Vittorio Lingiardi; Agnese Grieco, Il Sole 24 Ore 17/11/2013, 17 novembre 2013
INTERPRETARE SCHNITZLER
Che cosa è un diario dei sogni? E, soprattutto, come leggerlo? Libro-palinsesto, testo-laboratorio, cangiante e unico, di sincerità biografica persino dolorosa e al tempo stesso di anarchica bizzaria immaginifica, Sogni invita il suo lettore a trovare, e all’occorrenza inventare, il proprio percorso. Appunti che riflettono lo sforzo di fermare le volatili immagini notturne. Lampeggiano affondi di teoria della conoscenza, mentre i sogni dialogano, già in maniera critica, con la nascente Traumdeutung freudiana. Sogni profetici, dunque, se oggi è proprio la psicoanalisi, deposto gran parte dell’armamentario interpretativo, a voler incontrare, portandolo in seduta, il narratore che è all’opera nei sogni.
La relazione tra Schnitzler e Freud, puntiforme e per lo più epistolare, è fondamentale per capire il delicato intreccio tra le loro vite e le loro opere. Entrambi ebrei, medici, colpiti dalla morte di una figlia, per descrivere il loro rapporto potremmo usare una riflessione che lo scrittore dedica al matrimonio: «Due persone che vogliono comprendersi fino in fondo sono proprio come due specchi che, posti uno di fronte all’altro, si rimandano le loro stesse immagini all’infinito e sempre più da lontano, come in preda a una curiosità disperata, finché esse svaniscono nel grigiore di una terribile lontananza». Con malinconia e inconsueta timidezza, Freud rivela a Schnitzler di sentirsi affetto da Doppelgangerscheu, la paura del doppio. Non solo: «spesso mi sono chiesto con stupore dove Lei potesse attingere questa o quella segreta conoscenza, che io ho acquisito con la faticosa ricerca sul campo, e sono infine giunto a invidiare il poeta che altrimenti ammiro».
Schnitzler conosce e apprezza l’opera di Freud, ma (come Rilke, Musil, Svevo) mantiene un atteggiamento di ambivalenza critica, spesso tagliente. Compresi gli sfottò: «Annuncio da un giornale psicoanalitico. Giovane elegante, possessore di mille milioni e di un complesso edipico modesto, ma suscettibile di sviluppo, cerca rispettabilissima conoscenza con infanticida in erba, a scopo gite nell’inconscio, e all’occasione anche nel conscio».
Tutt’altro che dilettantesche (era stato assistente di Charcot – su vita e opere di Schnitzler si leggano gli indispensabili contributi di Farese e Reitani), le sue opinioni sono semmai lungimiranti: critica i meccanicismi interpretativi e le generalizzazioni, ridimensiona la portata del complesso edipico, teme lo scarso rigore empirico. A Bion, più che a Freud, dobbiamo rivolgerci per sintonizzarci col mondo onirico schnitzleriano. Per cogliere la differenza tra Traumdeutung e Traumnovelle, sogno come materiale cifrato da rivelare e sogno come laboratorio immaginifico da raccontare. Da qui l’amore, corrisposto, del cinema per Schnitzler.
Le donne e le loro sessualità sono un altro argomento che separa Schnitzler da Freud: «Tra i due esploratori dell’inconscio – scrive Kandel (L’età dell’inconscio) – Schnitzler si sarebbe dimostrato il miglior psicologo del profondo delle donne». Basta avvicinare Signorina Else e il Caso di Dora. Del desiderio femminile Freud ammette di capire e sapere ben poco. Schnitzler ne scrive come se «sapesse». Del resto, per lui l’inconscio è «un territorio molto esteso» in cui ci sono «più interruzioni e intrichi di strade di quanto gli psicoanalisti sospettino».