Antonio Castro, Libero 16/11/2013, 16 novembre 2013
L’EUROPA CI HA FREGATO 40 MILIARDI
Pagare una retta salatissima per poi essere anche bocciati. E neanche incassare la borsa di studio che l’iscrizione a questo corso di studi prevede. La situazione dell’Italia è un po’ questa. Paghiamo tanto, incassiamo (infondi) poco, e non si perde occasione per bacchettarci e metterci dietro la lavagna. “Euro sì”, “euro no”, sono scuole di pensiero (politico) che possono essere più o meno condivisibile. Ciò che è incontrovertibile è che aderire all’Unione ci costa un patrimonio e non riusciamo neppure a recuperare dai fondi europei che un piccola parte di quanto ci costa prendere parte a questo grande club. Facciamo due conti, o meglio lasciamo che a mettere in colonna uscite e entrare siano i magistrati della Corte dei Conti. I dati sono del 2012. L’Italia nell’ultimo anno ha versato nelle casse di Bruxelles ben 16 miliardi di euro (+4,9%), mentre ne ha ricevuti appena 9,3. A dire il vero nella “Relazione 2012 sui rapporti finanziari con l’Ue e sull’utilizzo dei fondi comunitari”, salta all’occhio che buona parte della responsabilità di questo disavanzo è da imputare alla nostra incapacità a sfruttare le potenzialità dei finanziamenti europei. Insomma, il Santo dell’Ue la grazia ce la farebbe anche, ma se neppure compriamo un biglietto della lotteria...
Se poi andiamo a conteggiare un arco temporale un po’ più lungo- come quello tra il 2005 e il 2011 - scopriamo che l’Italia ha avuto nel complesso «un saldo negativo tra i contributi versati all’Ue e le risorse ricevute pari a 39,3 miliardi». Incapaci a prelevare ma costretti a sborsare un patrimonio. «L’Italia», cristallizza la realtà dei fatti la Relazione, «è il terzo contribuente netto, dopo Germania e Francia e prima di Regno Unito, Paesi Bassi, Belgio e Svezia».
Come se non bastasse non solo non riusciamo a recuperare tutto o buona parte di quanti paghiamo, ma ci bacchettano (e multano in maniera salata) perché non ottemperiamo alle direttive o lo facciamo maldestramente o addirittura con biblico ritardo. Le famose «procedure di infrazione», altro non sono che sanzioni per inottemperanza e così, tanto per gradire, nel 2011 abbiamo saldato un totale di ben 54,1 milioni. E non è neppure finita qui.
Però se Stato centrale, Regioni, province e Comuni non sono in grado di sfruttare questo bancomat comunitario - regalando risorse ai Paesi virtuosi che ci riescono che alla fine si ripartiscono anche i nostri di capitali - siamo bravissimi a mettere in piedi frodi e raggiri. Sempre l’impietosa Relazione «sottolinea che, nell’anno 2011, si è registrato un rilevante incremento complessivo degli importi da recuperare (382,6 milioni, di cui il 94,4% ascrivibili ai Fondi strutturali ed il 5,6% ai Fondi agricoli)». E campioni nelle irregolarità, scrivono i magistrati contabili, sono «soprattutto i programmi regionali che incidono per il 94,7% sugli importi complessivi di irregolarità e frodi». E tra le Regioni truffaldine «sono soprattutto quelle meridionali «a incidere pesantemente con il 92,9%: la Sicilia con 153,5 milioni di euro, a seguire Calabria (91,5 milioni di euro), Puglia (76,2 milioni di euro) e Campania (14,3 milioni di euro). Ma il fenomeno colpisce anche altre regioni come la Liguria (9,8 milioni di euro), il Lazio (4,2 milioni di euro), il Piemonte (2,4 milioni di euro)».
Colpa nostra che se applicassimo la stessa fantasia e genialità nello sfruttamento dei fondi che viene adottata per truffare il sistemanon soloporteremmoa casa quanto versiamo, ma anche molto di più (esiste un meccanismo di premialità). Ma anche colpa degli euroburocrati che hanno reso l’accesso un meccanismo perverso e autoreferenziale.
Dove solo pochi adepti sanno orientarsi.