Franco Bechis, Libero 16/11/2013, 16 novembre 2013
UE, BEFFA MILIARDARIA SULLA NOSTRA PELLE
Al ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, era scappata addirittura una cifrona il 2 maggio scorso: «Se l’Italia esce dalla procedura di deficit eccessivo», aveva detto, «potrebbe essere allentato il patto di stabilità interno per il cofinanziamento nazionale dei Fondi europei nel periodo 2013-2015 pari a 12 miliardi di euro».
Due mesi, dopo, alla vigilia di quella «premiazione» ufficiale dell’Italia da parte della Ue, il ministro dello sviluppo Economico, Flavio Zanonato, l’aveva sparata ancora più grossa: «L’anno prossimo saranno possibili 16 miliardi di euro di investimenti pubblici aggiuntivi grazie all’uscita dalla procedura europea di infrazione deficit-pil e al consistente arrivo di fondi strutturali europei». Sciocchezze in assoluta libertà, poi ridimensionate nei fatti dagli atti ufficiali del governo. Nella legge di stabilità presentata il 15 ottobre scorso, uscendo dalla propaganda spicciola da cui evidentemente non sono immuni neppure i ministri tecnici, l’esecutivo aveva calcolato quel dividendo da uscita procedura in 3 miliardi di fondi che non sarebbero stati contabilizzati nel rapporto deficit/pil nel 2014. Ieri abbiamo appreso che prima ancora dell’approvazione di quella manovrina timida e in alcune parti anche vergognosa la stessa commissione europea ha cancellato anche quei 3 miliardi restati del tesoretto. Giudizio freddissimo quello nel documento finale della commissione sulla manovra italiana: «Nel complesso, sulla base delle previsioni d’autunno 2013, la Commissione è del parere che c’è il rischio che il Piano di bilancio per il 2014 non garantisca la conformità con le norme del Patto di stabilità e crescita». Si cita la riduzione del debito/pil non sufficiente (secondo l’Italia quel rapporto si ridurrebbe dello 0,2%, secondo la commissione invece aumenterebbe dell’1%, mentre secondo i piani avrebbe dovuto essere ridotto dell’1,4%). E si boccia non solo la legge di stabilità, ma la stessa politica del governo Letta: «La Commissione è inoltre del parere che l’Italia ha compiuto progressi limitati per quanto riguarda la parte strutturale del bilancio». Adesso la commissione chiede all’Italia di ridurre nel 2014 il debito per almeno mezzo punto di Pil, che significa 7,5 miliardi di euro. Due calcoli fatti al volo: 3 miliardi tolti alla spesa in conto capitale, 7,5 miliardi di manovra extra sul debito, fanno 10,5 miliardi. Fino a tre mesi fa i ministri economici del governo Letta ci raccontavano di mirabolanti tesoretti oscillanti fra 12 e 16 miliardi. La realtà è un ulteriore buco da 10,5 miliardi. Ci sono 22,5-26,5 miliardi di euro di differenza. Basterebbe un errore di valutazione di questo tipo in qualsiasi paese del mondo a fare prendere la valigia, fare alzare i tacchi e andarsene via subito al governo in carica. Ma lasciamo alle coscienze dei singoli la decisione più ovvia e opportuna dopo un insuccesso così clamoroso.
Il tema che riguarda non tanto le carissime poltrone appena restaurate dal premier, ma la vita di tutti gli italiani, è proprio il rapporto con l’Unione europea. Per ipotesi immaginiamo che Letta & c fossero in buona fede quando sparavano in libertà le cifre del dividendo che avrebbe incassato l’Italia accelerando l’uscita dalla procedura di deficit eccessivo. Su queste colonne avevamo avvertito per tempo: attenzione, perché non sono matti in Spagna o in Francia ad avere chiesto in questo momento di rientrare più lentamente dal deficit. A volere essere i primi della classe a tutti i costi finisce che corriamo ingenuamente a infilare la testa nel cappio del fiscal compact che ci strozzerà definitivamente. Le regole della Ue dicono infatti che il fiscal compact con le sue trappole per topi scatterà a tre anni esatti dall’uscita dal deficit eccessivo. Era assurdo correre a infilare la testa in quel cappio anche se ci fossero stati in premio 12 o 15 miliardi come hanno falsamente sostenuto Saccomanni e Zanonato. Li intascavi e l’anno dopo te ne chiedevano indietro fra 60 e 70 miliardi. Una scelta miope, forse utile solo al premier che avrebbe fatto la figura del primo della classe. Ironia della sorte, ora il premio sfuma, il presidente del Consiglio viene trattato da asino e messo dietro la lavagna, e la bastonata arriverà comunque l’anno dopo. Meraviglioso affare. Fa quasi tenerezza di fronte al disastro combinato sentire Letta rivendicare come grande successo la decisione di Angela Merkel & c di venire a Roma per un vertice sulla disoccupazione giovanile europea. L’unica conseguenza pratica sarà che dovremmo offrire noi a tutti albergo e catering (speriamo che non diano la commessa agli stessi che hanno restaurato la poltrona di Letta per 25 mila euro). Pagheremo il conto con il sorriso e ci faremo bastonare di nuovo. Forse è il caso di innestare una robusta retromarcia. Bocciati per bocciati, tanto vale risalire sopra il 3% di deficit/pil. Almeno ci sarebbe un po’ di ossigeno per farci.