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 2013  novembre 18 Lunedì calendario

“NON VOLEVO CERTO LANCIARE UN MESSAGGIO DI PACE”


Si chiama Nina De Chiffre, vive a Milano, ha 20 anni, studia e lavora. È lei la manifestante No Tav che sabato pomeriggio, durante il corteo in val di Susa, è stata fotografata mentre baciava il casco di un poliziotto in tenuta antisommossa. «Ci sono due cose che vorrei subito chiarire – puntualizza lo giovane attivista, militante del collettivo meneghino Remake -. Quella foto non è stata assolutamente organizzata ad arte, come molti hanno insinuato. Il fotografo ha solamente avuto fortuna. Ma soprattutto: il mio intento non era quello di lanciare un messaggio di pace alle forze dell’ordine. Al contrario: volevo ridicolizzare i poliziotti. Volevo metterli in imbarazzo: volevo prenderli in giro. Direi che ci sono riuscita».

Come è avvenuto l’episodio?
«È molto semplice. Stavamo marciando in corteo, quando improvvisamente ci siamo trovati di fronte questo schieramento di polizia. Gli agenti in tenuta antisommossa, per regolamento, non possono reagire ad alcuno stimolo proveniente dai manifestanti. Così mi sono avvicinata con la mani in alto. Ho visto un giovane agente – avrà avuto 20 anni – e ho iniziato a provocarlo. Prima gli ho leccato il casco, poi gliel’ho baciato. Infine ho infilato le mie dita nelle sue labbra, ma in quel momento è intervenuto un suo superiore che mi ha allontanato».
Cosa hai visto negli occhi dell’agente?
«Il panico, solo il panico: non sapeva come reagire. Ed era quello che volevo».
Perché accanirsi in questo modo?
«Ecco, ho pensato a Marta, una ragazza No Tav di Pisa che a luglio di quest’anno è stata picchiata e molestata dalle forze dell’ordine durante uno scontro in val di Susa. Intendo dire: molestata sessualmente, da uomini in divisa. Perciò ho voluto provocare quel giovane agente: è stato il mio modo di reagire a ciò che è successo a Marta. Ho utilizzato due sole armi: l’ironia e il grottesco».
Ieri eri sulle prime pagine di tutti i giornali.
«Lo so. Quello che mi dispiace è che il vero intento del mio gesto – la provocazione – non sia stato colto quasi da nessuno».
Cosa vorresti dire al quel giovane poliziotto?
«Gli direi: so che sei molto giovane. Probabilmente, come tutti noi, anche tu soffri la crisi: è per questo, forse, che hai indossato quella divisa. Una scelta che ti ha portato a schierarti dalla parte del potere, e io non posso né comprenderla né condividerla».
Rifaresti quel gesto?
«Ovviamente sì».