Cristiano Tinazzi, Il Messaggero 18/11/2013, 18 novembre 2013
SCONTRI E RAPIMENTI, LA LIBIA NEL CAOS
LA CRISI
Libia completamente nel caos dopo che a Tripoli è divampata una guerriglia che ha visto gruppi armati di Misurata prima sparare contro una manifestazione di civili che chiedevano il ristabilimento della legalità, poi combattere contro altre milizie. Il bilancio degli scontri divampati da ormai più di tre giorni è grave: oltre quaranta i morti e più di quattrocento i feriti. Sono stati proclamati tre giorni di sciopero generale in onore dei dimostranti uccisi. Nell’annunciare la misura per «piangere i figli della Libia» il consiglio comunale della capitale ha chiesto «a tutti di mantenere la calma ed esercitare l’autocontrollo per preservare l’unità nazionale ed evitare la rivolta». Il premier Ali Zeidan ha intimato alle milizie di lasciare la capitale: «Nessuna forza deve cercare di entrare nella città perché la situazione è molto tesa e si potrebbe avere un’ulteriore escalation». Parole inascoltate. I miliziani di Souq el Jumaa, quartiere periferico ad est di Tripoli coinvolto negli scontri, si trovavano ieri nella base dell’aeroporto di Mitiqa «pronti a difenderlo ad ogni costo dall’attacco di quelli di Misurata»; così ha riferito un membro del Supreme Security Committee, forza di polizia governativa. «Non stiamo combattendo, ci stiamo solo difendendo», ha aggiunto l’ufficiale.
LA BASE CONTESA
Intanto, il numero due dell’intelligence libica, Mustafa Noah, è stato rapito all’aeroporto di Tripoli dopo essere atterrato con un volo proveniente dalla Turchia. Noah, capo dell’unità di spionaggio, mentre lasciava lo scalo senza la protezione di guardie del corpo, è stato trascinato dentro una macchina e portato via. Pesanti scontri armati sono scoppiati anche nella zona di Tajoura, sempre a est di Tripoli. Almeno tre i morti e venticinque i feriti dopo che la base del “Battaglione 101”, filogovernativo, è stata attaccata e presa da combattenti provenienti da Misurata. Il comandante della brigata, Mukhtar Herna, ha ammesso la perdita di armi e veicoli. Un contrattacco ha poi permesso di riconquistare la base. Quello che sta avvenendo pare essere un regolamento di conti tra milizie di Tripoli e quelle di Misurata, ma la posta in gioco è molto più alta, ovvero il controllo della capitale perché chi controlla la capitale controlla il resto del paese. In tutto questo il governo e le sue forze armate sembrano completamente impreparate a gestire la situazione: anche il ministero della Giustizia è stato occupato da elementi della brigata Misurata.
IL PETROLIO
Nel caos che sconvolge la nuova Libia, una notizia positiva per gli interessi italiani: il terminal Eni di Mellitah, epicentro nei giorni scorsi di manifestazioni di gruppi berberi e di uno stop alla produzione e fornitura di gas verso l’Italia, è stato riaperto. L’Eni non conferma né smentisce anche se la National Oil Company libica ha invece dichiarato che l’impianto ieri è tornato parzialmente in funzione. Non desta comunque particolare preoccupazione per l’azienda italiana la situazione nel paese africano. «Non abbiamo problemi di approvvigionamento», riferisce il portavoce Roberto Albini. «D’altronde durante la guerra del 2011 l’impianto è rimasto chiuso per mesi e questo non ha comportato problemi di rifornimenti all’Italia».