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 2013  novembre 16 Sabato calendario

I 3,7 MILIONI DI DEBITI AZZURRI E GLI ALFANIANI EVITANO L’EREDITÀ


CONTI IN ROSSO
MILANO Parlare di soldi non sta bene quando ci sono di mezzo «valori e ideali». Però dietro le scissioni e le ricomposizioni dei partiti ci sono sempre, sottotraccia, questioni di denaro che a loro modo condizionano gli eventi politici, specie in un partito abituato a sopravvivere grazie alle copiose elargizioni del proprio capo. E così, adesso, a quelli che annunciano la decisione di abbandonare la casa berlusconiana viene sottoposta - a mo’ di consiglio, o di minaccia - la questione delle questioni: come farete fronte ai debiti? Come pagherete dipendenti e sedi e fornitori senza le elargizioni di Silvio?
La risposta sta nella scelta stessa di Alfano e degli altri scissionisti. «Formeremo nuovi gruppi alla Camera e al Senato». Gruppi che avranno un nome inedito, «Nuovo Centrodestra», in modo da evitare il rischio di doversi accollare debiti e conto in rosso dell’ormai morente Pdl le cui casse sono messe male da tempo. Funzionerà? Le colombe che s’intendono di questioni contabili assicurano di sì. Anzi, pare che la scelta di formare gruppi parlamentari con un nome che non abbia nulla a che fare col Pdl sia stata presa soprattutto per ragioni economiche. E a guadare un po’ indietro se ne capisce la ragione.
A inizio 2013, quando il Cavaliere fece sapere in giro di essere stufo di mettere costantemente mano al portafoglio per sanare i bilanci del partito, in via dell’Umiltà ci furono attimi di terrore. Forza Italia, che sulla carta non è mai morta, aveva chiuso il 2012 con un buco di 25 milioni di euro. Le casse del Pdl erano ugualmente esangui. Poi arrivarono le elezioni, il Cavaliere rimase in qualche modo in sella e prima staccò un assegno di 15 milioni per Forza Italia, poi altri 3 milioni al Pdl.
Quei 3 milioni (2,8 per l’esattezza) andarono a copertura della manifestazione organizzata nel marzo 2012 in piazza Navona. Ma non erano un «regalo», bensì un «prestito infruttifero» con scadenza al 30 aprile 2014. Vuol dire che fra sei mesi quel denaro dovrà tornare nelle casse del signore di Arcore. Chi glieli restituirà? Se i dissidenti che rifiutano il ritorno a Forza Italia fossero rimasti sotto le insegne del Pdl probabilmente sarebbe toccato a loro. Ma dove avrebbero trovato i soldi visto che il partito è assediato da dieci milioni di debito e da un esercito di fornitori che chiedono di veder liquidate le proprie parcelle?
STRAPPO
Quando fu Gianfranco Fini ad abbandonare la casa madre, nel 2011, il problema non si pose. An e Forza Italia alla nascita del Pdl avevano infatti deciso di tenere i conti separati. Della serie: non si sa mai. Così i finiani al momento dello strappo poterono contare su un discreto patrimonio immobiliare ancora sotto il loro controllo e su un consistente gruzzolo gestito direttamente da una fondazione che faceva capo agli ex missini. Scelta lungimirante che favorì una separazione indolore, almeno dal punto di vista economico.
E’ assai probabile che Alfano e le colombe, in queste ore frenetiche, oltre a valutare le conseguenze politiche di un eventuale distacco, stiano anche facendo i conti. Il Pdl attualmente dà lo stipendio a quasi 200 dipendenti e il problema di trovare i fondi per pagarli non è cosa da poco. Certo, mantenendo in vita gruppi autonomi sia alla Camera sia al Senato le colombe avranno diritto ai contributi parlamentari che potrebbero arrivare a circa 2,5 milioni di euro annui, somma insufficiente per tenere in piedi la ciclopica macchina organizzativa allestita da chi, fino a pochi mesi fa, sapeva di poter contare sulla generosità di Silvio.