Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  novembre 17 Domenica calendario

ORA GLI INVESTITORI STRANIERI SI COMPRANO LA DOLCE VITA


Al Grand Hotel Via Veneto è cambiato tutto, tranne la proprietà. Da due anni, uno degli alberghi più belli della parte alta di Via Veneto è gestito da Jumerah International, del Gruppo Dubai Holding, che fa capo all’emiro Mohamed bin Rashid Al Maktoum. Ma almeno qui, il proprietario è rimasto italiano: «Via Veneto è un brand dal fascino irresistibile per gli investitori stranieri, che soprattutto in Italia cercano dei trofei», spiega Carlo Acampora, che aveva acquistato il Grand Hotel nel 2000 da una banca e lo aveva trasformato in un cinque stelle di lusso. Giovane, cosmopolita, cresciuto nell’economia globale, Acampora non sposa il grido di allarme di quanti temono la perdita dell’italianità di Via Veneto: «È una strada del mondo e il suo fascino rimane intatto soltanto per gli stranieri».
Ma quella del Grand Hotel è una storia in controtendenza. Perché il vero fenomeno in atto tra Porta Pinciana e Piazza Barberini è un assalto in grande stile alle più celebri e prestigiose strutture alberghiere della strada cara a Federico Fellini. Detto altrimenti, come con grande efficacia ha titolato ieri il Financial Times , si stanno comprando la «Dolce Vita». Sono in gran parte emiri e sceicchi, ma ci sono anche gli onnivori miliardari russi, investitori turchi, mentre all’orizzonte si profilano i nuovi tycoon asiatici, cinesi e thailandesi in prima fila.
Così, al contrario del Grand Hotel, nulla è cambiato nella gestione del Regina Baglioni, rimasta alla storica famiglia Polito, fondatrice del gruppo. Ma i nuovi proprietari sono i sovrani del Qatar, che lo hanno acquistato meno di un anno fa attraverso il fondo sovrano Mayhoola, lo stesso che nel 2012 aveva sborsato 850 milioni di dollari per la maison Valentino. Mayhoola fa capo a Mozah bint Nasser al-Missned, moglie dell’emiro Hamad bin Khalifs al-Thani, il quale ama tanto il Regina, da essersi fatto riservare in permanenza la spettacolare suite dell’attico all’ottavo piano.
Secondo voci ricorrenti, i regnanti qatarini, ma non solo loro, avrebbero messo gli occhi anche sullo storico Hotel Excelsior, di proprietà del gruppo Westin, da sempre albergo di riferimento di ministri e diplomatici americani, attaccato com’è all’ambasciata degli Stati Uniti. E c’è ovviamente anche il Café de Paris, il caffè della Dolce Vita, passato negli anni da Fellini, Mastroianni e Tazio Secchiaroli alla ‘ndrangheta, sequestrato a più riprese e oggi gestito dall’Agenzia nazionale per l’amministrazione dei beni confiscati: un gruppo asiatico, con sede a Hong-Kong, sembra fortemente interessato a rilevarlo, assieme a un edificio sullo stesso marciapiede.
A poche decine di metri di distanza, sia pure in posizione defilata rispetto a Via Veneto, un altro gioiello della corona alberghiera romana è appena passato di mano: è il Sultano del Brunei il nuovo proprietario dell’Hotel Eden, acquistato attraverso il gruppo Dorchester, si sussurra al prezzo di 1 milione di euro per ognuna delle 121 stanze. Solo un chilometro più in là, in Via Vittorio Emanuele Orlando, il St.Regis Grand, oggi di proprietà di Starwood, sarebbe oggetto di attenzione da parte di fondi sovrani degli emirati.
Dobbiamo sentirci contriti di fronte a questo grande shopping a colpi di petrodollari? O ha ragione Acampora, quando spiega «che la Dolce Vita è nel codice genetico di Via Veneto e ne fa un’etichetta mondiale»? «Dobbiamo solo esser contenti che così tanti gruppi alberghieri del lusso vogliano investire a Roma, che si conferma polo di forte attrazione per i turisti di tutto il pianeta — spiega Giuseppe Roscioli, presidente della Federalberghi romana —, occorre però stare attenti al rispetto dei nostri standard di qualità. Ben vengano nuovi proprietari, ma è importante che la tradizione dell’ospitalità romana venga rispettata e conservata».
Via Veneto oggi è soprattutto un theme park , una specie di parco a tema, tagliato a folate da frotte di visitatori. L’italiano è solo una lingua fra le altre che vi rimangono in testa, se fate la prova dell’ostrica e provate a raccoglierne il brusio di fondo. Nelle hall dei grandi alberghi, la clientela di lusso sembra quasi sempre molto rutilante, ingioiellata, vistosa e anche rumorosa. La presenza dell’Hard Rock Cafè, con la sua folla giovane, internazionale e mal vestita, dà alla strada un altro tocco da parco dei divertimenti. Eppure, nessuno straniero che mette piede nella Città Eterna si priva di una vasca a Via Veneto. «Per questo dovremmo valorizzarla — spiega Acampora —, non si tratta di riportarci i romani, ma di renderla più vivibile: per esempio facendone una parte pedonale o ciclabile, oppure un’area dedicata a eventi speciali. Nessuno ha un brand come questo. Si tratta di solo valorizzarlo».