Tonia Mastrobuoni, La Stampa 17/11/2013, 17 novembre 2013
L’ITALIA DEVE RIDURRE IL DEBITO È L’UNICA COSA CHE CONTA
[Daniel Gros]
Daniel Gros anche questa volta è controcorrente. Per l’economista francese a capo del think tank brussellese Ceps, la strigliata della Commissione europea nei confronti dell’Italia è stata addirittura morbida. Perché il cuore del nuovo Patto di stabilità è l’impegno a ridurre il debito, e su quello non basta avere deficit in calo e avanzi primari robusti: bisogna tagliarlo con azioni mirate. Tra l’altro Gros non è affatto convinto che un’eccezione sul disavanzo ci darebbe spazio per stimolare la crescita: in passato abbiamo sempre avuto disavanzi alti e debito in aumento, eppure l’economia è andata sempre male. Perciò non lo convincono neanche le privatizzazioni: sono una tantum e non risolvono il problema numero uno: la spesa pubblica. E, privatizzando ora, rischieremmo di svendere.
Gros, la Commissione sostiene, ancora una volta, che non abbiamo fatto abbastanza e ha chiesto uno sforzo ulteriore sui conti pubblici. Non sembra che si stiano accanendo un po’ troppo, vista la recessione?
«No. La Commissione è stata addirittura morbida. Oltrettutto, nelle sue valutazioni tiene assolutamente conto del ciclo, cioè della recessione. E il giudizio è chiaro: al netto dell’economia in contrazione, le finanze pubbliche vanno male».
Aggravate dallo stesso rigore, com’è ormai acclarato. Ma abbiamo un avanzo primario alto e un deficit in calo, due buone premesse per abbassare il debito
«A fronte di un debito che va verso il 140% del Pil, l’avanzo primario dovrebbe essere ancora più generoso. Ma il problema non è l’avanzo primario: il debito va tagliato a prescindere, non si può aspettare che venga riassorbito dagli avanzi primari dei prossimi decenni. Il debito è un capitolo centrale del Patto di stabilità ridisegnato».
Ma perché non concederci spazio per creare un po’ di crescita? È un’altra premessa fondamentale per migliorare i conti, in primo luogo il deficit e il debito.
«In questo ultimo decennio avete sempre avuto un disavanzo al limite o oltre il Patto di stabilità e il debito è cresciuto costantemente. eppure la produttività e la crescita sono crollate. La domanda dunque è: se il passato insegna, avete mai sfruttato gli sforamenti per stimolare l’economia? La risposta è no. Perché la Commissione e gli altri partner europei dovrebbero fidarsi, ora?»
Enrico Letta ha ricordato ieri che sul tavolo c’è un importante piano di dismissioni e privatizzazioni.
«Non mi entusiasmano. Le privatizzazioni sono misure una tantum che non risolvono i problemi strutturali. Possono dare un sollievo temporaneo ai conti, ma vanno fatte con grande attenzione, vanno studiate, molto, molto bene».
Per non ripetere gli errori degli Anni ’90, le svendite, le privatizzazioni senza liberalizzazioni?
«Sì, e anche questa volta, con un mercato così depresso, il primo problema è che i prezzi sono troppo bassi, il rischio è che si incassi meno del dovuto. Oltretutto, non si cita mai il fatto che privatizzare significa anche privare il Tesoro di incassi importanti».
Si riferisce ai dividendi delle quotate come Eni, Enel o Finmeccanica.
«Certo. Ma al di là di questo, penso che il punto sia un altro. Il fatto è che l’Italia deve affrontare finalmente i suoi problemi strutturali, i suoi squilibri di fondo. L’Italia deve tagliare la spesa pubblica, quanto tempo è che lo diciamo, che lo dice il mondo intero?»