Paolo Valentino, La Lettura, Corriere della Sera 17/11/2013, 17 novembre 2013
QUEL CÉZANNE È SOLO MIO
Il signor Ryoei Saito acquistò il Ritratto del dottor Gachet di Vincent Van Gogh il 15 maggio 1990 all’asta primaverile di Christie’s a New York per la cifra di 82,5 milioni di dollari, la più alta mai spesa fino a quel momento per un’opera d’arte. Due giorni dopo l’industriale giapponese, che per pagare avrebbe usato un prestito bancario garantito dal suo impero immobiliare, fece un altro colpo, questa volta da Sotheby’s, assicurandosi per 78,1 milioni di dollari anche Au Moulin de la Galette di Pierre Auguste Renoir. I quadri vennero spediti in Giappone, dove, avvolti nel cotone e deposti in speciali scatole a chiusura ermetica, vennero trasferiti in un deposito di massima sicurezza. Quasi un anno dopo, in una celebre conferenza stampa, Saito rivelò al mondo di essere lui l’acquirente dei due capolavori impressionisti. E fra le altre cose, disse che li amava a tal punto da voler essere cremato insieme a loro dopo la sua morte.
Il signor Saito, non prima di essere stato condannato per concussione, è morto nel 1996. Da allora nessuno ha più visto, né avuto notizie verificabili dei due dipinti. Sono centinaia le opere d’arte, soprattutto impressioniste e moderne, letteralmente scomparse dalla pubblica vista dopo l’acquisto da parte di privati. Parliamo di grandi capolavori, patrimonio della cultura universale, non più rintracciabili e mai più riapparsi sia pur brevemente in alcuna mostra o allestimento. È una schiera sicuramente destinata a ingrossarsi, dopo le aste newyorkesi della scorsa settimana che hanno battuto centinaia di opere, totalizzato incassi nell’ordine di miliardi di dollari: rivedremo mai più, per esempio, la scultura Testa di Diego di Alberto Giacometti, venduta alla cifra record di 50 milioni di dollari? E più in generale, potranno mai milioni di persone nel mondo provare nuovamente l’emozione di osservare dal vivo le tante opere di Picasso, Monet, Cézanne, Gauguin e Kandinskij che popolano questo virtuale museo dei desaparecidos?
Non sono solo interrogativi retorici. Da quando, nel maggio 2004, sempre da Sotheby’s a New York, un anonimo offerente comprò per 104,2 milioni di dollari il Garcon à la pipe , straordinaria tela di Pablo Picasso del periodo blu, nessuno ne ha più saputo nulla. Lo ha comprato Guido Barilla, come vogliono i rumor del mercato, alimentati anche dal silenzio dell’interessato? Ed è stato lo stesso industriale emiliano, come vuole un’altra voce ricorrente, ad acquistare proprio da Saito o dai creditori dopo la sua caduta anche il Ritratto del dottor Gachet ? Identificare l’acquirente è un punto in fondo marginale. Qui interessa soprattutto cercare di capire se rivedremo mai queste opere e se la loro alienazione non ci renda tutti più poveri.
Un dilemma che si complica, diventando più complesso e quasi irrisolvibile per le troppe torsioni storiche e morali, di fronte all’incredibile ritrovamento a Monaco di Baviera degli oltre 1.500 capolavori del Novecento, in buona parte probabilmente sottratti dai nazisti agli originari proprietari o svenduti forzatamente da famiglie ebraiche in fuga, assiepati nell’appartamento di un ottuagenario. Saranno mai restituiti agli eredi? E stanno facendo abbastanza le autorità tedesche per rintracciarli, ovvero puntano segretamente ad acquisirne quanti più possibile per i loro musei? E non sarebbe in fondo una perdita per la collettività se, restituiti, finissero per essere venduti e sparissero anche loro, questa volta per sempre, dalla visione del pubblico? Quando nel 2006 uno dei quadri della serie di Ludwig Kirchner, Scene di strada berlinese , venne restituito dal Brücke Museum agli eredi legittimi, fu subito messo all’asta, battuto per 38 milioni di dollari, e nessuno lo vide più.
Eppure, secondo molti esperti, l’arte non sparisce mai per sempre. «Quello del capolavoro scomparso è un mito. A meno che non sia stato distrutto, incenerito come vagheggiava Saito, prima o poi ricompare», dice Nicholas MacLean, dell’omonima galleria londinese. Quando muore un collezionista, spiega, gli eredi devono dapprima vendere per pagare le tasse di successione e non sempre passano attraverso le aste, che danno il massimo di pubblicità. È possibile, in altre parole, che il Dottor Gachet sia passato discretamente per trattativa diretta da un collezionista privato a un altro: «Prima o poi qualcuno deciderà di metterlo in mostra, magari in un museo che si è costruito da sé». Chi deve sapere comunque sa.
C’è una gara discreta e feroce in corso nel modo dei collezionisti per assicurarsi la collezione di Marc Rich, il finanziere americano condannato per evasione fiscale e poi graziato nel 2001 da Bill Clinton, di cui era stato grande finanziatore. Rich è morto qualche mese fa, lasciandosi dietro uno scrigno pieno, fra le altre, di opere di Picasso, Braque, Mirò, Léger. La trattativa è condotta da suo genero, Kenny Schachter, anche lui collezionista, che avrebbe ricevuto offerte da una mezza dozzina di paperoni da ogni parte del mondo: almeno loro sanno dove sono le opere e probabilmente anche dov’è e chi possiede il Dottor Gachet e Au Moulin de la Galette . E forse non dovremmo preoccuparci troppo, se è vero che una nuova classe di collezionisti, piena di soldi e con tanta voglia di mostrare e mostrarsi, si sta affacciando sul mercato dei grandi capolavori.
Saranno anche nouveaux riches , ma non serve sottilizzare. È il caso della famiglia reale del Qatar, forse in questa fase il maggior acquirente di opere d’arte del pianeta. L’anno scorso avrebbe acquistato privatamente I giocatori di carte di Cezanne, pagandoli 250 milioni di dollari, all’epoca nuovo record mondiale. Per il momento il quadro è come in immersione. Ma l’emiro ha già avanzati piani per un nuovo museo, dopo quello realizzato per l’arte islamica. E allora, con Cézanne, potrebbero riemergere anche i Picasso, i Rothko e i Pollock in suo possesso.
In qualche caso, l’amore per l’arte viene messo al servizio di scopi politici: in Georgia il miliardario e attuale primo ministro Bidzina Ivanishvili ha detto di voler costruire a Tbilisi un museo in stile Guggenheim. Le opere, le colleziona da tempo. Un anno fa, risolvendo un mistero che durava da anni, rivelò di essere stato lui ad aver acquistato nel 2006, attraverso un intermediario, Dora Maar col gatto, la tela dipinta da Picasso nel 1941, pagandola 95,2 milioni di dollari. Sparita al momento, probabilmente potremo andare ad ammirarla nel Caucaso. Guerre permettendo.