Emiliano Liuzzi, Il Fatto Quotidiano 18/11/2013, 18 novembre 2013
L’AMBULATORIO DEI RACCOMANDATI
Ci sono quelli che, come il senatore Carlo Giovanardi, arrivano a fare un elogio della spintarella. “Io a Modena”, spiega al Fatto Quotidiano, “ho il mio ambulatorio e più che altro è un ufficio raccomandazioni. Ma non ne vedo lo scandalo. Riesco a dare referenze a chi non ne avrebbe: aiuto il disoccupato e l’eventuale datore di lavoro”. Certo, e mantiene il suo personalissimo bacino elettorale. Non la pensano allo stesso modo le grandi aziende, multinazionali come Ikea e McDonald’s che a causa delle lettere di raccomandazione si trovano sull’orlo di una crisi di nervi. L’Ikea ha risposto pubblicamente all’assessore regionale che mandava le liste da assumere (“facciamo di testa nostra”) e McDonald’s ha risolto la questione con le selezioni di personale in piazza. Come dice al Fatto il direttore delle risorse umane del colosso della ristorazione, Stefano De-dola, esperienze in Galbani, Barilla e da dieci anni manager della multinazionale statunitense. “Per noi la spintarella non esiste. Ci provano, dai politici ai ristoratori, ma abbiamo fatto in modo che non funzioni così: i curricula arrivano on line, le selezioni del personale le facciamo in piazza. Anche perché dobbiamo fare tremila assunzioni nei prossimi tre anni e non abbiamo nessuna voglia di essere additati come quelli che assumono raccomandati. Siccome è già accaduto, salvo poi dover smentire, ci difendiamo dal vizio molto italico con la trasparenza. E cestiniamo la posta riservata alle spintarelle di questo o quello, del potente o dell’amico degli amici”.
Non è esente dalla spintarella l’università. C’è dentro fino al collo, mettiamola così. Un caso su tutti, quello di Maria Rita Lorenzetti, ex presidente Pd della Regione Umbria e allora presidente di Italferr, finita agli arresti per associazione a delinquere e corruzione nell’inchiesta sui lavori del passante Tav di Firenze. Il 3 settembre dello scorso anno Lorenzetti chiama la professoressa Gaia Grossi, ordinaria di Chimica generale all’università di Perugia e suo ex assessore alle Politiche sociali alla Regione Umbria. Comincia così una serrata serie di contatti telefonici. Obiettivo: raccomandare uno studente di Odontoiatria. Giustificazione: deve aprire uno studio a Terni. Il ragazzo deve superare al più presto un esame di patologia generale. E Lorenzetti si prodiga perché questo avvenga senza intoppi e senza troppi se. Ordinaria amministrazione (rossa) almeno dalle parti di Perugia. E non solo, ovviamente: ateneo che cerchi, grande raccomandatore che trovi.
Gaspari, il re d’Abruzzo
Il grande vecchio della raccomandazione in carta bollata portava il nome di Remo Gaspari, zio re’, come lo chiamavano in Abruzzo. “Lo facevo per scopi caritatevoli, senza mai nessun guadagno”, raccontò in una delle ultime interviste. Potente lo era: se Pescara ha un aeroporto lo si deve a Gaspari: un volo al giorno, destinazione Roma. Talvolta era lui unico passeggero. Ma parliamo del passato. Come l’ufficio di piazza San Lorenzo in Lucina, regno di Giulio Andreotti, dove smistava curricula e pizzini a favore dei raccomandati. Per non parlare di Bettino Craxi, grande occupatore di Rai e di tutta quella finanza salottiera della Milano che fu: craxiani, talvolta, lo erano interi consigli d’amministrazione. La Rai era craxiana. Lo erano giornalisti di intere redazioni e inviati poi diventati vicedirettori e direttori, anche in epoca berlusconiana.
In tempi strettamente d’attualità c’è il ministro della Giustizia Annamaria Cancellieri che chiama il Dap per accertarsi delle condizioni in carcere di Giulia Ligresti, figlia del suo grande amico Salvatore, agli arresti anche lui. Non è una raccomandazione per farla scarcerare, così dice Cancellieri e conferma il procuratore capo di Torino, Gian Carlo Caselli. Non è una telefonata usuale, mettiamola così. E la corsa alla raccomandazione non inizia e finisce qui. Ci sono quelle apparentemente più leggere come l’ufficio dell’Alitalia che lavora un giorno sì e l’altro anche perché questo o quello venga ammesso nel club Freccia Alata, sala d’aspetto vip a Fiumicino. “Non avete idea”, racconta una fonte in Alitalia al Fatto, “delle richieste che arrivano. Ogni giorno ne contiamo almeno una decina, tra scritte e fatte al telefono. Una lista infinita. Amici, fidanzate, amanti più o meno ufficiali. E funziona così da una ventina d’anni”. Tutto per un’ora d’attesa tra i potenti e le celebrità. Magari perché la catena di raccomandazioni si trasferisca anche lì, tra un aereo e l’altro. “Ci sono fior di parlamentari che passano intere giornate qui dentro”, racconta un’hostess di terra.
