Sergio Romano, Corriere della Sera 17/11/2013, 17 novembre 2013
QUANDO UN IMPERATORE DIVENTA PERSONA NON GRATA
Ho letto nel libro La zarina Alessandra, di Carolly Erickson, che — in seguito alla rivoluzione russa — dopo un primo parere favorevole del governo inglese a ospitare i Romanov sul suolo britannico, esso, su ordine di re Giorgio V, aveva cambiato opinione sulla questione, perché il re temeva lo scoppio di una rivolta della sinistra anche in Inghilterra. Ora vengo alla domanda: è davvero possibile che la presenza della famiglia imperiale russa potesse far esplodere una rivolta della sinistra inglese?
Luca Pellacani
kratos937@hotmail.it
Caro Pellacani,
Le risponderò indirettamente ricordando un episodio italo-russo. Quando l’Austria, nel 1908, decise di annettere la Bosnia Erzegovina, Italia e Russia furono, anche se in misura diversa, i Paesi maggiormente preoccupati dalla politica imperiale dello Stato asburgico nei Balcani. L’Italia era membro della Triplice e quindi alleata dell’Austria-Ungheria, ma decise di dare un segnale di malumore a Vienna invitando Nicola II in Italia. Vittorio Emanuele III e Giolitti, allora presidente del Consiglio, avrebbero ringraziato lo zar per la prontezza e la generosità con cui una nave russa, un anno prima, aveva dato assistenza ai sopravvissuti del terribile terremoto di Messina. La regina Elena, educata nel collegio Smolnyj di Pietroburgo, avrebbe riallacciato i rapporti con una famiglia a cui era legata da un vincolo di parentela (due sorelle avevano sposato due granduchi). I due ministri degli Esteri avrebbero parlato delle questioni in cui ciascuno dei due Paesi poteva essere utile all’altro.
Ma non appena la notizia dell’incontro divenne pubblica, il governo italiano dovette constatare che la visita di Nicola II in Italia avrebbe suscitato un’ondata di manifestazioni e di scioperi, se non addirittura di attentati. Socialisti e anarchici sarebbero scesi in piazza per denunciare quello che era, agli occhi di molti democratici europei, il regime più reazionario d’Europa. Fu deciso che la visita, anziché a Roma, si sarebbe svolta nella residenza reale di Racconigi. Nel suo blog (Il Laboratorio), Roberto Coaloa, scrittore e docente dell’Università di Milano, ricorda che Nicola II entrò in Italia dalla frontiera francese e che le autorità italiane, per i 130 chilometri che separano Bardonecchia da Racconigi, presidiarono il territorio con 11.000 soldati. «Le strade adiacenti furono sbarrate con tronchi d’albero; pattuglie di cavalleria perlustravano i campi e c’erano picchetti armati ad ogni casello e sotto ogni ponte». Sembra che Giolitti avesse ammonito i prefetti di Cuneo e Torino: «Se si fosse udito soltanto un fischio nelle vicinanze di Racconigi» sarebbero stati destituiti.
Nella Grande guerra le democrazie occidentali e l’autocrazia zarista avevano molti interessi in comune e furono indotte dalle circostanze a combattere insieme contro gli Imperi Centrali. Ma gli ambienti progressisti della Francia, della Gran Bretagna e dell’Italia non smisero mai di manifestare malumore e tirarono un sospiro di sollievo soltanto quando lo zar, dopo la rivoluzione del febbraio 1917, fu costretto ad abdicare. Per qualche mese Parigi, Londra e Roma sperarono che la Repubblica russa sarebbe stata più compatibile con le finalità democratiche che gli Alleati dichiaravano di perseguire. Fu questa la ragione per cui la presenza della famiglia imperiale russa in Gran Bretagna non sarebbe stata gradita, in quel momento, al governo di Londra .