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 2013  novembre 17 Domenica calendario

I PRIMI SCOGLI DEL NUOVO CENTRODESTRA: I SOLDI E IL MURO DEL 4%


Primo obiettivo: il 4%. Secondo: la pecunia. Appena imboccata la sua strada, Angelino Alfano si trova già davanti due ostacoli grandi così: la soglia di sbarramento delle Europee, che saranno il battesimo delle urne per il Nuovo Centrodestra. E le risorse per mettere in piedi un partito da zero. La prima meta è cruciale per l’ex segretario del Pdl, che ieri ha annunciato: «Correrò da solo alle Europee senza paura». Eppure dovrebbe avere una fifa matta, perché lo sbarramento al 4% è una soglia dolomitica per un partito neonato. Invece, il vicepremier punta a «un’ottima affermazione». A farlo sentire «molto ottimista, confortato e speranzoso» sono «tutte le mail, i messaggi e le lettere di adesione ricevute in sole 24 ore». Già che c’era, ha anticipato «l’arrivo di tantissime adesioni di esponenti delle istituzioni». Intanto, è arrivato Alberto Magnolfi, che si è dimesso da presidente del gruppo Pdl in Toscana. E molto probabilmente arriveranno anche gli udiccini, a loro volta reduci dalla scissione da Scelta Civica. Il ministro Mario Mauro ha escluso qualunque asse con Alfano in versione “Ppe italiano”, se prima il Ncd non rompe ogni rapporto con Berlusconi. Ma è presumibile che gli ex montiani e gli alfaniani faranno squadra il 25 maggio 2014 per superare il 4%, altrimenti proibitivo per ognuno. Soprattutto per Pier Ferdinando Casini. E si cominciano già a cogliere i barlumi di una futura alleanza. Guarda caso, sabato prossimo, al Teatro Brancaccio di Roma, si terrà l’assemblea «Popolare per l’Italia», «nuovo soggetto politico per dare vita alla casa dei moderati», recita l’sms diramato alla stampa dal segretario dell’Udc, Lorenzo Cesa. Alfano tiene a sottolineare la vocazione bipolare del Ncd, per sgomberare il campo dalle accuse di neocentrismo. Ma «la porta è aperta a tutti», tiene a far sapere Roberto Formigoni. «Dialogheremo con tutte le forze del centrodestra, anche con i Fratelli d’Italia e la Lega», allarga il raggio il ministro Gaetano Quagliariello. «La nostra prospettiva è una nuova Casa delle libertà con la novità delle primarie di coalizione», sintetizza Sergio Pizzolante.
Ma gli alfaniani devono fare i conti con un patrimonio che Alfano non ha più, quello del Pdl («ho consegnato tutte le competenze ad altri»), e con uno nuovo, quello del Ncd, ora a zero. «Non abbiamo forza economica e risorse, ma abbiamo la forza delle nostre idee», si rincuora Alfano. Andrea Augello, invece, si consola così: «Non abbiamo un euro, non avremo più i rimborsi elettorali,ma neppure i debiti del Pdl». Mancano anche il logo e l’inno. Non c’è neanche la sede. Per ora Alfano ha solo tanti senatori, passati dal 2 ottobre a oggi da 23 a 30, abbastanza deputati, cresciuti da 25 a 27, e 9 europarlamentari. Ma soprattutto ha il governo, che resta la sua fortezza. Anche se non è per questo che dice di aver rotto con Berlusconi. Nell’ultimo drammatico faccia a faccia a Grazioli, raccontano le colombe, Alfano ha detto a Berlusconi: «Su una cosa hanno ragione i lealisti: se ritroviamo l’unità, c’è bisogno di un rimpasto al governo». Quindi, ha offerto il suo duplice mandato (vicepremier e capo del Viminale) a Berlusconi. Lo stesso hanno fatto Quagliariello e la titolare della Salute, Beatrice Lorenzin. Tutti e tre si sono detti pronti a scarificare le loro poltrone governative sull’altare dell’unità. Berlusconi li ha ascoltati in silenzio.