizzare il loro sogno. Come? Comprando aerei come fossero figurine Panini — i soldi a loro non mancano — e costruendo una ragnatela di rotte Est-Ovest il cui unico fil rouge è lo scalo nel Golfo Persico.
La ricetta sta funzionando oltre ogni previsione. Nel lussuosissimo aeroporto di Dubai, base della Emirates, sono passati lo scorso anno 57 milioni di passeggeri, regalandogli il terzo posto nella classifica degli scali mondiali per transiti internazionali. E 50 km più a nord la famiglia Al Maktoum ha quasi completato il nuovo scalo che dal 2017 (prezzo 33 miliardi) sarà in grado di ospitarne 150 milioni l’anno. Etihad, nata appena 10 anni fa, si è vista regalare dai suoi azionisti un aeroporto più grande del Pentagono. Come è successo pure a Qatar Airways.
I rivali europei — in rosso di un miliardo lo scorso anno — e quelli Usa rosicano. Loro sono costretti a ridurre gli spazi tra i sedili per risparmiare, tagliare rotte, servizi di bordo e personale. Le Meb3 (Middle East Big Three) spendono come se non esistesse domani. Nel Golfo, per dire, si sono già trasferiti 150 piloti dell’Alitalia passati dalla cassa integrazione di casa nostra a stipendi da 9mila dollari il mese che raddoppiano con i premi, oltre a benefit come villa con piscina, scuola per i figli e assistenza sanitaria gratuita. Il marchio Emirates e quello Etihad campeggiano sulle magliette di Milan, Arsenal e Manchester City. Non c’è grande torneo di golf o gran premio di Formula 1 che non abbia una sponsorizzazione di Qatar & C.. E il bello è che spendere paga: Emirates ha appena chiuso il primo semestre dell’anno con quasi 500 milioni di profitti e anche le sue due concorrenti nel derby a tre mediorientale sono largamente in nero. I numeri, oltretutto, continuano a crescere in un circolo virtuoso. Il perché, in questo caso, è chiaro: le “top class” delle tre sorelle rivali del Golfo sono, merito dei petrodollari, tra le più lussuose del settore. E i prezzi della classe economy — basta aprire un qualsiasi portale di comparazione di tariffe tra compagnie aeree per verificare — sono spesso i più bassi grazie alle economie di scala e alle bassissime tasse aziendali e aeroportuali degli emirati.
Durerà questa Cuccagna? Il maxi-ordine di ieri suggerirebbe di sì. Il mercato asiatico cresce a ritmi elevati e Emirates, Etihad e Qatar (destinate secondo Boeing a ordinare nei prossimi 20 anni 2.160 nuovi aerei per un valore di 550 miliardi) hanno già messo più di un un piedino anche in Africa anticipando la concorrenza. Le tre aerolinee sembrano però aver scelto tre strategie differenti per garantirsi un domani ricco come l’oggi. Qatar, la più piccola, ha deciso di non essere in grado di far tutto da sé ed è entrata nell’alleanza Oneworld assieme a British Airways, Iberia e American Airlines. Etihad ha iniziato invece una sorta di shopping compulsivo di quote azionarie in altre aerolinee: è entrata in Aer Lingus, Air Berlin, nell’indiana Jet Airways, in Virgin Australia, nella Jat (Serbia) e in Seychelles Airlines. Proprio ieri ha preso il 33% nella svizzera Darwin e in questi giorni sta studiando l’ingresso in Alitalia. Emirates invece tira dritto per la sua strada. Rafforza le rotte — solo da e per l’Italia offre 49 voli alla settimana — e sperimenta nuove strategie come il lancio del nuovo volo tra Milano Malpensa e New York, partito a inizio ottobre, che ha costretto molti dei rivali sulla rotta transatlantica a lanciare forti sconti per contenere l’arrembante offensiva della compagnia del Dubai. Il Golfo-style avanza nei cieli mondiali. I passeggeri, per fortuna, per ora hanno solo da festeggiare.