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 2013  novembre 16 Sabato calendario

IL GELO TRA AMERICA E GENERALI RIMETTE IN GIOCO LA RUSSIA


«La Russia ci libererà dalla stupidità degli americani che hanno congelato gli aiuti militari», scrive il quotidiano del Cairo Al Arham, che con i generali è tornato a rappresentare la voce tonante del potere. E forse adesso, passando in Piazza Tahrir, si volgerà di nuovo lo sguardo all’imponente sagoma del Mogamma, un monolite grigio alto 60 metri e largo come un campo di calcio, diventato negli anni 50 il simbolo dell’epoca di Nasser e dell’alleanza con l’Urss.
Il commento sarcastico di Al Arham ha accolto lo storico ritorno sulla scena egiziana di Mosca con la visita del ministro degli Esteri Serghej Lavrov e di quello della Difesa Serghej Shoigu che hanno incontrato l’uomo forte del momento, il generale Abdel Fattah al-Sisi. Una missione definita strategica da Lavrov, con un obiettivo preciso: «cooperazione militare», che nel gergo della diplomazia moscovita significa vendita di armi. Un’allettante proposta, da due a quattro miliardi di dollari, per far acquistare agli egiziani elicotteri, caccia Mig 29 e sistemi di difesa anti-aerea, con la prospettiva di discutere anche del piano egiziano per la costruzione della prima centrale nucleare.
La Russia, che dal 2008 al 2012 ha coperto comunque il 27% dell’export internazionale di armi nella regione, è lanciata alla riconquista di posizioni in Medio Oriente approfittando di una fase di forte raffreddamento delle relazioni tra Il Cairo e il suo storico alleato americano che recentemente ha bloccato la fornitura di alcuni aiuti militari (1,3 miliardi di dollari l’anno in totale), destinati in buona parte a preservare il trattato di pace tra Egitto e Israele.
Isolata nel mondo arabo per il suo sostegno al presidente siriano Bashar Assad, ostile alle rivolte anti-raìs dal loro insorgere, allarmata dalla crescita dell’islamismo che la minaccia in Caucaso e nella sua sfera strategica, Mosca si è infilata prontamente nella nuova congiuntura mediorientale dove è già tornata protagonista fermando l’intervento militare americano contro Damasco.
Ma chi dovrebbe pagare ai russi le forniture all’Egitto, Paese con un bilancio da stato semi-fallito? Questo è forse l’aspetto più interessante che sottolinea come le cose in Medio Oriente si stiano muovendo in maniera inconsueta e imprevedibile. Secondo fonti russe gli acquisti potrebbero essere finanziati dall’Arabia Saudita, nonostante i rapporti con Mosca non siano sempre facili e i due Paesi siano schierati su fronti ferocemente contrapposti in Siria.
I sauditi, con gli altri stati del Golfo (Emirati e Kuwait), si sono impegnati a versare qualche decina di miliardi di dollari nelle esangui casse dei generali che agli occhi di Riad hanno il merito di avere fatto fuori i Fratelli Musulmani dell’esautorato Mohammed Morsi. Mosca e Riad, benché antagoniste sulla Siria, condividono sull’Egitto un’analisi convergente. Nella sua missione a Mosca il capo dei servizi segreti sauditi Bandar bin Sultan si è trovato d’accordo con Putin nella comune ostilità ai Fratelli Musulmani e ha fatto balenare al Cremlino la possibilità di firmare importanti contratti militari. Quasi un rovesciamento di alleanze rispetto al tradizionale e granitico legame tra Arabia Saudita e Stati Uniti che si è recentemente incrinato sull’accordo nucleare con l’Iran, potenza rivale di Riad nel Golfo.
Gli arabi non accettano ma hanno perfettamente compreso le esitazioni degli americani in Medio Oriente, la cui politica è una sorta di pendolo che oscilla tra impegno e disimpegno, con un atteggiamento che somiglia a una vecchia e cinica massima ottocentesca dell’Impero britannico: «L’Inghilterra non ha amici o nemici permanenti ma solo interessi permanenti». Ed è in queste oscillazioni di Washington che oggi trova un nuovo margine di manovra la Russia di Putin nelle tiepide ma agitate acque del Mediterraneo.