Antonella Olivieri, Il Sole 24 Ore 17/11/2013, 17 novembre 2013
RCS CON LE CESSIONI IMMOBILIARI CENTRA I TARGET SUL DEBITO
La cessione dell’edificio di via Solferino, sede storica del Corriere della Sera, ha suscitato contrarietà e polemiche, non solo tra i giornalisti della testata, ma anche tra i consiglieri e qualche azionista di peso. Era proprio necessario sacrificare alle logiche finanziarie un luogo-simbolo della cultura meneghina? Tanto più che i problemi di indebitamento derivano da scelte manageriali sbagliate fatte nel passato. In sé, però, l’operazione ha una sua logica, come spiega il cfo del gruppo, Riccardo Taranto, una logica che, inserita nel contesto, permette di avvicinarsi, in anticipo di un anno, ai covenants del finanziamento rinegoziato solo pochi mesi fa. Da questa prospettiva, verrebbe da dire che il "vizio" è a monte perché non si è riusciti ad andare oltre i 400 milioni di ricapitalizzazione e le banche, nel ristrutturare il debito, non hanno fatto sconti.
Quali sono dunque le condizioni della controversa cessione immobiliare? La transazione con Blackstone, del controvalore di 120 milioni, riguarda tutto il complesso Solferino-Balzan-San Marco. Da qui a fine anno Rcs dovrà provvedere, ai fini catastali, a suddividere la proprietà in tre parti. Per il primo blocco, la sede del Corriere di via Solferino, è stato concordato un prezzo di 30 milioni. Il secondo blocco, i 16mila mq di via San Marco sul totale di 25mila, vale 66 milioni. Il terzo, via Balzan, sarà ceduto a 24 milioni. Parallelamente sono stati negoziati contratti di affitto. Per il primo e il terzo blocco, che si prevede di utilizzare per un periodo prolungato, il canone è, rispettivamente, di 2 e 1,7 milioni annui su una durata di 9 anni, rinnovabile per altri sei. Sul secondo, il contratto d’affitto, 6,1 milioni annui, ha durata di sei anni, ma con facoltà di recesso da parte di Rcs dopo due anni, senza modifica delle altre condizioni concordate. Su Solferino esiste inoltre un diritto di prelazione da parte di Rcs nel caso in cui Blackstone, che ha comunque un vincolo di lock-up di un anno, decida di vendere a un terzo soggetto. I contratti definitivi saranno finalizzati «entro fine anno», precisa Taranto, per i blocchi 2 e 3, mentre su Solferino, vincolato su richiesta della Soprintendenza Beni architettonici, dovranno trascorrere 60 giorni entro cui gli enti interessati, a partire dal Ministero fino agli enti locali, potranno esercitare la prelazione.
Perché inserire nel pacchetto anche la sede del Corriere che ci si era impegnati a non cedere? «La verità è che ci sono arrivate tutte offerte di acquisto, nessuna esclusa, vincolate al riaffitto – spiega Taranto – Avevamo l’esigenza di ottimizzare gli spazi in relazione anche a quelli di via Rizzoli, e abbiamo quindi deciso di inserire via Solferino con un contratto lungo per poter accorciare la durata dell’affitto di San Marco». Ma non sono un po’ pochi 120 milioni, quando solo per il complesso di via San Marco circolavano stime di 250-300 milioni e quando solo pochi anni fa sono stati spesi quasi 80 milioni per ristrutturazioni? «Intanto, si parla di spese effettuate negli anni 2003-2006, che comunque sono servite a valorizzare gli immobili. Ma il fatto è che oggi a Milano, nella zona centrale, c’è un eccesso di uffici sfitti: il valore commerciale è un conto, il valore realizzabile è un altro perché dipende dalla capacità dell’immobile di produrre reddito e, nel nostro caso, anche dal vincolo sull’utilizzo del palazzo storico», osserva Taranto. Perché allora vendere ai minimi? Secondo il management Rcs, non ci sono in realtà indicazioni che i prezzi possano risalire a breve e poi, sottolinea il direttore finanziario, «la cessione va contestualizzata all’interno del piano approvato a marzo del quale fanno parte aumento di capitale e ristrutturazione del debito». Con la cessione di Dada (58 milioni) e quella in corso del complesso immobiliare «si arriva a quasi 180 milioni sui 250 milioni che sono il target a fine 2014 e che confermiamo di poter raggiungere». Con le cessioni già definite, la linea di credito "bullet" da 225 milioni originari scenderà a 100 residui e l’alleggerimento degli oneri finanziari sarà dell’ordine di 5,5 milioni all’anno, fa notare Taranto. «Anche di questo si deve tener conto, se si mettono sull’altro piatto della bilancia gli affitti, che per i primi due anni sono di circa 10 milioni, ma dopo potranno scendere a circa 4 milioni, oltre a essere interamente deducibili a partire dal primo anno». I 120 milioni di incasso, rileva inoltre il cfo di Rcs, sono «esattamente in linea con quanto avevamo previsto di realizzare» sulla proprietà immobiliare che nel bilancio consolidato è in carico per circa 80 milioni.
«Siamo, insomma, esattamente in linea con le previsioni del piano – sottolinea Taranto – A fine anno avremo un indebitamento finanziario netto inferiore ai 500 milioni e potremo concentrarci sull’obiettivo di aumentare l’Ebitda fino a 150 milioni a fine triennio. Centrando il target di redditività, con il rientro del debito già realizzato saremmo vicini al rapporto net debt/Ebitda di 3,5 volte che puntiamo a raggiungere a fine periodo. E per quest’anno confermiamo che realizzeremo un margine Mol compreso tra il 2 e il 3% dei ricavi». Ma soprattutto – tiene a dire il cfo di Rcs – tutte le azioni intraprese sono finalizzate a garantire stabilità al gruppo nel tempo. «Rcs – sottolinea Taranto – ha asset molto importanti per il Paese: teniamo molto a che mantengano l’indipendenza. E per mantenere l’indipendenza occorre preservare l’equilibrio finanziario e la solidità del gruppo».