Spintarelle da larghe intese
Uno spazio, quello dell’attività di pressione, che viaggia anche ai tempi delle larghe intese. Come per Freccia Alata il viaggio verso Vedrò è ambito. Lì, dentro al think tank voluto da Enrico Letta e l’amico di sempre, Filippo Andreatta, grande addetto allo smistamento, abita mezzo governo e non da marzo, ma da molto prima. É lì che è nato l’amore bipartisan tra Francesco Boccia e Nunzia De Girolamo. Amici influenti di Vedrò sono Angelino Alfano, Anna Maria Bernini, Giovanna Melandri, Maurizio Lupi, Marianna Madia, Laura Ravetto e Flavio Tosi. Un incrocio che abbraccia tutto l’arco politico istituzionale. Non propriamente raccomandazioni - anche se di attività di lobbying si parla.
Se parliamo di raccomandazioni, invece, vengono in mente Gaspari e Craxi, vero. Ma anche Fini e una pletora di berlusconisti. Berlusconi, appunto. Lui, in tempi recenti, non disdegnava occhio di riguardo anche per questioni molto meno fondamentali: agli atti del processo Tarantini si parla di molte raccomandazioni riguardo la partecipazione delle ragazze ad alcuni programmi televisivi, e persino di quanto accadeva in quei programmi televisivi. Berlusconi a un certo punto si lamenta del fatto che Barbara Guerra sia andata in nomination nel reality show La fattoria. “Mi sono arrabbiato perché… questi… questi delinquenti di autori hanno… adesso sono intervenuto e se la fanno uscire… poi… fanno uno sgarbo a me insomma". Sempre Berlusconi, in alcune intercettazioni, parla al telefono con Belén Rodriguez e le fa sapere di avere fatto pressioni perché fosse scelta per condurre Scherzi a parte. Più complicato il giro strettamente politico e mediatico che aveva stretto Berlusconi. Anche perché era diviso tra amici di bagordi e quelli cresciuti con lui. Memorabile la foto scattata alle Bermuda, nella villa del Cavaliere: c’erano il gruppo dei fedelissimi: Fedele Confalonieri. Adriano Galliani, Marcello Dell’Utri, Carlo Bernasconi. Ognuno portava in dote a Berlusconi uno dei suoi amici degli amici. Il secondo anello, era formato da Gianni Letta, Paolo Bonaiuti, Antonio Tajani. E un gradino più i basso Emilio Fede. Lo stesso Fede (ai tempi della Rai lo chiamavano sciupone l’africano per via delle note spese inviate dalle trasferte in Africa appunto) che ritroveremo ad Arcore, nelle feste con le olgettine. Ma a vario titolo ci sono passati tutti. Re Silvio badava a riempire i format televisivi con le amiche che si alternavano nelle sue serate a tema Bunga Bunga. C’era Nicole Minetti, il clan delle olgettine, l’ape regina, e via via a scendere, fino alle ballerine del Billionaire. Nella prima indagine Vallettopoli finisce anche l’attuale moglie di Briatore, Elisabetta Gregoraci. Durante un’interrogatorio ammette di aver più volte incontrato l’allora portavoce di Gianfranco Fini, Salvatore Sottile, che doveva procurarle ruoli da valletta. Incontri avvenuti alla Farnesina. Restano ammissioni della Gregoraci in fase di interrogatorio, ma nessun reato se non quello di peculato nei confronti di Sottile per l’utilizzo dell’auto blu che serviva a far accompagnare la Gregoraci alla Farnesina.
Belen, Minetti e cognati italici
Parlare di Fini porta alla memoria il caso del cognato più famoso della destra italiana, Giancarlo Tulliani, fratello di Elisabetta, la signora Fini. Tulliani destinatario di appalti da mamma Rai, oltre che dell’immobile di Montecarlo, aveva un referente a viale Mazzini in Guido Paglia, messo lì, dicevano i maligni, da Fini. Storie che la raccontano lunga sull’Italia della spintarella.
Spintarella che ha cambiato la ragione sociale, un po’ per via del berlusconismo, fatto di lustrini e gambe mozzafiato, un po’ per via della crisi. Ma che resiste. Bipartisan. Pd come ex Pdl.