Gigi Marcucci, l’Unità 16/11/2013, 16 novembre 2013
L’EUROMERCATO NON C’È PIÙ E NEPPURE I SOGNI DI SILVIO
Gli ex dipendenti ancora se li ricordano quei pacchi natalizi. Tanto grandi che era un problema portarli a casa. Così ricchi da finire in una trasmissione di Santoro. A Casalecchio di Reno, centro dell’hinterland che ormai si confonde con la periferia ovest di Bologna, il cavaliere Silvio Berlusconi si presentò così. Mancavano pochi mesi alla discesa in campo, quella del video: «L’Italia è il Paese che amo».
Aveva appena aperto l’Euromercato e lì, per scelta o per caso, iniziò la sua lunga luna di miele con gli elettori italiani. Munificenza coi dipendenti nelle feste comandate, relazioni sindacali soft: l’anticomunismo c’era già ma, almeno in pubblico, non aveva ancora il sapore di una monomania. La politica aggressiva era solo verso la concorrenza. L’Euromercato, oggi Carrefour, era il secondo iper della provincia, preceduto solo da quello delle coop, a Borgo Panigale, all’epoca molto più piccolo. Due piani di vendita, grandi che ci si poteva girare con la moto. Una gold gallery ad accogliere la clientela: target medio-alto, si sarebbe detto della Bologna-bene, se non fosse che ai tempi anche impiegati e operai potevano permettersi di spendere qualche lira in più.
IL GRANDE SALTO
Era il 23 novembre di 20 anni fa, il Cavaliere stava per compiere il grande salto e si presentava col primo dei molti volti che negli anni abbiamo imparato a conoscere. L’uomo del fare, pronto a produrre ricchezza e a condividerla. Attenzione, non era Olivetti, era Berlusconi. Il welfare aziendale non c’entrava, si trattava solo di patinatissimi gesti di liberalità. I dipendenti all’inizio erano 500, ma dopo i primi tre mesi di prova, molti non furono confermati. Erano mesi che la politica italiana aspettava il passo avanti di un personaggio importante. Secondo il collaboratore di giustizia Antonino Giuffré, nel ‘93 la notizia circolava con insistenza anche nelle stanze più segrete di Cosa nostra, che non poteva più fare affidamento sulla Democrazia cristiana. Dopo l’omicidio Lima e le stragi di mafia, spiegò Giuffrè, dopo la grande spazzola di Tangentopoli, si stava chiudendo una pagina e se ne apriva un’altra. Quale? La gente cominciò a capirlo proprio all’Euromercato di Casalecchio, il giorno dell’inaugurazione. Marisa Ostolani, una brava cronista dell’Ansa, chiese a Berlusconi: «Se lei fosse a Roma, voterebbe Rutelli o Fini?». Era la domanda che in molti si facevano. Perché del signor Fininvest non si sapeva molto, a parte che si presentava come un cavaliere senza macchia e paura. Per la verità qualche macchia c’era già, ma non si vedeva o si vedeva poco. Ad esempio l’iscrizione alla loggia segreta P2, con correlata falsa testimonianza resa ai giudici, reato dichiarato estinto per amnistia. Solo i meglio informati discutevano delle holding che detenevano il patrimonio Finivest, definendoli scrigni opachi per una ricchezza dalle origini mai definitivamente chiarite. E poi c’erano i debiti del gruppo, che nel ‘93 cominciavano ad assumere dimensioni preoccupanti.
L’UOMO MISTERIOSO
Quel giorno però il problema era strettamente politico. Si abbozzava l’identikit dell’uomo ancora misterioso pronto a prendere il comando del Paese. Berlusconi era di destra o di sinistra? «Io credo che la risposta lei la conosca già. Certamente voterei per Gianfranco Fini», rispose il Cavaliere alla giornalista. Fini, all’epoca leader del Msi, pupillo ed erede di Giorgio Almirante. Più chiaro di così? Prima dell’annuncio ufficiale, l’uomo del Biscione aveva sdoganato il doppiopettismo neofascista. In mezzo alle luci dell’Euromercato, fresco di inaugurazione e di feste natalizie in rapido avvicinamento. Mancavano solo l’altro pezzo del trittico, l’alleanza con la Lega di Umberto Bossi, e il nome del partito, Forza Italia, mediaticamente appetibile quanto una telecronaca di Nicolò Carosio. Roberta Castellari, centralinista, fu una delle ultime ad essere assunte all’Euromercato. Ricorda il test in un grande albergo: calcoli matematici, figure da completare, il colloquio. A ogni domanda corrispondeva un’attitudine. Bravo nel far di conto? Alle casse. Creativo nell’interpretare le immagini? Pubbliche relazioni e punti di informazione per la clientela. «A me dissero che potevo fare di tutto e mi aprirono la porta».
Ai banchi si trovava di tutto. Ad esempio il culatello, che prima se lo volevi dovevi andare a Parma o al ristorante. Il pesce surgelato sfuso, prerogativa di poche botteghe nel centro delle grandi città. E se volevi rifarti gli occhi, passavi alla cassa o ai punti di assistenza alla clientela. «Non so se fosse per ordine del capo, ma lì c’erano ragazze molto belle, ricordo che una partecipò anche a una selezione per miss Italia», racconta Castellari. Che l’input fosse o meno del Cavaliere, si sa che uno dei suoi slogan preferiti era quello consacrato da un’intercettazione telefonica: «La patonza deve girare». Che è più o meno quello che molti economisti dicono della ricchezza.
RITRATTI IN TASCA
Fabio Magnani, anche lui ex dipendente dell’Euromercato, oggi Carrefour, se lo ricorda ancora il clima di quei giorni. «C’era, anche tra i dipendenti, chi girava col ritratto di Berlusconi in tasca. Era come un santino». A conquistarli era stata la grandeur del personaggio, ma soprattutto la sensazione che fosse possibile condividerne almeno un pezzetto, che con lui la ricchezza fosse a portata di mano. Come spiega Antonio Gamberini, responsabile del settore cine-foto-ottica. «Non esistono persone che non sbagliano mai e io ho sbagliato, nessun problema ad ammetterlo», dice. Berlusconi all’epoca convinse anche lui. «Lavorava molto sugli stimoli, dava la possibilità di crescere dal punto di vista lavorativo ed economico». Le dimensioni di quell’Euromercato non erano usuali. «E anche oggi, nell’era degli ipermercati, sono di tutto rispetto», dice Fabio Fois, segretario della Filcams-Cgil di Casalecchio, «tanto che Ikea, che ha una delle sue prime sedi italiane proprio lì di fronte, avrebbe seri problemi se volesse espandersi». Il tempo è passato, l’Euromercato è stato comprato prima da Benetton, poi da Carrefour, multinazionale seconda, a livello mondiale, solo al gruppo Usa Walmart. Quello dell’Euromercato berlusconiano è rimasto un sogno per molti di quelli che ci hanno lavorato. Seguito da un duro risveglio.