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 2013  novembre 17 Domenica calendario

KENNEDY, MEZZO SECOLO DOPO, LA LEGGENDA RESTA INTATTA


A cinquant’anni di distanza, la leggenda di JFK è intatta. Non che siano mancate, nel corso dell’ultimo mezzo secolo, le rivelazioni, i ripensamenti e le critiche. L’autopsia permanente sul corpo - pubblico e privato - del 35esimo presidente degli Stati Uniti ne ha svelato tutte le debolezze. Da un lato, il fiasco della baia dei Porci, l’avvio della guerra del Vietnam, la politica fiscale che ha gettato le basi del deficit di bilancio, la legislazione sui diritti civili ardentemente promossa, ma bloccata dal Congresso (e che lì sarebbe probabilmente rimasta, se Lyndon Johnson non l’avesse in seguito riesumata). Dall’altro, i loschi affari del padre, i problemi di salute e le medicine, la compulsione sessuale illustrata da mille aneddoti uno più scabroso dell’altro.

L’EPOPEA
Eppure, l’epopea di Kennedy resiste a ogni assalto. Anzi, come tutti i miti contemporanei, si nutre perfino delle stroncature e delle calunnie per accrescere il proprio potere di attrazione. I tre quarti degli americani non hanno mai conosciuto JFK: avevano meno di cinque anni - o non erano nati - quando il presidente è stato ucciso a Dallas. Ciononostante, il suo sorriso un po’ tirato continua a far vendere giornali, libri, film. E la sua figura continua ad ispirare vocazioni politiche, da Schwarzenegger a Obama.

STAR SYSTEM
Il fatto è che Kennedy è stato il primo uomo politico a uscire dalla dimensione del governo per fare il suo ingresso nello star-system. Prima di lui, i leader rimanevano confinati nella sfera politica. Il loro corpo, i loro gusti, il loro stile di vita non importavano. Perfino il carisma contava solo fino a un certo punto. Ai governanti, la maggior parte degli elettori chiedeva cose concrete: soluzioni ai problemi quotidiani, prospettive di sviluppo, protezione dai rischi. E i media si limitavano a riprodurre la parola ufficiale, senza che nessuno sentisse il bisogno di spiare dal buco della serratura.

LO SCHEMA
Fin dai suoi primi passi in politica, JFK ha cambiato schema. «Superman sbarca al supermercato» è la sintesi bruciante di Norman Mailer, che descriveva in questi termini il segreto del candidato alla convention democratica del 1960: «Nonostante la sua esperienza - la sua buona, equilibrata, convenzionale carriera da liberal - questo candidato ha una patina dell’altra vita, la seconda vita americana, la lunga notte elettrica con i fuochi al neon che conducono lungo l’autostrada verso il mormorio del jazz».

L’OTTIMISMO
In pratica, JFK avrà pure un piede piantato nel mondo adulto e razionale dell’amministrazione. Ma l’altro - dice Mailer - è più vicino al glamour dello spettacolo. Ed è questa seconda dimensione che gli dà una marcia in più, rispetto al grigiore di Nixon (ma anche dei tradizionali capibastone del partito democratico).
L’espressione telegenica e la moglie francese, le regate a Cape Cod e le formule a effetto: tutti gli elementi che convincono gli americani - abituati da sempre ad eleggere un padre alla Casa Bianca - ad affidarsi per la prima volta a un figlio.
Dietro, naturalmente, c’è l’effervescenza di una fase unica della storia occidentale. L’ottimismo degli anni del boom che poteva indurre anche i più cauti a scommettere sul futuro. E la visione culturale e politica di Kennedy che - dalla rivoluzione dei diritti civili alla conquista dello spazio - appariva in perfetta sintonia con quel progresso senza limiti.
Questa nostalgia del futuro spiega una parte del fascino che JFK continua ad esercitare su di noi.
In tempi di crisi, quando le scelte politiche appaiono motivate più dalla paura che dall’ambizione, l’idea di un’epoca nella quale la politica si proiettava coraggiosamente nell’avvenire ha di che far sognare. Checché ne dicano i suoi ammiratori, però, il mito di Kennedy non è legato né a soluzioni, né tantomeno a opere concrete.

L’ELEGANZA
Al contrario, il suo avvento ha segnato il momento nel quale i politici hanno smesso di essere giudicati sulla base dei risultati, per cominciare ad essere valutati soprattutto in base allo stile e alla capacità comunicativa.
Con la sua grazia e la sua eleganza, JFK è il leader che ha traghettato l’occidente dalla politica intesa come governo alla politica intesa come intrattenimento.